DOCUMENTI DELLA CHIESA SULL'OPERA DI MARIA VALTORTA

(onde se ne permette ai fedeli  la lettura come opera letteraria scritta da Maria Valtorta, ma non ispirata da Dio, al modo di come invece chiese l'Autrice, che la disse dettata direttamente da Gesù o da visioni dei luoghi del tempo di Cristo)

 

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INDICE

I. Introduzione

  I.a Errore del Sant'Offfizio che mise l'Opera all'Indice, ma non del Papa

I.b  Commento sulle motivazioni della Messa all'Indice (crf 3)

 

II. Testi che danno un giudizio positivo

II.1 Lettera del vescovo Carinci, del 17 gennaio 1952

II.2 Lettera del Cardinal Siri, Arcivescovo di Genova, 6 marzo 1956c

II 3 Relazione del Missionario in Cina, Frate Minore, Gabriele Maria Allegra, 1970

 

III. Testi che danno un giudizio negativo

III.1 Messa all'Indice del Poema di Gesù e del Poema dell'Uomo Dio, 16 dicembre 1959

III.2 Motivazioni della Messa all'Indice: Il Poema dell'Uomo Dio considerato Una vita di Gesù malamente romanzata, nell'Osservatore Romano del 6 gennaio 1960 (Crf I.b)

III.3 Lettera del Cardinale Joseph Ratzinger, 31 gennaio 1985

III.4 Lettera dell'Arcivescovo Tettamanzi del 6 gennaio 1992

 

 

I. INTRODUZIONE

 

Eccetto i Documenti III.1 e III.2 (tolti dall'Osservatore Romano del 6 gennaio 1960), le introduzioni iniziali ai documenti (visibili rapidamente nei titoli, nell'Indice soprastante), sono tratte da : Emilio Pisani, Pro e Contro Maria Valtorta , Isola del Liri (Frosinone) 1995, pp. 1-204 .

 

 I. a Errore del Sant'Offizio che mise l'Opera all'Indice, ma non del Papa

               Giovanni XXIII aveva detto : Pubblicate questi scritti così come sono e il resto verrà da se. Il Papa aveva ragione: il tempo avrebbe dato naturalmente una visione più avveduta e matura.

                Ma se proibisci un'opera buttandola nell'Indice dei libri proibiti (istituzione oggi soppressa da vari decenni), come è stato fatto nel 1960 dal Sant'Offizio, è ovvio che ciò avvenne perché tra l'altro, non vi si trovò ispirazione divina alcuna. Diventa perciò atteggiamento naturale e conseguente, il rifiuto ottuso di non voler riconoscere nessuna ispirazione divina e straordinaria in questi scritti.

                Tutto ciò è esagerato e inaccettabile. Gli scritti in questione, che descrivono la Vita di Gesù, se ponderati nella loro sostanza, vanno invero al di là di ciò che fino ad oggi si è capito sul Cristo. Dei teologi competenti, nella misura che son tali, non potranno non riconoscere questo dato di fatto, come in parte hanno già riconosciuto. Il futuro chiarirà sempre meglio la grandezza e profondità della spiegazione del Cristo e quindi della Bibbia tutta, come appaiono dall'Opera valtortiana. Infatti l'Opera dà in ultimo una nozione più esatta di Cristo e della sua vita terrena. Una nozione già data dai Vangeli e dalla Scrittura, ma spiegata più ampiamente rispetto ai Vangeli e alla Scrittura.

                C'è stato chi ha detto che la Valtorta o aveva un genio più di Manzoni o di Shakespeare, o ebbe una rivelazione da Dio, cioè un aiuto straordinario da Dio. In realtà anche se la Valtorta avesse avuto il Genio di Manzoni e Shakespeare sommati insieme, non avrebbe potuto scrivere ciò che ha scritto. Infatti nell'opera non c'è solo il Genio, ma una straordinaria verosimiglianza in grado di confermare e spiegare (e perciò non di aggiungere ma confermare e spiegare) i punti oscuri o taciuti, della Sacra Scrittura. E anche il modo di spiegare è pedagogicamente per tutti i fedeli, piccoli e grandi, e non solo per i dotti. E anche questa operazione è riuscita mirabilmente dimostrando un dominio assoluto e universale delle possibilità pedagogico-letterarie. In conclusione l'Opera non aggiunge niente alla Bibbia, però spiega a tutti come nessuno probabilmente ha mai fatto, la stessa Bibbia, dal punto di vista cristiano, narrando la Vita di Cristo.

 

I. b Commento sulle motivazioni della messa all'Indice

                Si esordisce dicendo che i quattro libri, non hanno alcun Imprimatur : onde se al contrario ne avessero avuto qualcuno, si capisce che da un lato l'Opera sarebbe stata analizzata e compresa meglio e dall'altro si sarebbe forse evitato di metterla all'Indice, non volendo forse contraddire troppo altri ecclesiastici.

                L'Opera viene definita una lunga Vita romanzata di Gesù .  E questa osservazione è vera. Ma è vera benignamente e non svalutativamente come sostiene l'Autore. Infatti uno dei grandi pregi (una novità conforme al gusto e alle capacità di comprensione dei tempi nostri che al contrario dei passati, conoscono meglio e usano frequentemente il genere letterario del romanzo), è proprio la forma pedagogica e espressiva che può ben essere definita romanzata. 

                Questo romanzare il racconto edificante ed evangelico, toglie ogni pesantezza di lettura, rende più immediato e tangibile la sostanza del discorso, peraltro adeguatamente colorita dalle immagini e adeguatamente  descritta con sapienti sfumature. E queste sfumature in apparenza improvvisate, hanno tuttavia la freschezza e esattezza unica e immediata di chi vede da diretto testimone, e non fa sforzo alcuno a padroneggiare i particolari e i sentimenti del momento, sebbene il tutto debba essere calato nella realtà della Palestina di duemila anni or sono. Ne risulta in conclusione, un quadro freschissimo e dall'alto registro artistico-poetico, sebbene sciolto e misurato dentro la necessità della prosa e del concetto fondamentale della vita del Cristo, che si vuole comunicare. Togliere all'opera questo requisito romanziero, vorrebbe dire togliergli uno dei suoi principali requisiti: quello di potere intrattenere e educare e edificare anche i piccoli o meno dotti e non solo i dotti. Infatti mentre gli eruditi trovano diletto anche nell'esercizio delle loro nozioni, e perciò si possono accontentare  anche dei soli concetti ordinatamente presentati, così non è per i piccoli o meno dotti. Per questi il concetto e basta, la nuda e fredda scienza, anche se valida in se, sarebbe tuttavia un istigarli a non leggere, insomma un incentivo metodologico a rifuggire il Vangelo.

