L'ALBERO DI NATALE, DERIVA DALLA RAPPRESENTAZIONE DEI MISTERI
MEDIOEVALI
Da :
Avvenire 22-12-09, Titolo
originale : L’albero
di Natale? Cristiano, non pagano di
Roberto Beretta .
Il dono secondo la poetessa Amelia Modesti
«Se oggi interroghiamo un cristiano o un non cristiano sull’origine
dell’albero di Natale, nella stragrande maggioranza dei casi riceviamo
la risposta che si tratta di un’antica usanza pagana. In effetti tale
spiegazione non è del tutto errata. Tuttavia essa non rende giustizia
alla situazione di fatto, poiché è vera solo in uno stadio iniziale, non
per l’attuale abete decorato».
Così Oscar Cullmann (teologo luterano che fu «osservatore» al Vaticano
II) in un passo del librettino All’origine della festa del Natale.
Logico partire da questa insospettabile fonte per una «riabilitazione»
cattolica dell’abete natalizio in un’epoca nella quale – complice un
certo uso «polemico» del presepe – forse non risulta inutile
sottolineare con più obiettività i chiaroscuri natalizi.
L’abete «pagano» o «laico», magari «celtico»? Vero, però parziale.
Precisa infatti Cullmann: «Solo la primissima forma cristiana è in
rapporto con i riti pagani: da un lato col primordiale culto degli
alberi, dall’altro con l’antica celebrazione del solstizio d’inverno».
In effetti, l’albero è uno dei simboli più ricchi di significati nella
storia e nella mitologia di tutti i popoli: immagine naturale di
grandiosità e di mistero venerata come immagine o sede degli dei,
simbolo della rigenerazione periodica della vita (la latifoglia) ovvero
dell’immortalità (il sempreverde), comunque della vita; «asse del mondo»
che attraverso le radici fissate al suolo collega la terra al cielo cui
protende le chiome (e viceversa unisce il cielo alla terra)...
Persino Joseph Ratzinger, in un testo del 1978, non se ne scandalizzava:
«Quasi tutte le usanze prenatalizie hanno la loro radice in parole della
Sacra Scrittura. Il popolo dei credenti ha, per così dire, tradotto la
Scrittura in qualcosa di visibile... Gli alberi adorni del tempo di
Natale non sono altro che il tentativo di tradurre in atto queste
parole: il Signore è presente, così sapevano e credevano i nostri
antenati; perciò gli alberi gli devono andare incontro, inchinarsi
davanti a lui, diventare una lode per il loro Signore».
Dunque nessun problema se l’albero «cattolico» trovasse parentele remote
col «frassino cosmico» Yggdrasil della mitologia nordica, dalle cui
foglie scende l’idromele (liquido di vita) e ai cui piedi si radunano
gli dei per decidere le sorti degli uomini; ovvero con il Kien Mu,
l’albero dell’Universo cinese, che ordina il mondo tra sopra e sotto,
regno inferiore, umano e celeste; o ancora con Asvattha, l’albero
rovesciato dell’India, le cui radici convogliano dalle nubi verso il
basso l’energia sacra (dottrina peraltro ripresa in certe leggende
ebraiche e islamiche) e in seguito identificato con il Ficus sotto il
quale Buddha ricevette l’Illuminazione; per finire con le Americhe, dove
si trovano il simbolo azteco di Quetzalcoatl – un cubo aperto su cui
crescono 4 grandi alberi cosmici – e l’albero del Paradiso, proprio
della mitologia Maya, personificazione del dio della pioggia Tlaloc
(«Colui che fa germogliare»).
