Da : Vitaliano Mattioli, Crocifisso da abolirsi, culturacattolica.it , il 30-10-2003
Non è la prima volta che la presenza del Crocifisso nelle Scuole pubbliche viene
presa di mira all'insegna di un rispetto per l'altro e di una falsa concezione
del 'laicismo' dello Stato. Ultimo è l'intervento
del Tribunale dell'Aquila che, accogliendo il ricorso presentato da Adel
Smith, presidente dell'Unione Musulmani in Italia, ha ordinato la rimozione
del Crocifisso esposto nelle aule della Scuola materna ed elementare 'Antonio
Silveri di Ofena', frequentata dai figli dello stesso Smith.
Nella sentenza emessa dal giudice Mario Montanaro si legge tra l'altro:
"Nell'ambito scolastico la presenza del simbolo della croce induce nell'alunno
ad una comprensione profondamente scorretta della dimensione culturale della
espressione di fede… La presenza del crocifisso nelle
aule scolastiche comunica un'implicita adesione a valori che non sono realmente
patrimonio comune di tutti i cittadini".
Si tratta di un ultimo esempio che indica fin dove può giungere una ignoranza e
miopia religiosa, dove può approdare il condizionamento da pregiudizi o visioni
molto ristrette della realtà.
Alcune persone sono prigioniere di una ideologia che ha fallito. Tuttavia
continuano ancora a sostenerla con più determinazione ed esaltazione mistica.
Questo genere di cecità è davvero sconcertante.
Il Crocifisso, simbolo della fede cristiana da duemila anni, oggi si vuol
rimuovere dalle aule scolastiche, dagli ospedali, dagli uffici pubblici
in nome del pluralismo religioso ed all'insegna
del rispetto per l'altro, della tolleranza, del dialogo religioso.
Oltre a questo si sta infiltrando l'uso di non
celebrare più il Natale nelle scuole, non fare il presepio, evitare di
far cantare inni natalizi. Il dibattito sulla presenza del Crocifisso nei luoghi
pubblici evidenzia un problema più profondo, cioè il rapporto tra coscienza
religiosa e coscienza civile all'interno della nostra società pluralistica e
secolarizzata.
Per comprendere questo si deve tener conto che oggi la cultura laica ha
assimilato nel suo seno alcuni elementi di natura religiosa. Infatti oggi molti
valori originati da una cultura e sensibilità religiosa sono comunemente
ritenuti 'valori laici' (1) come: primato della persona umana, valore della
solidarietà, principio di sussidiarietà, da cui scaturiscono i vari movimenti di
volontariato. Tutti di antica origine cristiana che ormai fanno parte anche
della cultura civile.
La distinzione tra l'ambito laico dello Stato e quello religioso della Chiesa,
che tuttavia non esclude una collaborazione, implica anche alcune conseguenze.
Da parte della chiesa: c'è la consapevolezza che la fede religiosa non può
essere imposta a nessuno.
Da parte dello Stato: la sua laicità esclude ogni ingerenza in campo religioso;
non può perciò né imporre, né proibire gli atti religiosi e l'ostensione dei
simboli religiosi. "Nell'ambito del bene comune (nel rispetto sempre dell'ordine
pubblico, della legalità e della pubblica moralità), lo Stato 'laico' riconosce
la rilevanza sociale del fatto religioso, tutela la libertà religiosa e ne
garantisce l'esercizio" (2).
Le soluzioni vanno cercate in un clima di mutua collaborazione. Certamente si
dovrà evitare qualunque tentativo di strumentalizzazione della religione e dei
suoi simboli per scopi politici.
Coloro che desiderano esporre il Crocifisso nei luoghi pubblici non devono farlo
né per opportunismo, né per ipocrisia. Ma come segno del dolore di ogni uomo.
In un mondo in cui i segni sono tanti, il segno della
croce obbliga ad alzare lo sguardo, a riconoscere l'appartenenza ad una civiltà
nata dal cristianesimo.
Anche coloro che non sono disposti ad accettare il Crocifisso per motivi
religiosi, dovrebbero ugualmente condividerne l'ostensione almeno per
evidenziare i contenuti umanitari che quella realtà esprime.