                Si dice poi che Gesù e Maria fanno discorsi troppo lunghi. Ma Gesù non è la Sapienza in persona? Non è Dio? E la Madonna non è la Madre di Dio che schiaccia la testa al Diavolo?

                La risposta è che con tali premesse o condizioni, non è da escludere, anzi è probabile, che Cristo e Maria, abbiano fatto discorsi numerosi e più lunghi, di quanto si evinca dai Vangeli. Tuttavia se questi discorsi non contraddicono, ma anzi spiegano e confermano la sostanza dei vangeli, non potrà dirsi che sono inaccettabili.

                La Vergine SS.ma ha la facondia di una moderna propagandista. E' falso! La Vergine Santissima parla come vuole. Talvolta se lo fa con profondità e ampiezza teologica, buon gusto e misura, ciò può essere perché i tempi odierni sono in grado di capire tutto ciò, onde è per così dire, arrivato il momento di sfruttare la maggiore capacità di discernimento e apprendimento degli uomini moderni, dopo duemila anni di studi e esperienza cristiana.

                 Il racconto si svolge lento, quasi pettegolo : il testo in alcuni punti, quando la Valtorta riferisce ciò che vede, ha la forma narrativa della descrizione. In tali circostanze, lungi dal demotivare l'attenzione del lettore, si può gustare invece la splendida personalità della scrittrice, la quale pur inferma e confinata nel letto, tuttavia riesce a mettere sapore d'arte nelle sue descrizioni. E ci riesce di prima mano, senza ripensare e riscrivere ciò che scrive. Ma ciò può farlo soltanto un animo fortemente poetico e artistico. Però se avesse potuto meditare e riscrivere, che cosa avrebbe potuto fare? Certamente molto di più .

                Alcune pagine poi sono piuttosto scabrose : è assolutamente falso che ci siano pagine scabrose : vi è soltanto un quadro realistico della vita del tempo, onde l'Uomo-Dio essendo anche vero uomo, venuto per incontrare e salvare, non poteva in questo percorso, non incontrare anche le donne, pure esse da salvare; e tra queste donne, non poteva non incontrare  pure qualcuna di malaffare, come la Maddalena prima della conversione che faceva, com'è noto, la prostituta. Questi dialoghi e descrizioni, non possono essere compresi se accusati di scabrosità, senza prima chiedersi, da dove derivano la loro notevolissima verosimiglianza. Soltanto quando si comincia a riflettere e ammettere che son verosimili, si estingue fino a diventare assurdo il sospetto di scabrosità. Però qualora verosimili non fossero anche in qualcosa, evidenziarne tale limite, sarà facilissimo da parte degli eruditi o storici biblisti e no. Ma fino ad oggi non si è trovato sverosimiglianza e pseudostoria alcuni. Stranamente tutto combina. Viene smentita perciò dall'esperienza, l'ipotesi che gli specialisti di studi biblici vi troveranno certamente molti svarioni storici, geografici e simili . Potrebbe l'Opera facilmente pervenire nelle mani delle religiose e delle alunne dei loro collegi : personalmente mi auguro che tale Opera pervenga nelle mani delle religiose e delle collegiali. Essa fa del bene e non fa del male. Ormai la Chiesa cattolica ne ha preso coscienza: difficile trovare un prete che teme i libri della Valtorta. Se mai ne trovi qualcuno che non li conosce o li conosce solo di fama, senza averli letti. Perciò ti consiglia magari di confrontare l'Opera con il Catechismo. Ma in generale nessuno più tra i religiosi (almeno secondo la mia esperienza) proibisce la lettura delle opere valtortiane. L'esercito cattolico (e non solo) che sta in basso, sta lentamente accettando le opere della scrittrice di Viareggio. Sempre meglio le trova utili, ci prende fiducia, sente che quelle parole vengono da Dio e hanno un valore di vita evangelica; cioè non sono altro che una spiegazione romanzata dello stesso Vangelo. Le anime, per così dire, leggono i libri della Valtorta perché ci sentono, il Vangelo, cioè  Dio. Cosa che non sempre riescono a sentire con la stessa facilità e intensità, nei discorsi dei prelati e teologi. Però letta l'Opera, tutti ascoltano di più i preti, leggono meglio il Vangelo e la Bibbia, rinsaldati nelle motivazioni più recondite.

                Maria può essere chiamata la secondogenita del Padre : l'autore si accorge da solo che l'affermazione non sussiste, dicendo: affermazione ripetuta nel testo nella pagina seguente. La spiegazione ne limita il significato, evitando un'autentica eresia; ma non toglie la fondata impressione che si voglia costruire una nuova mariologia, che passa facilmente i limiti della convenienza.

 

II. TESTI CHE DANNO UN GIUDIZIO POSITIVO

 

II.1 LETTERA DEL VESCOVO CARINCI DEL 17 GENNAIO 1952

                "Alfonso Carinci arcivescovo è dal 1930 il segretario della Sacra Congregazione dei Riti (che tratta le cause dei santi) dopo essere stato Rettore dell'almo Collegio Capranica dal 1911 al 1930. Sarà il più anziano dei vescovi presenti all'apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, essendo nato a Roma il 9 novembre 1962. Morirà ultracentenario, in odore di santità, il 6 novembre 1862. Tra le personalità mons. Carinci è certamente il primo a conoscere l'Opera ancora inedita di Maria Valtorta. Se ne interessa e ne segue le vicissitudini, rimanendo in costante rapporto epistolare con la scrittrice, che è andato a conoscere a Viareggio nel 1948. Tornerà da lei in anni successivi e almeno una volta, il 29 giugno 1952, celebra la santa messa nella sua camera di inferma. In questo stesso anno sottoscrive il seguente attestato": 

                Alcuni anni orsono lessi parte dell'Opera "Parole di Vita Eterna", scritta dalla signorina Maria Valtorta e, in una certa misura, a lei dovuta.

                Dico "in una certa misura" , perché mi è stato più volte assicurato da testimoni degni di fede che l'Opera, nella sua parte "narrativa" , è dovuta alla scrivente, la quale però asserisce di aver riferito come meglio poteva ciò che vedeva o udiva; nella sua parte "dottrinale" invece, essa non avrebbe fatto altro che scrivere, come sotto dettatura, quanto sentiva e le veniva detto, con tutta quella precisione consentita ad uno strumento umano.