Del resto, dal fascino delle piante non sono certo immuni la Bibbia (a
parte l’albero dell’Eden, si ricorda il salmo che canta «Il giusto
fiorirà come la palma, si moltiplicherà come il cedro del Libano») né le
sofisticate civiltà greca e romana. A Roma, per onorare Attis, era uso
ornare con oggetti votivi – cembali, piatti, fiasche – l’abete sacro. In
Grecia la medesima essenza era dedicata alla dea lunare Artemide e se ne
sventolavano rami con una pigna in punta. L’abete, già: «albero della
nascita» per l’antico Egitto, essenza consacrata al compleanno del
Fanciullo Divino (il giorno dopo il solstizio d’inverno) nel calendario
celtico... «Il legame fra l’albero e il solstizio – scriveva l’esperto
Alfredo Cattabiani – è documentato anche nei Paesi scandinavi germanici,
nei quali nel medioevo ci si recava nel bosco a tagliare un abete da
decorare con ghirlande, uova dipinte, dolciumi».
Viene di qui il nostro albero di Natale? Forse, ma non solo: ancora
Cullmann segnala altre coincidenze, come l’uso medievale di appendere
ramoscelli in casa d’inverno, oppure la leggenda secondo cui le piante
fiorirono alla nascita di Gesù... Tuttavia è lo stesso teologo a
prendere le distanze: «II significato cristiano dell’albero di Natale
non va fatto derivare dal solstizio d’inverno, che certo è anch’esso in
questione, ma solo indirettamente. Esso ha un’origine propria e risale a
una tradizione medievale e al suo significato religioso: le
rappresentazioni dei "misteri", che nella Santa Notte mettevano in scena
davanti al portale delle chiese e delle cattedrali la storia del peccato
originale nel paradiso terrestre. Esse sono la vera culla del nostro
albero di Natale con la sua decorazione simbolica».
In effetti, nel passato il 24 dicembre portava in calendario i «santi»
Adamo ed Eva; era in seguito alla loro felix culpa che era
stato inviato il Salvatore. Logico dunque, nei sagrati o anche nelle
cattedrali, erigere un «albero del Paradiso» con tanto di mele appese a
far da scenario alle sacre rappresentazioni natalizie. «Esso – ancora
Cullmann – simboleggia un convincimento cristiano: il peccato dell’uomo
viene espiato nella notte del 24 dicembre dall’ingresso di Cristo nel
mondo». Una miniatura salisburghese, anno 1489, illustra il messaggio in
modo chiarissimo: un albero, la cui chioma è folta di mele e ostie, ha
appeso sulla sinistra un crocifisso e sulla destra un teschio; sotto il
primo Maria coglie le ostie, presso il secondo Eva distribuisce le mele.
Circa 5 secoli fa, dunque, era già presente il simbolismo oggi surrogato
dalle palline natalizie (inventate nel XIX secolo dai soffiatori di
vetro dell’Alsazia e della Turingia) ed eventualmente dai biscotti.
Ma è
solo nel XVII secolo che l’abete – soprattutto in Germania – passa dalle
piazze alle case e nel contempo s’arricchisce di altri ornamenti: rose
di carta (il fiore dal «virgulto di Jesse»), lamine metalliche, dolci;
un albero del genere è documentato nel 1605 a Strasburgo. Di lì a poco
fu la luce: dapprima grazie a candeline (la prima notizia documentata in
materia è del 1662 ad Hannover), poi con lumi elettrici; e siamo sempre
a metà tra gli antichi culti del fuoco praticati nella buia stagione del
solstizio e il significato teologico di Cristo luce del mondo.
In Italia l’albero di Natale giunge nell’Ottocento, come dimostra
un’immaginetta in cui si vede dietro al Bambino Gesù un abete decorato
con candele: soggetto peraltro certamente più raro di quello che
raffigura lo stesso Neonato di Betlemme unito alla (o addirittura
addormentato sulla) croce, a indicare una trasparente premonizione. Del
resto, non sarà ancora un «albero» a diventare il simbolo della
Passione? In questo senso, il recupero cristiano dell’abete natalizio
compie intero il suo ciclo: infatti, secondo quanto volevano significare
pure alcune leggende medievali per le quali la croce era fatta col legno
del peccato originale e fu infissa nel cranio di Adamo sepolto sul
Calvario, il Natale si unirebbe ancor di più alla Pasqua proprio grazie
a una pianta. L’albero di Natale e il crocifisso potrebbero non essere
poi così lontani.