Ma: come può atteggiarsi a paladino del Crocifisso colui che non s'impegna a
vivere almeno 'laicamente' questi valori, con i quali invece Colui che si è
fatto crocifiggere ha voluto identificarsi? "La croce è
per eccellenza il simbolo della universalità dell'amore di Dio e
dell'accoglienza aperta a tutti i popoli e a tutte le razze, specialmente ai più
diseredati. Non può divenire il simbolo di una sola cultura o di una
specifica identità… Pertanto fare del Crocifisso il
simbolo esclusivo della civiltà occidentale, e - peggio ancora - usarlo a fini
di discriminazione culturale, etnica e razziale, equivale a distruggere il
significato stesso della croce e a rinnegare l'universalità del messaggio
cristiano" (3).
Quando alla croce non si riconoscono più tali caratteristiche, si tende ad
eliminarla ma nel contempo viene sostituita con altri simboli (di tremenda
memoria la 'croce uncinata') che non esprimono questi valori ma esattamente
l'opposto. L'essere umano ha bisogno di simboli ai quali appellarsi. Se viene
privato di quelli veramente religiosi, viene inevitabilmente obbligato a credere
in altri non forieri di vita ma di morte.
Per fermarsi alla scuola: da giustamente 'laica' sta orientandosi verso un
cammino di laicizzazione. Da 'laica' la si vuol trasformare in 'laicista'.
In questa prospettiva è molto difficile riconosce quei valori umani dei quali il
Crocifisso è l'emblema ed il portavoce. Il Crocifisso, anche da un punto di
vista semplicemente umano, è un simbolo altamente educativo.
Non è forse il Crocifisso che, in vita, ha insegnato ad
amare il prossimo come noi stessi? Non è questa una lezione di umanità
universale? Non ha detto di amare anche i propri nemici, al contrario di altre
religioni che invece insegnano l'odio? La croce era il supplizio
riservato agli schiavi, alle persone più abbiette, a coloro che erano
considerate 'res', 'cose', non persone, non degno di un cittadino romano. Colui
che è morto in croce, ha voluto riscattare il dolore umano, ridare personalità a
coloro che il diritto romano privava di dignità umana; ha riabilitato i deboli,
i poveri, il rifiuto della società.
Il Crocifisso è il simbolo di tutti coloro che nel mondo soffrono e muoiono per
l'egoismo e la cattiveria di quelli che li schiacciano con la violenza delle
armi e con la sopraffazione del loro potere economico e politico. La croce è il
supremo simbolo dell'amore. Non sono forse questi aspetti condivisi anche dai
laici? "Togliere da un'aula scolastica il
Crocifisso significa, in fondo, privare gli studenti di un segno che potrebbe
aiutarli a riflettere sulle cause profonde del peso immane e crudele di
sofferenza e di morte che grava sui poveri, in particolare sui bambini, in tante
parti del mondo; cause che sono l'egoismo e l'avidità del denaro e del potere"
(4).
Questi sono i motivi che hanno convinto il legislatore a mantenere il Crocifisso.
"La Croce, a parte il significato per i credenti
rappresenta un simbolo della civiltà e della cultura cristiana, della sua radice
storica come valore universale, indipendente da una specifica confessione
religiosa" (5).
La Corte di Cassazione (13 ottobre 1998) ha affermato che la
presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche non contrasta con la libertà
religiosa sancita dalla Costituzione. Ha inoltre rilevato che la Croce, a parte
il significato per i credenti, rappresenta il simbolo della civiltà e della
cultura cristiana, nella sua radice storica, come valore universale,
indipendentemente da specifica confessione religiosa. Ha concluso osservando che
la presenza dell'immagine del Crocifisso nelle aule scolastiche non può
costituire motivo di costrizione della libertà individuale a manifestare le
proprie convinzioni in materia religiosa (6).
L'Avvocatura di Stato di Bologna (16 luglio 2002) ha sostenuto che "le
disposizioni che prevedono l'affissione del Crocifisso nelle aule scolastiche
vanno ritenute ancora in vigore… L'affissione del
Crocifisso va ritenuta non lesiva del principio della libertà religiosa".
Nessuno che abbia un minimo di apertura culturale, può negare queste
conclusioni. Questo approccio non può essere frainteso con il proselitismo.
Quante volte si elogiano Martin Luther King, Gandhi
per i valori universali che hanno espresso, Budda per alcuni principi sulla
mortificazione ed il superamento delle passioni! Eppure nessuno si permette di
dire che si fa propaganda per l'Induismo o per il Buddismo! Perché l'unica
eccezione dovrebbe farsi per gl'insegnamenti universali espressi dal Crocifisso?
Non si tratta di una estrema miopia intellettuale?