                La parte "narrativa" o letteraria, è molto bella, scritta in buona lingua, correntemente, senza correzioni, come consta dai manoscritti che vidi. Questa parte è opera personale della predetta signorina Maria, e, realmente porta l'impronta di alcune particolarità dello stile femminile (si attarda nella minuta descrizione di vesti, ecc.). Però considerando le qualità morali della persona che scrive, bisogna ritenere che non mentisce quando assicura di non aver narrato se non ciò che ha veduto o sentito, poiché effettivamente la sostanza di ciò che ha descritto, per es. i personaggi, il loro atteggiamento, le vesti ecc., o corrispondono alla verità, quando si tratta di cose note agli specialisti, o sono verosimili perché in armonia con quanto si sa

                 La topografia poi della Palestina è talmente aderente alla realtà, come conferma il reverendissimo Padre bea, che forse neppur chi avesse vissuto lungamente in quelle regioni, potrebbe descriverle con tanta esattezza e con tanti minimi particolari. Questo fatto non può non stupirci, quando si pensa che la persona è inchiodata a letto da circa 20 anni, senza mai esserne rimossa se non per lo sfollamento e per le elezioni, è priva di sussidi bibliografici di qualsiasi genere (ad eccezione del testo della Sacra Scrittura e del Catechismo) e non ha mai studiato descrizioni dei luoghi santi. Persone competenti ed anche ingegneri, che conoscono benissimo la Palestina e che si sono recati là per lavori, hanno ritrovato i luoghi descritti minutamente nell'Opera ed hanno constatato con la più viva emozione l'esattezza delle descrizioni.

                Ho notato qualche difetto in questa parte narrativa, che è, nel modo detto di sopra, composizione della signorina Maria. Così per esempio non mi piace la descrizione del contegno scorretto della Maddalena ancora peccatrice: realmente doveva esser tale, ma potrebbe forse tralasciarsi, senza danneggiare con questo o qualche altro simile taglio, l'insieme dell'Opera. Forse altri difetti di questo genere si troveranno nelle altre parti dell'Opera, ma penso che siano pochi, perché queste pagine hanno tutte la stessa elevatezza. Del resto ritengo che queste manchevolezze debbano attribuirsi all'azione personale della scrivente, e siano correggibili.

                Nella parte dottrinale, che però non è staccata ma artisticamente intrecciata alla narrativa, vengono riferiti molti discorsi di nostro Signore, degli Apostoli, di altri. Nulla ho trovato in essi che sia contrario al Vangelo, ma sono come un buon complemento che ne dichiara bene il senso.

                I discorsi dei personaggi corrispondono mirabilmente a quelli riportati dal Vangelo e sono in armonia con essi. I discorsi che si trovano già nel Vangelo non sono tuttavia, riferiti di sana pianta ma completati e chiariti in modo che ciascun discorso sia fluente, chiaro e così ben congegnato da apparire uscito di getto da una stessa fonte. E le parti aggiunte come chiarimenti e chiarificazioni sono della stessa natura e sublimità dei sermoni evangelici. A questo proposito posso ricordare il discorso di Gesù alla Samaritana, completato e chiarito in modo incomparabile, senza che si veda traccia di sutura fra le parti riferite dal Vangelo e quelle aggiunte e senza che vi sia dislivello di dottrina fra le prime e  le seconde. I discorsi poi che non si trovano nel Vangelo ma invece sono riportati in quest'Opera, sono per forma e per dottrina, coerenti a quelli già noti o alla dottrina approfondita e proposta dalla Chiesa Cattolica sotto l'influsso dello Spirito Santo. Così per es. vengono poste sulle labbra di Nostro Signore affermazioni riguardanti l'assoluta esenzione di Maria dal peccato originale, il primato e la infallibilità di Pietro e dei suoi Successori, il Purgatorio ecc. 

                Scendendo ai particolari, posso affermare che i discorsi degli apostoli sono l'espressione del loro naturale: Pietro, Andrea, Filippo, Giuda, sono, attraverso tutte le pagine che ho letto, sempre coerenti. Il discorso di San Giovanni, recitato quando il Signore mandò per la prima volta gli apostoli a predicare, riflette perfettamente lo stile dello scrittore dell' In principio erat Verbum... .

                I discorsi poi di Nostro Signore nulla contengono che non sia conforme al suo Spirito, eppure non pochi di essi esprimono dottrina che suppone una scienza teologica ignota alla signorina Maria, che ha studiato soltanto il catechismo del beato Pio X°.

                Leggendo l'Opera ho avuto l'occasione di ammirare la divina economia usata da Nostro Signore per la conversione della Samaritana e della Maddalena, e tutti i tentativi della sua Carità per il ravvedimento di Giuda.

                A giudicare dall'insieme, mi sembra impossibile che una donna di assai mediocre cultura teologica, sprovvista di qualsiasi libro utile allo scopo (non ha vite di Gesù, atlanti ecc..., ma soltanto la Sacra Scrittura), abbia potuto scrivere, suo marte con tanta esattezza pagine così sublimi.

                Mi si dice che nell'Opera la figura di Nostro Signore sia troppo abbassata. Certamente se, anche nei Vangeli, fossero descritti soltanto episodi come la nascita in una grotta, la precipitosa fuga in Egitto, l'umile lavoro nell'Officina di Giuseppe, il digiuno, la fame e la tentazione diabolica nel deserto, la cacciata dalla Sinagoga di Nazareth o dalla regione di Gerasa, la flagellazione, gli sputi, la sete in Croce, l'abbandono paterno...ecc., omettendo tutto il resto, non apparirebbe quella divina e regale maestà di Gesù, Voce di Dio e operatore di miracoli mai veduti, che invece si rileva dalle altre descrizioni. Siccome quest'Opera è più ampia dei Vangeli, sono cresciuti gli episodi o i dettagli che a prima vista potrebbero dare l'impressione di abbassare il Signore; ma in compenso sono anche cresciuti quelli nei quali la divina e regale maestà di Gesù risplende mirabilmente.

                Gli episodi che sembrano abbassare in quest'opera come del resto negli stessi Santi Vangeli, non devono impressionare quando si pensa ciò che scrisse San Gregorio Magno a riguardo della tentazione diabolica contro Gesù: Non fu indegno di nostro Signore esser tentato dal Diavolo, se si riflette ch'egli venerat occidi .

                Posso quindi asserire che la grandezza di nostro Signore appare divina nell'Opera. Le parti nelle quali egli sembra abbassato, sono compensate dalle altre, Humiliavit semetipsum, usque ad mortem, mortem autem crucis .

                 A giudicare dal bene che si prova leggendola, sono di sommesso parere che quest'opera, una volta pubblicata, potrebbe portare tante anime al Signore: peccatori alla conversione e buoni a vita più fervente ed operosa.

                Mentre la stampa immorale invade il mondo e le rappresentazioni corrompono la gioventù, viene spontaneo di ringraziare il Signore per averci dato, per mezzo di questa sofferente, inchiodata in letto, un'Opera così letterariamente bella, così dottrinalmente e spiritualmente elevata, accessibile e profonda, attraente alla lettura e capace di essere riprodotta in rappresentazioni cinematografiche e di teatro sacro. So anche che artisti, leggendo l'Opera e ricevendo indicazioni dalla scrivente, hanno potuto ricostruire mirabilmente, in pittura e scultura, il Volto di Gesù, in disegno quello della Madonna e dei Dodici Apostoli, in disegno e pittura i lineamenti del corpo di Gesù che si ricava dalla Santa Sindone.

