L'ASPIDE

28-2-06

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Finestra sul popolo aretino, toscano, italiano

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                La giornata era bella anche per i pastorelli che come al solito , se ne dovevano stare sol soletti a guardare le loro mandrie ; infatti , terzo il cielo , debole la brezza tra lo stormire delle foglie , la musica degli uccelli e quella più segreta dei prati, dei monti e degli animi in fiore , eran di per se già un poema naturale ; inoltre l'assenza di rumore estraneo o artificiale , finiva per favorire nei cuori , la percezione dell'effetto benefico della bellezza del  creato;  e favoriva anche l'ascoltare della pace bucolica che con palpito singolare da tale effetto deriva , ed è così necessaria all' uomo di tutti i tempi , il quale , quando ne sente la lunga astinenza in città, finisce tuttoggi per inseguire le vacanze montagnole , o le ville neomoderne o i soggiorni marini.

                Stamani il pastorello Vincenzo se ne sta dunque seduto sul fianco della valle ripida , mentre le bestie verso le dieci di mattina , mangiano avide la falasca abbondante e benefica per loro , dopo i fieni secchi e le biade     dell' inverno .

                Vincenzo però sa di non essere il solo a pascolare: a qualche chilometro c'è pure la Maria con le sue cinquanta pecore , e specialmente ci son Alberta e Concetta con una decina di vacche .

                E chissà , pensa il fanciullo , se le bestie stanno buone , e si presenta l'occasione che le mandrie  s'avvicinano , andrò a trovare le mie amiche Alberta e Concetta : mi piace giocare con loro , che vi ho tante cose da dire e verificare ... .

                Quel giorno però era anche la volta dei cacciatori del villaggio, sparsi nei boschi; ma non tutti incrociavano quella zona di Vincenzo ,         fatta eccezione  di uno chiamato Fortunato , il più tenace e abitudinario in assoluto: per lui andare a caccia , o meglio uscire col fucile in spalla e il suo can da penna , era una necessità fisiologica , un secondo lavoro , una abitudine come soddisfare l'appetito del pane, specialmente da quando aveva abbandonata l'azienda agricola paterna per fare il camionista , un lavoro sedentario , stressante , ostico specialmente per chi abituato come lui , alla campagna; onde doveva suo malgrado per motivi solo economici , convertirsi alla disciplina caotica delle giungle urbane e stradali .

                Fortunato , su per il monte , finisce per attraversare la pastura di Vincenzo ; e lo saluta da lontano , come al solito . Vincenzo risponde   festoso , e come faceva in questi incontri , osava qualche breve scampagnata in compagnia dei cacciatori ; perciò s' unisce a Fortunato , anche perché  andava questi proprio nella direzione di Concetta e Alberta .

                Vanno dunque in fila indiana , l'armato adulto e l'inerme fanciullo tra i lunghi sterpi, i ginepri , le rogaie , l'alta pastura di quei luoghi  valtiberini . Finché dovendo attraversare un muro rotto che metteva in comunicazione due campi abbandonati e adibiti ora al pascolo, il bimbo, che rispetto al cacciatore ben equipaggiato , guardava di più dove metteva i piedi perché vestito dei soli pantaloni corti e delle scarpe basse , dà l'allarme spaventato :

                Attento Fortunato , un serpe gigantesco : vi ha pure gli occhi celesti ; è tutto grigio ; sta fermo come un sasso .

                Fortunato che con le lunghe gambe e stivaloni aveva già attraversato il punto un pò coperto dall' erba e dalle rogaie laterali al varco tra due campi divisi da un muro a secco , torna subito sui suoi passi , e dice :

                Fermo li : non t'avvicinare ; non è una biscia , altrimenti sarebbe già fuggita .

                Lo vede finalmente , ed esclama :

                E' come pensavo ! Questo qui è un emerito viprone , un raro abitante di questi luoghi . Ma se non ci credi te lo dimostro : guarda bene , ma sta lontano, mi raccomando ! .

                Cava dal muro vicino una lastra di pietra adatta, cioè fine e grande come un piatto , s'avvicina alla bestia e ppam, glie la tira addosso . A Vincenzo sembrò di sentire l' impatto della pietra contro la carne fredda del rettile , ed esclamò : Mamma che schiaffo !

                Non aveva finito di dirlo che un sibilo ferocissimo simile a un gatto soffiante si levò dal sentiero ; ma poi subito rientrò : la bestia infastidita protestava ; però sicura della efficacia delle sue armi , se ne stava di nuovo ferma e stranamente non dimostrava paura, anche se di paura a suo modo doveva averne . Allora Fortunato ripeté il trattamento dello schiaffo ; si rispose ancora con un paio di sibili ; ma al terzo schiaffo l'aspide sembrò arrabbiato oltremodo e si fece molto minaccioso , soffiava a ripetizione , e s'alzava verso l'alto con la testa , nel tentativo di prender meglio la mira , per indirizzare il suo veleno ; tuttavia le minacce umane, erano troppo distanti per sferrare l'attacco sicuro .

                Fortunato e Vincenzo si consultarono dunque concitatamente se farla finita o no, anche se per nulla era in discussione di non ucciderlo , ma soltanto come meglio finire quella bestia soffiante e ribelle, e quel che era il peggio: letalmente velenosa ; infine prevalse il timore e il senso della sopravvivenza :

                troppo pericolosa una simile bestia , anche per le mandrie al pascolo , e non solo per gli uomini ; pertanto , prima la si faceva fuori e meglio era ; d'altronde Fortunato non aveva il fucile ? Che lo usasse dunque per difendere lui e tutti gli abitanti dei dintorni e quelli potenziali nei giorni futuri, cacciatori compresi.

                E poi chi regge alla paura istintiva del serpente ? Ci penso io , disse infine Fortunato ; puntò sopra il malcapitato rettile il fucile automatico da caccia (nel quale v'aveva ben cinque colpi) , e bbum , il rettile fu quasi smezzato con una sola cartuccia.

                Poi fu finito con la schiacciatura della testa mediante pietre . E il nemico era definitivamente debellato . Ma chi poteva dire quanti altri ce ne sarebbero stati in quei luoghi pieni di sterpi e erba alta e rogaie e boschi    folti folti ? L'ancestrale e forse innata paura che l' uomo ha della natura matrigna, unita alla paura istintiva dei serpenti che strisciano, soffiava nell'animo la sua musica inquietante e aspra; e anche per questo i due ribaldi giustizieri , ricevevano i complimenti di Alberta e Concetta , accorse dopo lo sparo .

                Venne anche la Maria e in seguito, tutto il paese seppe dell' aspide debellato . Infatti , i termini della questione , di fronte a un animale tanto velenoso e mortale , erano i seguenti : o lo si uccideva o avrebbe potuto uccidere a sua volta , se diventato troppo numeroso o fosse riuscito a mordere  all'improvviso, specie in punti più vitali, come il collo o nei pressi del cuore .

                Oggi il sistema sanitario ha presidi ovunque , è meglio organizzato ed è persino in grado di insegnare l'ecologia ; e forse se le campagne fossero più popolate , si potrebbe giungere anche a proporre la convivenza coi serpenti, almeno con quelli non velenosi ; ma all'epoca , la popolazione numerosa , più ignorante e meno tutelata dal sistema delle publiche   sicurezze , doveva difendersi senza troppi complimenti dagli inconvenienti di natura : e non c'è dubbio che gli aspidi , i maschi della feroce vipera, e la stessa vipera , costituivano un serio, mortale pericolo .

 

 

FINE

 

 

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