Non manifesta questo quanto siano ancora radicati certi pregiudizi storici e
quanto sia difficile liberarsene? A meno che uno desideri eliminare anche
il riferimento a questi valori che stanno invece a fondamento di una società
laica. Perché allora il Crocifisso come emblema umano, simbolo di una umanità
sofferente, tradita e sfruttata, non dovrebbe essere accettato universalmente?
Se non si vogliano accettare i contenuti religiosi che
illuminano l'umana esistenza e danno un significato a tutto, si possono sempre
condividere i contenuti umani, laici. O forse c'è tanta cecità ed
ostinazione da essere disposti a rifiutare anche i contenuti umani pur di non
accettare quelli religiosi? Non è forse segno di limitatezza e di poca duttilità
mentale il non essere capaci di distinguere i due ambiti?
Compassione sarà il lievito dei secoli bui, la fratellanza degli oppressi,
l'eguaglianza nel dolore, la libertà di chi non ha più nulla da perdere.
Non c'è progresso senza compassione. E' per questo che
il Crocifisso non appartiene solo ai cristiani, non è loro monopolio.
Si deve ancora chiarire la natura della laicità. La Chiesa non ha paura della
laicità. Già Pio XII sosteneva che "la legittima
sana laicità dello Stato è uno dei principi della dottrina cattolica"
(7).
Da un certo punto di vista significa distinzione tra poteri civili e religiosi,
autonomia dello Stato e rispetto per la Chiesa. Ma questo non significa
marginalizzazione e relativizzazione delle fedi religiose.
Non si può ridurre la fede a qualcosa semplicemente
di intimo, privato e pubblicamente irrilevante. In conseguenza del
rispetto che si deve portare per le varie fedi e culture, si dovrebbe rispettare
anche il Crocifisso con i suoi significati. Il
rispettare infatti le fedi altrui, non implica compromettere la propria.
L'accettazione dell'altro non dovrebbe concludere con il venir meno alle proprie
convinzioni offuscando i contenuti della religione di appartenenza.
La condivisione delle altrui culture non deve portare ad alterare e svuotare la
propria dei suoi genuini contenuti. Il rispetto per
le altre religioni non può portare a denigrare la propria.
L'accoglienza di credenti di altre religioni che
hanno chiesto ospitalità nel suolo italiano, non può concludersi con la mancanza
di rispetto verso coloro che condividono la religione cristiana.
Non è giusto sottovalutare e tanto meno dimenticare una constatazione storica:
che cioè l'Italia affonda le sue radici nel cristianesimo che ne ha ispirato i
codici morali di base; che la cultura italiana è stata plasmata dal
cristianesimo; che le espressioni letterarie ed artistiche non possono
essere comprese prescindendo dai contenuti cristiani. Questa è storia e 'contra
factum non valet argumentum'. Il dialogo consiste nell'incontro di due entità,
capaci di arricchirsi reciprocamente. "Se non diamo al Crocifisso significati
arroganti e strumentali che non ha, allora conserva quello che è, l'immagine di
un Innocente sacrificato dal potere, la fonte, la causa ed il simbolo della
nostra compassione, antica, contemporanea e futura. Guardare poi al Crocifisso
non sarà - non potrà mai essere - un atto ideologico, soggetto a interpretazioni
o strattoni di parte. Non ha senso appellarsi al Crocifisso e ignorare o
disprezzare le persone crocifisse nella storia di ieri e di oggi, dimenticare le
vittime dei campi di sterminio come dei gulag siberiani, scalciare sui disperati
che arrivano sui nostri lidi. Così induce a
sospetto dichiararsi con gli ultimi e nel contempo rimuovere l'Ultimo"
(8).
"Soltanto questo ricordo inattuale di lui libera gli uomini dal potere
esercitato da fatti e leggi del nostro tempo, dalle coercizioni della storia, e
li apre ad un futuro che non ripiomba nell'oscurità. Ciò che oggi importa è che
la chiesa e la teologia riflettano sul Cristo crocifisso per mostrare al mondo
la sua libertà" (9).