                Ho esposto il mio pensiero, che so tuttavia esser pur quello di valenti teologi ed esegeti (che hanno letto anche quei volumi che io non vidi), quali il Rev.mo P. Bea, Mons. Lattanzi ed altri. Ciononostante, sono, si capisce, pronto a correggermi nel caso che il Santo Padre giudicasse altrimenti.

                Roma, 17 Gennaio 1952.  +Alfonso Carinci, arciv. titolare di Seleucia d'Isauria.

                

II.2  LETTERA DEL CARDINAL SIRI ARCIVESCOVO DI GENOVA, 6 MARZO 1956

                "Giuseppe Siri, cardinale, è l'arcivescovo metropolita di Genova dal 1946 e lo sarà per 41 anni. Sarà anche nel settennio 1958-65, il primo Presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Nato nel 1906, morirà nel 1989 a Genova che è anche la sua città natale. Nell'imminenza della pubblicazione dell'Opera di Maria Valtorta, risponde al padre Berti che lo ha interpellato riguardo ad essa". E dice:

                Molto reverendo Padre (Corrado M. Berti osm, via Trenta Aprile 6, Roma), rispondo subito alle sue tre domande. 

               1. La impressione della lettura del dattiloscritto è eccellente. Unica osservazione: la gente parla con una andatura letteraria del nostro tempo. Almeno così pare a me.

                2. Leggerei volentieri dell'altro. Il maggiore volume sostanzia di più un giudizio, sia pure modesto come il mio.

                3. L' Imprimatur non è affare mio, dato che in qualche modo ci ha messo le mani la Suprema e sarebbe pericoloso agire inconsulta la Medesima. Quanto a prefazione, io non mi sento di farla.

                Con la più cordiale benedizione, mi creda, reverendo Padre, dev.mo Giuseppe, Cardinal Siri.

 

II.3  RELAZIONE DEL MISSIONARIO FRATE MINORE, GABRIELE MARIA ALLEGRA,  1970

                "Nel giugno del 1970, approfittando di una degenza nell'ospedale di Macao, scrive una Relazione organica sull'Opera di Maria Valtorta nell'intento di illustrarla ad eventuali traduttori". Si riporta tale relazione, tralasciando la parte storica.

                Il Poema contiene, anzi è una serie di visioni, alle quali l'autrice assiste, come se fosse una contemporanea, e perciò vede e sente quanto riguarda la vita di Gesù a cominciare dalla nascita di Maria SS, avvenuta per Grazia celeste nella vecchiaia di Anna e Giovacchino, sino alla Resurrezione e Ascensione del Signore, anzi fino all'Assunzione della Beata Vergine in Cielo.

                La Veggente ascoltatrice comincia di solito a descrivere il sito della scena che contempla, riporta il chiacchiericcio della folla e dei discepoli e poi, a seconda di quanto vede e ascolta, descrive i miracoli, descrive i discorsi del Signore, ovvero, dialoghi dei presenti con lui, o coi discepoli, o fra loro. La rievocazione della vita di Gesù, dei tempi e dell'ambiente, nei suoi diversi aspetti: fisico, politico, sociale, familiare, è fatta senza sforzo alcuno; l'Autrice riporta quello che ha visto e sentito; il suo stile non sente l'erudizione, che si nota anche nelle più famose vite di Gesù; è il resoconto di una Teste oculare e auricolare. Se Maria di Magdala o Giovanna di Cusa, durante la loro vita, avessero potuto vedere quello che videro Maria Valtorta e l'avessero scritto, credo che la loro testimonianza non differirebbe molto da quella del Poema . La Valtorta osservava con tanta intensità il luogo e i personaggi delle sue visioni che chi è stato per ragioni di studio in Terra Santa e ha letto ripetutamente i Vangeli non fa uno sforzo eccessivo per ricostruire le scene.

                Che un romanziere o un drammaturgo di genio creino dei caratteri indimenticabili, lo si sapeva; ma dei tanti romanzieri o drammaturghi che si sono accostati al Vangelo per utilizzarlo nelle loro creazioni, io non ne conosco uno che ne abbia cavato tanta ricchezza e abbia abbozzato con tanta forza o con tanta soavità -ometto per ora di Gesù e Maria Vergine- le figure di Pietro, di Giovanni, di Maria Maddalena, di Lazzaro, di Giuda, specialmente di Giuda o della sua tragica e pietosa madre, Maria di Simone, e di tanti e tanti altri, come fa con la massima naturalezza e senza il minimo sforzo la Valtorta. Penso che non pochi lettori del Poema ben sovente si siano soffermati a riflettere e, come M. Vinicio allorché ascoltava la rievocazione della Passione fatta da S Pietro all'Ostrianum, abbiano detto: costei ha visto.

                La cosa più impressionante, almeno per me, sono i discorsi del Signore. Naturalmente ci sono tutti quelli che si trovano nei SS. Vangeli, ma sviluppati, come pure sono stati sviluppati parecchi temi che nel Vangelo sono appena abbozzati o accennati. Inoltre sono riportati molti altri discorsi di cui nulla si dice nel Vangelo, ma che le circostanze indussero Gesù a pronunziare. Anche questi son costruiti come i primi; è lo stesso Signore che parla, sia che adoperi lo stile parabolico -il Poema contiene una quarantina di parabole agrapha- sia quello esortativo e profetico, sia in ultimo quello sapienziale in uso presso i rabbini della epoca neotestamentaria. Pertanto, oltre ai grandi discorsi dei Vangeli, come quello della Montagna, quello della Missione degli Apostoli, quello Escatologico, quelli dell'Ultima settimana e quelli dell'Ultima cena, nel Poema ce ne sono moltissimi altri che spiegano il Decalogo, le opere di misericordia corporali e spirituali, ovvero che costituiscono speciali istruzioni alle discepole, ai discepoli, a persone singole, a uditori misti di Giudei e di Gentili...e in fine i discorsi sul Regno di Dio o più chiaramente sulla Chiesa, prima della Passione tenuti come un colloquio col fratello-cugino Giacomo sul Carmelo, e dopo la Resurrezione sviluppati parlando agli Apostoli e ai discepoli sul Tabor e su un altro monte della Galilea, il di cui tema è indicato da San Luca con la semplice frase: loquens de Regno Dei.

                A considerarne sommariamente la materia, si trova in essi tutta la Fede, la Vita, la Speranza cristiana. Il tono e lo stile non si smentisce mai, è sempre lo stesso: lucido, forte, profetico, a volte pieno di maestà, a volte riboccante di tenerezza. Arreco qualche esempio. Tutti sanno gli affanni dei più grandi esegeti per collocare e spiegare secondo il contesto vitale il colloquio con Nicodemo, il Discorso sul Pane della Vita, i discorsi teologico-polemici pronunciati a Gerusalemme: quanti sforzi e quanto diversi! Nel Poema la loro concatenazione è spontanea, naturale, comecché fluisce logicamente dalle circostanze.

                Quello che si dice nei discorsi, vale per i miracoli. Nel Poema ce ne sono tanti, che il Vangelo comprende con le frasi: e guariva e sanava tutti...come pure ci sono alcuni avvenimenti, cui né esegeti né romanzieri, né apocrifi hanno pensato. Per esempio l'Evangelizzazione della Giudea, accennata da S. Giovanni (Gv. 3,22) all'inizio del ministero di Gesù, il misericordioso apostolo del Signore in favore dei Samaritani, dei poveri, dei contadini di Doras e di Giocana, degli abitanti dell'Ofel, i viaggi continui dell'instancabile Maestro per il territorio di tutte le dodici antiche tribù, e la congiura ordita, da alcuni in buona fede, in mala fede dai più, per proclamarlo Re, onde distruggerlo più facilmente per mano romana, congiura cui Giovanni (6,14-15) accenna così sobriamente. E come dimenticare l'eroica fedeltà dei dodici pastori betlemiti, e la duplice prigionia di Giovanni Battista, e i convertiti del convertito Zaccheo; e quelle persone che Gesù salvò anche materialmente, come Sintica, Aurea Galla, Beniamino di Aenon; e le ultime voci profetiche del Popolo eletto: Sabea di Bethlechi, il samaritano lebbroso guarito, Saul di Kerioth; e le relazioni di Gesù con Gamaliele, con alcuni membri del sinedrio, con un gruppo di donne pagane che gravitano attorno a Claudia Procula, la moglie di Pilato; e la storia e la figura di Maria Maddalena, del fanciullo Marziam, dei singoli Apostoli il cui carattere si imprime indelebilmente nel cuore del lettore attento, specialmente il carattere di Pietro, Giovanni e Giuda e della sua  pia e sventurata madre?

                E quanto non s'impara circa la situazione politica, religiosa, economica, sociale, familiare della Palestina nel primo secolo della nostra èra, anche dai discorsi dei più umili, anzi specialmente da questi, che l'Autrice, veggente e ascoltatrice, riporta! Direi che in questa Opera il mondo palestinese dei tempi di Gesù risusciti davanti ai nostri occhi; e gli elementi migliori e peggiori del carattere del Popolo eletto -il popolo degli estremi e schivo di ogni mediocrità- balzino vivi dinanzi a noi.

 

                Il Poema ci si presenta come il completamento dei quattro Vangeli e una lunga spiegazione di essi; l'Autrice è l'illustratrice delle scene evangeliche. La spiegazione e il completamento sono giustificati in parte dalle parole di S. Giovanni: molti altri prodigi fece Gesù dinanzi ai suoi discepoli, che non sono scritti nel presente libro... (20,30); e: molte altre cose fece Gesù che se si dovessero scrivere una a una, penso che il mondo intero non potrebbe contenere i libri da scriversi (21,25). Completamento e spiegazione, ripeto, giacché dal punto di vista storico-teologico la rivelazione si è chiusa con gli Apostoli e tutto ciò che si aggiunge al deposito rivelato, anche se non lo contraddice ma felicemente lo completa, potrà al massimo essere il frutto di un carisma particolare, individuale, che obbliga alla fede colui che lo riceve e coloro che credono trattarsi di un vero carisma o di più veri carismi, che nel caso nostro sarebbero quelli della rivelazione, della visione, del Discorso della sapienza e del Discorso della scienza (cfr. 1Cor 12,8; 2Cor 12,1...) .

                Insomma la Chiesa non ha bisogno di questa Opera per svolgere la sua missione salvatrice sino alla seconda venuta del Signore, come non aveva bisogno delle apparizioni della Madonna a La Salette, a Lourdes, a Fatima..., senonché la Chiesa può tacitamente o publicamente riconoscere che certe rivelazioni private possono giovare alla conoscenza e alla pratica del Vangelo e all'intelligenza dei suoi misteri, e quindi approvare in forma negativa, cioè dichiarando che le rivelazioni in parola non sono contrarie alla fede, o può ufficialmente ignorarle, lasciando ai suoi figli piena libertà di formarsi il proprio giudizio.

                In forma negativa sono state approvate le rivelazioni di Santa Brigida, di Santa Matilde, di Santa Gertrude, della Venerabile d'Agreda, di San Giovanni Bosco e di molti altri santi e sante.

                Chi si mette a leggere con animo onesto e con impegno può ben vedere da se l'immensa distanza che esiste tra il poema e gli Apocrifi del Nuovo Testamento, specialmente gli Apocrifi dell'Infanzia e quelli dell'Assunzione e può anche notare la distanza che c'è tra quest'opera e le rivelazioni della venerabile Emmerich d'Agreda ecc. . Negli scritti di queste due visionarie è impossibile non sentire l'influsso di terze persone, influsso invece, che mi pare si debba assolutamente escludere dal nostro Poema. Per convincersene basta fare il paragone tra la vasta e sicura dottrina teologica, biblica, geografica, storica, topografica...che si addensa in ogni pagina del Poema e la stessa materia o le stesse materie nelle opere summenzionate. Non parlo poi di Opere letterarie, che di quelle che coprono tutta la vita di Gesù, a cominciare dalla nascita all'Assunzione della Madonna, non ce ne sono, o almeno mi sono sconosciute. Ma anche se ci limitiamo all'intreccio delle più celebri, come : Ben Hur, La Tunica, Il Grande Pescatore, The silver chalice, The spear... questo non può affatto sostenere il paragone con l'intreccio naturale, spontaneo, sgorgante dal contesto degli eventi e dal carattere delle tante persone -una vera folla- che forma la possente travatura del Poema.

                Ripeto: è un mondo che risuscita e l'Autrice lo domina come se possedesse il genio di Shakespeare e del Manzoni. Però le opere di questi due grandi, quanti studi non richiesero, quante veglie, quante meditazioni! Maria Valtorta invece, pur possedendo una intelligenza brillante, una memoria tenace e pronta, neppure terminò gli studi medi-superiori, fu per anni e anni afflitta da diverse malattie e confinata al letto, aveva pochi libri che stavano tutti in due palchetti del suo scaffale, non lesse alcuno dei grandi commentari della Bibbia, che avrebbero potuto giustificare o spiegare la sua sorprendente cultura scritturistica, ma si serviva della versione popolare della Bibbia del P. Tintori ofm; eppure scrisse i dieci volumi del Poema dal 1943 al 1947, in quattro anni!