Natalia Ginzburg (1916-1991) il 25 marzo
1988 ha scritto sul quotidiano L'Unità, un articolo dal titolo "Non
togliete quel Crocifisso". E' interessante che un giornale non
religioso come L'Unità abbia pubblicato un articolo i cui contenuti tanti
cristiani invece non sono capaci di cogliere (10).Lei laica ma intelligente ed
intellettuale, aveva nella sua onestà compreso i valori universali di quel
simbolo. Ed obiettava contro coloro che, pur cattolici, avevano la vista così
corta da non essere capaci di cogliere nel Crocifisso il suo messaggio
universale, di non vedere il Lui l'archetipo di ogni persona che soffre. Riporto
alcuni brani:
"A me dispiace che il Crocifisso scompaia per sempre
da tutte le classi. Mi sembra una perdita. Tutte o quasi tutte le persone che
conosco dicono che va tolto. A me dispiace che il Crocifisso scompaia. Se fossi
un insegnante, vorrei che nella mia classe non venisse toccato… Il Crocifisso
non genera nessuna discriminazione. Tace. E' l'immagine della rivoluzione
cristiana, che ha sparso per il mondo l'idea dell'uguaglianza fra gli uomini
fino allora assente… Il Crocifisso è segno del dolore umano. La corona di spine,
i chiodi, evocano le sue sofferenze… Fa parte della storia del mondo… Prima di
Cristo nessuno aveva mai detto che gli uomini sono uguali e fratelli tutti,
ricchi e poveri, credenti e non credenti, ebrei e non ebrei e neri e bianchi, e
nessuno prima di lui aveva detto che nel centro della nostra esistenza dobbiamo
situare la solidarietà tra gli uomini… A me sembra bene che i ragazzi, i
bambini, lo sappiano fin dai banchi della scuola. Gesù Cristo ha portato la
croce. A tutti noi è accaduto o accade di portare sulle spalle il peso di una
grande sventura. A questa sventura diamo il nome di croce, anche se non siamo
cattolici perché troppo forte e da troppi secoli è impressa l'idea della croce
nel nostro pensiero. Tutti, cattolici e laici portiamo o porteremo il peso d'una
sventura, versando sangue e lacrime cercando di non crollare. Questo dice il
Crocifisso. Lo dice a tutti, mica solo ai cattolici".
L'esposizione della croce o la riproposizione di eventi fondanti la religione
cattolica non devono essere intese come mancanza di rispetto verso altre
religioni o cittadini italiani non credenti, ma come percorso culturale
fondamentale per comprendere le radici della nostra identità storica e
culturale. Per cui non dovrebbe apparire scandaloso che una scuola laica
riproponga simboli, valori ed eventi di natura religiosa sui quali si è
costruita la nostra cultura e si è definita la nostra identità storica. Questo
non va confuso con un altro atteggiamento già molto nocivo nel passato:
il Crocifisso non deve essere considerato come
simbolo della identità occidentale contro il fondamentalismo islamico.
Ciò potrebbe far credere agli immigrati musulmani una identificazione del
cristianesimo con l'occidente promovendo la 'occidentalizzazione' del
cristianesimo, cosa quanto mai funesta, che porterebbe ancora di più ad odiare
il cristianesimo pensato ormai come 'emanazione' dell'occidente (11).
Il Crocifisso diventerebbe ancora segno di contrapposizione e non di unione,
elemento di divisione e non di armonia. L'equivoco nasce dal c.d.
multiculturalismo, che è cosa ben diversa dalla società multietnica. E'
importante che le varie culture, nel confrontarsi, non perdano la propria
individualità. Quella occidentale è simboleggiata proprio dal Crocifisso ma non
si identifica con esso proprio perché alcuni valori espressi dal Crocifisso,
tolleranza e rispetto del diverso, non sono valori 'occidentali' ma universali.
E' per questo che il Crocifisso, proprio perché è portatore di questo
universalismo, non deve mai diventare segno di contrapposizione e causa di
divisione ma deve essere condiviso in quanto elemento di unione e di armonia
anche tra i popoli.
Passiamo ad una obiezione frequente: la presenza del Crocifisso urterebbe la sensibilità dei musulmani e potrebbe turbare il loro sentimento religioso. Si tratta di una questione di contenuto teologico. Prima di rispondere analizziamo alcuni aspetti.Se un musulmano ha diritto al rispetto delle proprie convinzioni religiose, uguale diritto ha il cristiano al rispetto della propria fede e dei simboli nella quale la esprime. Se quindi il togliere il Crocifisso da un'aula scolastica può apparire rispettoso verso il sentimento di un musulmano credente, nello stesso tempo però non è rispettoso verso i sentimenti di un cristiano, che si sente gravemente offeso nella propria fede. Ma forse dietro tutto questo non si nasconde una forte presenza laicista nella cultura e nell'insegnamento, un tentativo tout court di abolire tutto ciò che c'è di religioso nelle espressioni del popolo italiano?