                 Tutti sanno quante ricerche abbiano fatto gli eruditi, specialmente ebrei, per disegnare le differenti carte della geografia politica della Palestina, dal tempo dei Maccabei fino all'insurrezione di Barcocheba; hanno dovuto compulsare per più di vent'anni un cumulo di documenti: il Talmud, G. Flavio, l'epigrafia, il folklore, gli antichi itinerari... eppure l'identificazione di parecchie località rimane ancora incerta; nel Poema invece, quale che possa essere il giudizio che si dà della sua origine, non vi è alcuna incertezza (almeno per quattro cinque casi, i recenti studi danno ragione alle identificazioni in esso supposte, e il numero penso che crescerebbe se qualche specialista volesse studiare a fondo questa questione). L'Autrice vede il biforcarsi delle strade, i cippi miliari che ne indicano la direzione, le diverse colture a seconda della diversa qualità del terreno, i tanti ponti romani gettati su diversi fiumi o torrenti, le sorgenti vive in certe stagioni o disseccate in altre; essa nota la differenza della pronuncia fra i diversi abitanti delle diverse regioni della Palestina e un cumulo di altre cose che rendono perplesso o pensoso il lettore.

 

                Una serie di visioni, nelle quali il mistero della nascita di Gesù, della sua agonia, della sua Passione e della sua Resurrezione vien descritto con parole e immagini celesti, con un eloquio angelico, mentre d'altra parte tanta luce si proietta sul mistero di Giuda, sul tentativo di proclamare Re Gesù, sui due fratelli cugini che non credevano in Lui, sull'impressione da lui destata nei Gentili, sul suo amore per i lebbrosi, i poveri, i vecchi, i bambini, i Samaritani e specialmente sul suo amore così ardente, soave e delicato per l'immacolata sua Madre.

                E chi dal punto di vista non solo umano, ma specialmente teologico, può rimanere indifferente leggendo i due capitoli sulla desolazione della SS Madre dopo la tragedia del Calvario, che ci rivelano come la corredentrice sia stata tentata da Satana come era stato tentato il suo Figlio Redentore? Si paragoni la sublime teologia di questi due capitoli con quella dei tanti Planctus  dell'Addolorata.

                Oggi sulla storicità del Vangelo dell'infanzia e sui racconti della resurrezione, gli esegeti, anche cattolici, si prendono le più strane e audaci libertà, come se con la Form geschichte e con la Redaktiongeschichte Methode  si sia trovato il toccasana per tutte le difficoltà, che non furono ignote ai Padri della Chiesa. Veramente, per parlare solo di alcuni recenti esegeti, Fouard, Sepp, Fillion, Lagrange, Ricciotti...su questi punti difficili dissero la loro parola equilibrata e luminosa, ma oggi altri sono i maestri, che anche i nostri seguono con tanta fiducia. Ebbene, per tornare a noi, io invito i lettori del Poema a leggere le pagine consacrate alla risurrezione, alla ricostruzione degli eventi del giorno di Pasqua, e costateranno come tutto vi è armoniosamente legato, così come si sforzarono di fare, ma senza riuscirci pienamente, tanti esegeti che seguivano il metodo storico-critico-teologico, i quali non turbavano ma allietavano il cuore dei fedeli e ne rafforzavano la fede!

                Ma c'è un'altra sorpresa: questa donna del secolo ventesimo, che confinata sul letto di dolore, è divenuta la fortunata contemporanea e seguace di Cristo, all'infuori di certi momenti da lei diligentemente notati, quando cioè gli apostoli e Gesù pregavano in ebraico o aramaico, li sente parlare in italiano, ma in un italiano aramaizzante. Inoltre, il Signore, la Madonna, gli Apostoli, anche quando trattano di argomenti trattati nel Nuovo Testamento, adoperano il linguaggio teologico di oggi, cioè il linguaggio iniziato dal primo grande teologo San Paolo e arricchitosi attraverso tanti secoli di riflessione e di meditazione e diventato preciso, chiaro, insostituibile.

                C'è dunque nel Poema una traduzione della Buona Novella annunciata da Gesù nella lingua della sua Chiesa di oggi, trasposizione voluta da lui, giacché la veggente era priva di qualsiasi formazione teologica tecnica: e questo, penso, per farci comprendere che il messaggio evangelico annunziato oggi, dalla sua Chiesa di oggi, è sostanzialmente identico alla sua predicazione di venti secoli fa.

                Un libro di grande mole, composto in circostanze eccezionali e in un tempo relativamente brevissimo: ecco un aspetto del fenomeno valtortiano.

                L'Autrice confessa ripetutamente che lei è solo un portavoce, un fonografo, una che scrive quello che vede e sente, mentre sta crocifissa a letto. Quindi secondo lei, il Poema non è suo, non le appartiene; le è stato rivelato, mostrato, essa altro non ha fatto che descrivere quello che ha visto, riferire quello che ha sentito, pur partecipando con tutto il suo cuore di donna e di devota cristiana alle visioni. Da questa sua intima partecipazione nasce l'antipatia che sente per Giuda, e al contrario l'affetto intenso che sente per Giovanni, per la Maddalena, per Sintica... e non parlo del Signore Gesù e della Madonna SS, verso i quali a volte effonde il suo cuore e il suo amore con parole di un lirismo appassionato, degno delle più grandi mistiche della Chiesa.

                Nei dialoghi e nei discorsi che formano l'ossatura dell'Opera c'è, accanto a una inimitabile spontaneità (dialoghi), qualcosa di antico e a volte di ieratico (discorsi), si sente insomma una traduzione ottima di una parlata aramaica, o ebraica, in un italiano vigoroso, polimorfo, robusto.  E' ancora da notarsi che nella struttura di questi discorsi Gesù, o si muove nella scia dei grandi profeti, ovvero si accorda al metodo dei grandi rabbini che spiegavano il Vecchio testamento applicandolo alle circostanze contemporanee; si ricordi il Pesher di Habacuc trovato a Qumram e si confronti, passi la parola, col "Pesher" che ce ne dà Gesù .

                Si paragonino pure altre spiegazioni che il Signore dà di altri passi del Vecchi Testamento e per i quali possediamo in tutto o in parte i commentari dei Rabbi del 3° o 4° secolo d. C. , ma che evidentemente seguono uno stile tradizionale di composizione molto più antico e probabilmente contemporaneo a Gesù, e si constaterà, accanto a una somiglianza esterna di forma, una tale superiorità quanto al fondo, alla sostanza, che comprendiamo finalmente appieno perché la folla diceva: Nessuno ha parlato come quest'uomo.