Il Crocifisso non può essere ridotto ad una dimensione sociologica. E' pregno di
contenuti teologici, che qui non posso affrontare per esteso. Solo due
chiarificazioni.
1) Dietro questo 'zelo' ed apparente rispetto mi sembra nascondersi una buona
dose di ignoranza verso la religione musulmana. Si sono voluti togliere anche il
presepio ed i canti natalizi. Ma: i cristiani che hanno fatto infelicemente
questa scelta non sanno che anche i musulmani venerano Gesù, seppur solo come un
grande profeta, ne festeggiano il natale e lo tengono in alta considerazione?
L'abrogare queste manifestazioni ed il significato dei simboli non potrebbe
essere una mancanza di rispetto verso la loro sensibilità religiosa? Il
celebrare il natale non sarebbe una buona occasione di far meglio conoscere il
contenuti della fede musulmana e cristiana e far capire che nelle differenze ci
sono anche punti in comune?
2) Per la religione musulmana è impossibile che un Dio si sia fatto
crocifiggere; questa possibilità è considerata altamente offensiva. Si
tratterebbe di una sconfitta e del trionfo dei suoi carnefici. Il Corano nega la
crocifissione di Cristo come conseguenza della grande stima che ha del Profeta.
Il Profeta deve essere sempre vincitore. Dio invia il suo messaggero che deve
essere sempre vittorioso. Questa è la visione teologica coranica.
Non potendo negare il fatto della crocifissione, il
Corano è ricorso alla escamotage della 'sostituzione vicaria': al momento
di venire messo in croce, Cristo sarebbe stato misteriosamente 'sostituito' da
un altro essere umano. Per cui non sarebbe stato Cristo a morire in croce come
un malfattore, ma solo un suo 'sostituto'. In tal modo però, secondo questa
concezione, non c'è più salvezza, crolla tutto il progetto redentivo del Padre…
Per cui anche per i musulmani Gesù Cristo è vivo,
seppur con modalità diverse dalla concezione cristiana (12).
E' proprio evidenziando questo aspetto che si potrà
meglio mettere a fuoco il valore del Crocifisso, che non rappresenta soltanto
Cristo apparentemente sconfitto ma che rinvia a tre giorni dopo, alla sua
gloriosa risurrezione, preludio della vittoria finale. Su questo punto il
Bormans così si esprime: "La pietà occidentale si è compiaciuta, soprattutto a
partire dal Medioevo, a rappresentarlo al massimo della sua sofferenza, come il
'servo sofferente' cantato da Isaia ('un verme non un uomo') mentre la pietà
orientale ha rappresentato generalmente nei suoi crocifissi bizantini, un Cristo
già glorioso, dotato di attributi reali ed effettivamente 'pantocrator', perché
vincitore del peccato e della morte proprio nel momento in cui questi pensavano
di averlo vinto. In questa seconda prospettiva non si potrebbe forse sviluppare
un discorso comune sulla 'potenza di Dio', per potervi meglio includere in
seguito una valorizzazione della sofferenza, dell'agonia, e della morte nei
confronti delle quali l'Islam ci propone soltanto una 'bella rassegnazione'?"
(13).
Una riflessione linguistica sarà molto utile. Cristo
è considerato il vero musulmano ante litteram e preso come modello dagli stessi
musulmani. Perché? Perché Cristo è colui che si è abbandonato completamente alla
volontà di Dio.
Infatti: il vocabolo Islam significa 'sottomissione a Dio', 'abbandono di sé a
Dio'. Il vero sentimento religioso è quello di abbandonarsi a Dio.
Muslim (musulmano) è colui che pratica l'Islam, cioè
colui che si abbandona totalmente a Dio. In questo contesto anche Adamo,
Abramo sono stati musulmani perché si sono messi completamene nelle mani di Dio,
si sono affidati del tutto a Lui. Di riflesso l'essere umano in quanto tale è
'musulmano' e l'Islam si pone come religione naturale dell'umanità (14).
Il Prof. Samir in una conferenza a Palermo l'11 novembre 1989, si è espresso in questa maniera: "Il vero Muslim, ossia l'unico vero musulmano è Cristo. Lo è stato proponendo al mondo un insegnamento che rovescia i valori del mondo, mettendo la non violenza al posto della violenza, l'amore al posto della 'giusta vendetta'. Lo è stato rivelando al mondo un Dio che è anzitutto Padre, che si manifesta nell'amore più che nella potenza, che è sì l'Onnipotente, ma l'Onnipotente nell'amore. Lo è stato vivendo perfettamente quest'insegnamento insolito, preferendo l'umiliazione alla gloria, la povertà alla ricchezza 'per arricchirci della sua povertà'. Sì, il Muslim per eccellenza è Cristo, quello che sulla croce si abbandona per amore all'amore di Dio Padre, per amore dell'umanità" (15).