                

                Io ritengo che l'Opera esiga una origine soprannaturale, penso che essa sia il prodotto di uno o più carismi e che essa va studiata alla luce della dottrina dei carismi, pur giovandosi dei contributi dei recenti studi di psicologia e scienze affini, che certo non potevano essere conosciute dagli antichi teologi, come il Torquemada,il Lanspergius, lo Scaramelli ecc. .

                E' proprio dei carismi che essi vengono elargiti dalla Spirito di Gesù per il bene della Chiesa, per l'edificazione del corpo di Cristo; e io non vedo come si possa ragionevolmente negare che il Poema edifichi e diletti i figli della Chiesa. Senza dubbio la Carità è la via più eccellente (1Cor 13,1); è pure risaputo che alcuni carismi, che abbondavano nella Chiesa primitiva, si sono in seguito rarefatti, ma è del pari certo che essi non si sono mai estinti del tutto. La Chiesa attraverso i secoli deve perciò continuare a saggiare se essi provengono dalla Spirito di Gesù ovvero sono un camuffamento dello Spirito delle tenebre, travestitosi in angelo di luce: Probate Spiritus si ex Deo sint! (1Gv4,1).

                

III. TESTI CHE DANNO UN GIUDIZIO NEGATIVO

 

III.1 MESSA ALL'INDICE DEL POEMA DI GESU' E DEL POEMA DELL'UOMO DIO, 16 DICEMBRE 1959

                Osservatore Romano, mercoledì 6 gennaio1960. 

                Suprema  Sacra Congregatio Sancti Officii. Decretum Proscriptio Librorum. Feria IV, die 16 decembris 1959.

                In generali consessu Supremae Sacrae Congregationis Sancti Officii Em.mi ac Rev.mi Domini Cardinales rebus fidei ac morum tutandis praepositi, praehabito Consultorum voto, damnarunt atque in Indicem librorum prohibitorum inserendum mandarunt opus anonymum , quattuor complectens volumina, quorum primum: 

                Il Poema di Gesù (Tipografia Editrice M. Pisani, Isola del Liri); reliqua vero

                Il Poema dell'Uomo Dio (Ibidem) inscribuntur.

                Feria autem VI, die 13 eiusdem mensis et anni, SS.mus D. N . D. IOANNES Divina Providentia Pp. XXIII, in Audentia Em.mo ac Rev.mo D.mo Cardinali Secretario S. Officii concessa, relatam Sibi Em.morum Patrum resolutionem adprobavit et publicari iussit.

                Datum Romae, ex aedibus S. Officii, die 5 ianuarii 1960.

                Sebastianus Masala, Notarius

 

 III.2 MOTIVAZIONI DELLA MESSA ALL'INDICE: IL POEMA DELL'UOMO DIO CONSIDERATO UNA VITA DI GESU' MALAMENTE ROMANZATA, NELL' OSSERVATORE ROMANO DEL 6 GENNAIO 1960

(Crf. sopra il Commento al brano che segue: si spiegano i motivi della soprastante  Messa all'Indice, infatti tale messa all'Indice e sua Spiegazione, apparvero entrambi nell'Osservatore Romano del 6 gennaio 1960)

                 In un'altra parte del nostro giornale è riportato il decreto del S. Offizio con cui viene messa all'Indice un'opera in quattro volumi, di autore anonimo (almeno in questa stampa) edita all'isola del Liri.

                Pur trattando esclusivamente d'argomenti religiosi, detti volumi non hanno alcun Imprimatur, come richiede il Canone 1385 § 1 m. 2 C.I.C.

                L'editore in una breve prefazione scrive che l'Autore, "A somiglianza di Dante ci ha dato un'opera in cui, incorniciati da splendide descrizioni di tempi e di luoghi, si presentano innumerevoli personaggi i quali si rivolgono e ci rivolgono la loro dolce o forte o ammonitrice parola. Ne è risultata un'opera umile ed imponente: l'omaggio letterario di un dolorante infermo, al Grande Consolatore Gesù" .

                Invece ad un attento lettore questi volumi appaiono nient'altro che una lunga, prolissa, vita romanzata di Gesù.

                A parte la vanità dell'accostamento a Dante e nonostante che illustri personalità (la cui indubbia buona fede è stata sorpresa) abbiano dato il loro appoggio alla pubblicazione, il S. Offizio ha creduto necessario metterla nell'Indice dei libri proibiti.

                I motivi sono facilmente individuabili da chi abbia la certosina pazienza di leggere le quasi quattromila pagine di fitta stampa.

                Anzitutto il lettore viene colpito dalla lunghezza dei discorsi attribuiti a Gesù e alla Vergine SS.ma; dagli interminabili dialoghi fra molteplici personaggi che popolano quelle pagine.

                I quattro Vangeli ci presentano Gesù umile, riservato; i suoi discorsi sono scarni, incisivi, ma della massima efficacia. Invece in questa specie di storia romanzata, Gesù è loquace al massimo, quasi reclamistico, sempre pronto a proclamarsi Messia e Figlio di Dio e ad impartire lezioni di teologia con gli stessi termini che userebbe un professore dei nostri giorni.

                Nel racconto dei Vangeli noi ammiriamo l'umiltà  ed il silenzio della Madre di Gesù; invece per l' Autore (o l'Autrice) di quest'opera, la Vergine SS.ma ha la facondia di una moderna propagandista, è sempre presente dappertutto, è sempre pronta ad impartire lezioni di teologia mariana, aggiornatissima fino agli ultimissimi studi di [noti] specialisti in materia.

                Il racconto si svolge lento, quasi pettegolo: vi troviamo nuovi fatti, nuove parabole, nuovi personaggi e tante, tante donne al seguito di Gesù.

                Alcune pagine poi sono piuttosto scabrose e ricordano certe descrizioni e certe scene di romanzi moderni, come, per portare solo qualche esempio, la confessione fatta a Maria da una certa Aglae, donna di cattivi costumi (colI pag. 790 segg), il racconto poco edificante a pagina 887 e segg del I vol, un balletto eseguito non certo pudicamente, davanti a Pilato, nel Pretorio (vol. IV pag 75), etc .

                A questo punto viene spontanea una particolare riflessione: l'Opera per la sua natura e in conformità con le intenzioni dell'Autore e dell'Editore, potrebbe facilmente pervenire nelle mani delle religiose e delle alunne dei loro collegi. In questo caso, la lettura di brani del genere, come quelli citati, difficilmente potrebbe essere compiuta senza pericolo o danno spirituale.

                Gli specialisti di studi biblici vi troveranno certamente molti svarioni storici, geografici e simili. Ma trattandosi di un...romanzo, queste invenzioni evidentemente aumentano il pittoresco e il fantastico del libro.

                Ma in mezzo a tanta ostentata cultura teologica, si possono prendere alcune.. perle che non brillano certo per l'ortodossia cattolica.

                Qua e là si esprime circa il peccato , io Adamo ed Eva, un'opinione piuttosto peregrina ed inesatta.

                Nel vol. I a pag. 63 si legge questo titolo: Maria può essere chiamata la secondogenita del Padre : affermazione ripetuta nel testo nella pagina seguente. La spiegazione ne limita il significato, evitando un'autentica eresia; ma non toglier la fondata impressione che si voglia costruire una nuova mariologia, che passa facilmente i limiti della convenienza.

                Nel II vol. a pag. 772 si legge: "Il Paradiso è luce, profumo ed armonia. Ma se in esso non si beasse il padre, nel contemplare la tutta Bella che fa della Terra un Paradiso, ma se il Paradiso dovesse in futuro non avere il Giglio vivo nel cui seno sono i tre pistilli di fuoco della divina    Trinità, luce, profumo, armonia, letizia del Paradiso, sarebbero menomati della metà" .

                Qui si esprime un concetto ermetico e quanto mai confuso, per fortuna; perché se si dovesse prendere alla lettera, non si salverebbe da severa censura.

                Per finire accenno ad un'altra affermazione strana ed imprecisa, in cui si dice della Madonna: "Tu nel tempo che resterai sulla Terra, 'seconda a Pietro come gerarchia ecclesiastica' "  (il corsivo -tra virgole- è nostro N.d. R.).

                L'opera dunque, avrebbe meritato una condanna anche se si fosse trattato soltanto di un romanzo, se non altro per motivi di irriverenza.

                Ma in realtà, l'intenzione dell'autore pretende di più. Scorrendo i volumi qua e là si leggono le parole "Gesù dice" , oppure "Maria dice", oppure "Io vedo" e simili. Anzi verso la fine del IV volume (pag. 839) l'autore si rivela ...un'autrice e scrive di essere testimone di tutto il tempo messianico e di chiamarsi Maria.

                Queste parole fanno ricordare che circa dieci anni fa, giravano alcuni voluminosi dattiloscritti, che contenevano pretese visioni e rivelazioni. Consta che allora la competente autorità ecclesiastica aveva proibito la stampa di questi dattiloscritti ed aveva ordinato che fossero ritirati dalla circolazione. Ora li vediamo riprodotti quasi del tutto nella presente Opera.

                Perciò questa pubblica condanna della Suprema Sacra Congregazione è tanto più opportuna, a motivo della grave disobbedienza" .

 

 

III.3 LETTERA DEL CARDINAL JOSEPH RATZINGER, 31 GENNAIO 1985

                "Joseph Ratzinger è il Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, nuova denominazione del Sant'Offizio riformato da Paolo VI. Alla suddetta congregazione si rivolge con lettera del 18 maggio 1984, un sacerdote dell'arcidiocesi di Genova, per essere informato sulla posizione della Chiesa in merito all'opera di Maria Valtorta. Risponde personalmente il cardinal Ratzinger con lettera del 31 gennaio 1985, non al sacerdote richiedente ma al suo arcivescovo cardinal Giuseppe Siri, il quale dovrà valutare l'opportunità di informare quel sacerdote. La lettera di Ratzinger rimane tutt'altro che riservata. Riprodotta in fotocopie, dopo la cancellazione dei dati che identificano la persona del sacerdote.., viene diffusa in Italia e nel mondo.." : 

                Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede. Prot. N. 144/58. Roma 31 gennaio 1985.

                Eminenza reverendissima, con lettera del 18 maggio pp, il Reverendo...chiedeva a questa Sacra Congregazione, una chiarificazione circa gli scritti di Maria Valtorta, raccolti sotto il titolo: "Il Poema dell'Uomo Dio", e se esisteva una valutazione del Magistero della Chiesa sulla pubblicazione in questione con il corrispettivo riferimento bibliografico.

                In merito mi pregio significare all'Eminenza Vostra -la quale valuterà l'opportunità di informare il reverendo ...- che effettivamente l'opera in parola fu posta all'Indice il 16 Dicembre 1959 e definita da l'osservatore Romano  del 6 gennaio 1960, "Vita di Gesù malamente romanzata". Le disposizioni del decreto vennero ripubblicate con nota esplicativa ancora su l'osservatore Romano del 1 Dicembre 1961, come rilevabile dalla documentazione qui allegata.

                Avendo poi alcuni ritenuta lecita la stampa e la diffusione dell'Opera in oggetto, dopo l'avvenuta abrogazione dell'Indice, sempre su l'Osservatore Romano (15 Giugno 1966) si fece presente quanto pubblicato su A.A.S. (1966) che, benché abolito, l' Index conservava tutto il suo valore morale, per cui non si ritiene opportuna la diffusione e raccomandazione di un'Opera la cui condanna non fu presa alla leggiera ma dopo ponderate motivazioni al fine di neutralizzare i danni che tale pubblicazione può arrecare ai fedeli più sprovveduti.

                Grato di ogni sua cortese disposizione in proposito, profitto dell'occasione per confermarmi con sensi di profonda stima dell'Eminenza vostra reverendissima.

                Dev.mo Joseph Cardinale Ratzinger .

 

III.4 LETTERA DELL'ARCIVESCOVO TETTAMANZI DEL 6 GENNAIO 1992

                Dionigi Tettamanzi è all'epoca Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana. E scrive al Centro Editoriale Valtortiano (CEV):

                Conferenza Episcopale Italiana. Protocollo N. 324/92. Roma 6 Gennaio 1992.

                Stimatissimo Editore, in seguito a frequenti richieste, che giungono anche a questa  Segreteria, di un parere circa l'atteggiamento dell'Autorità Ecclesiastica sugli scritti di Maria Valtorta, attualmente pubblicati dal Centro Editoriale Valtortiano, rispondo rimandando al chiarimento offerto dalle note pubblicate da l' Osservatore Romano il 6 gennaio 1960 e il 15 giugno 1966 .

                Proprio per il vero bene dei lettori e nello spirito di un autentico servizio alla fede della chiesa, sono a chiederle che in una eventuale ristampa dei volumi, si dica con chiarezza fin dalle prime pagine che le "visioni" e i "dettati" in essi riferiti non possono essere ritenuti di origine soprannaturale, ma devono essere considerati semplicemente come forme letterarie di cui si è servita l'autrice per narrare, a suo modo, la vita di Gesù.

                Grato per questa collaborazione, Le esprimo la mia stima e le porgo i miei rispettosi e cordiali saluti. + Dionigi Tettamanzi Segretario Generale .

 

FINE

 

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