Dietro l'alibi del rispetto per l'altro, in alcuni cattolici non si nasconde forse una certa… allergia nei riguardi del Crocifisso? La motivazione di andare verso gli altri non potrebbe indicare una mancanza di interesse per i contenuti e simboli della propria religione? Alle spalle di tutto non ci potrebbe stare una limitata e frazionata conoscenza del cristianesimo, per cui, non conoscendo, non si può neanche comprendere ed apprezzare? Schiavitù dell'ignoranza, della indifferenza, del fastidio. Schiavitù di un falso perbenismo: si vogliono coprire con il rispetto nei riguardi verso l'altro le proprie mancanze e deficienze. Schiavitù dell'orgoglio intellettuale. Si ha appena una patina di religiosità, sia teorica che pratica, e nello stesso tempo uno si ritiene preparato a fare scelte ed a prendere decisioni estremamente importanti e di grande rilevanza come se ne avesse la preparazione e capacità.
(1) Cfr. Bartolomeo Sorge, "Votare per il Crocifisso?", in
Aggiornamenti Sociali, dicembre 2002, p. 805 - 810
(2) Bartolomeo Sorge, o.c., p. 806.
(3) Bartolomeo Sorge, o.c., p. 809.
(4) "Via il Crocifisso dalle Scuole italiane?", in La Civiltà Cattolica,
Editoriale, 5 gennaio 2002, n. 3637, p. 5.
(5) Consiglio di Stato, 27 aprile 1988. La prima codificazione risale
all'articolo 140 del regio decreto 15 settembre 1860, n. 4336, riguardante il
regolamento per l'istruzione elementare e attuativo della legge 13 novembre
1859, n. 3725, la c.d. legge Casati che prescriveva l'esposizione del Crocifisso
in tutte le aule scolastiche. L'ultima codificazione in ordine di tempo risale
al 19 ottobre 1967, quando il Ministro della Pubblica Istruzione emanò la
circolare n. 367 circa l'ediliza e l'arredamento delle scuole dell'obbligo.
(6) Cfr. Paolo Armaroli, "Il Crocifisso a scuola è ammesso dalla Costituzione",
in Il Giornale, 8 ottobre 1999, p. 10.
(7) Discorso del 23 marzo 1958.
(8) Bartolo Ciccardini, Il crocifisso e i crocifissi nella storia, in Avvenire,
22 settembre 2002, p. 2.
(9) Jürgen Moltmann, Il Dio crocifisso,
Queriniana, Brescia 1973, p. 7; da notare che l'Autore nello scrivere
quest'opera pensava ancora alla tragedia del
nazionalsocialismo conseguenza della pretesa di poter costruire una società
senza Dio e senza cristianesimo; cfr. anche: "La croce di Cristo speranza
del cristiano", in La Civiltà Cattolica, marzo 2001, n. 3618, Editoriale, p. 547
- 559.
(10) Questo articolo è stato ripubblicato sul numero 14 di Liberal, novembre
2002.
(11) Per tutto questo: cfr. L'Enciclica di Benedetto XV,
Maximum Illud, in AA. VV. Roma e Pechino, a c. di Agostino Giovagnoli,
Studium, Roma 1999, specialmente p. 69 - 90.
(12) Cfr. Maurice Bormans, I musulmani di fronte
al mistero della croce: rifiuto o incomprensione?, in
AA.VV., La sapienza della croce oggi, Atti Convegno internazionale, Roma
13-18 ottobre 1975, LDC, Torino 1976, vol. I, p. 615 - 628.
(13) Maurice Bormans, o.c. 628.
(14) Per tutto questo, cfr. lo studio di Samir Khalil Samir, La crocifissione di
Cristo nel Corano, in Piero Coda - Mariano Crociata, Il Crocifisso e le
religioni, Città Nuova, Roma 2002, p. 49 - 82; questo studio è molto importante
perché riporta e spiega i testi del Corano riguardanti Cristo; nella stessa
opera di Coda - Crociata cfr: Marcello Di Tora, Musulmani e cristiani di fronte
al Crocifisso: tra scandalo e adesione di fede, p. 281 - 298.
(15) Samir Khalil Samir, o.c., p. 82).
FINE
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