SAN DONATO PATRONO D'AREZZO SECONDO JACOPO DA VARAGINE

(Da: Jacopo da varagine, San Donato (Patrono d'Arezzo) a cura di Pier Francesco Greci, ARX, Fabio Frangipani Editore, 1997, pp. 1-16)

 

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                San Donato fu istruito con l'Imperatore Giuliano che ricevette la carica di sottodiacono. Ma quando giunse al sommo potere, Giuliano fece uccidere il padre e la madre di Donato. Costui fuggì ad Arezzo, presso il monaco Ilario e compì numerosi miracoli.

                Infatti il prefetto della città, che aveva un figlio indemoniato, lo portò alla presenza di san Donato. Cominciò allora a gridare lo spirito immondo: In nome del Signor Gesù Cristo non mi tormentare per forzarmi ad uscire dalla mia dimora . Donato si mise in preghiera e il giovinetto si trovò liberato. 

                Un uomo di nome Eustachio, esattore del fisco in Toscana, dovendo compiere un viaggio, confidò il pubblico denaro alla custodia della moglie Eufrosina. Costei vedendo che la provincia veniva invasa dai nemici, nascose il denaro, dopodiché morì. Il marito al suo ritorno non riusciva a trovare il denaro e già stava per essere condotto con i figli all'estremo supplizio, quando si raccomandò all'aiuto di S. Donato. Il Santo si recò col pover'uomo sulla tomba della moglie e dopo aver pregato esclamò: Eufrosina io ti scongiuro in nome dello Spirito Santo, di dirci dove hai nascosto il denaro . Una voce gridò dal sepolcro: L'ho sepolto nell'ingresso di casa . Dopo qualche giorno il vescovo Satiro si addormentò nel Signore e il clero unanime, elesse vescovo Donato.

                Un giorno mentre il popolo si comunicava durante la celebrazione  della messa, il diacono che distribuiva il Corpo del Signore cadde per la violenta spinta di un pagano e il Calice si ruppe in mille pezzi.

                Donato vedendo il grande dolore del diacono e di tutti i fedeli, raccolse i pezzi del calice, poi si mise in preghiera e il calice tornò nella sua forma primiera. Solo un piccolo pezzo mancava poiché era stato nascosto dal diavolo ed è proprio questo fatto che ancor oggi fa testimonianza del miracolo. I pagani alla vista di tanto portento si convertirono in numero di settanta e ricevettero il santo battesimo.

                Vicino ad Arezzo c'èra una fontana velenosa e chiunque vi bevesse moriva. Allora il beato Donato salì su un asino e si recò là dove sgorgava tale fonte per purificarla con la sua preghiera. Ed ecco che dall'acqua venne fuori un terribile drago che avvolse tra le spire i piedi dell'asino e si slanciò contro Donato. Ma il santo lo percosse con una frusta, o, come altrove si legge, gli sputò in bocca e così lo uccise; dipoi pregò il Signore e il veleno sparì dall'acqua.

                Un'altra volta mentre Donato era in cammino coi suoi compagni, ebbe sete e una fonte sgorgò dal suolo, non appena si fu messo in preghiera.

                La figlia dell'Imperatore Teodosio, era invasata da un demone. Fu condotta da San Donato che le disse: Esci Spirito Immondo e cessa di dimorare in un corpo creato da Dio. E il Demone : Dammi modo di uscire e un luogo dove andare. E Donato : Donde sei venuto ? E il Demone: Dal Deserto. E il Santo : Ritorna là . E il Demone : Vedo in te un segno che spira fuoco contro di me: dammi modo di andarmene e me ne andrò . E Donato: Ecco puoi andartene: torna donde sei venuto. Tutta la casa tremò dalle fondamenta e il Diavolo se ne andò .

                Un tale era condotto alla sepoltura quand'ecco che sopravvenne un uomo, con un foglio in mano, e affermando di essere creditore di duecento soldi che aveva prestato al morto, si oppose a che tale seppellimento avvenisse. La vedova si recò in lacrime da San Donato e gli narrò come quest'uomo avesse da tempo ricevuto l'intera somma. Allora il santo andò dove era stata deposta la bara, prese la mano del defunto e gli disse: Ascoltami . Rispose il morto: Ti sento . Disse il beato Donato: Levati e cerca di sistemare i tuoi affari con quest'uomo che si oppone alla tua sepoltura . Il morto si alzò, dimostro a tutti che aveva pagato il debito, strappò il foglio che il falso creditore teneva in mano, poi disse a San Donato: Fa che riprenda il mio sonno. E quello : Figlio riposa in pace !

                In quel tempo accadde che per tre anni consecutivi non cadesse una goccia di pioggia onde ne venne una si terribile carestia che gli infedeli si recarono dall'Imperatore Teodosio e gli chiesero la morte di Donato accusandolo di arti magiche. Allora Donato uscì di casa, si mise in preghiera e subito cadde una pioggia abbondante che inzuppò le vesti degli astanti lasciando all'asciutto solamente il santo.

                Più tardi quando i Goti invasero l'Italia e i cristiani rinnegavano la loro fede, il prefetto Evadraciano fece imprigionare i santi Donato e Ilario che gli avevano rimproverato la sua apostasia. Gli ordinò di sacrificare a Giove; poi infuriato per il loro rifiuto, ordinò che Ilario fosse battuto fino all'ultimo sangue e che Donato fosse chiuso in carcere e poi decapitato.

 

FINE

 

APPENDICE: DOPO LA DECAPITAZIONE IL CRANIO FU CONSERVATO NELLA PIEVE DI SANTA MARIA E IL RESTO NELL'ARCA DEL DUOMO

          Dopo la decapitazione le due parti del corpo di San Donato subirono una sorte curiosa: non vennero mai riunite nello stesso sacello. 

                Infatti mentre il suo cranio è conservato nella Pieve disanta Maria Assunta, le sue membra sono venerate nella sontuosa arca marmorea che funge da altar maggiore in Cattedrale.

                La ragione di questa separazione viene spiegata da una narrazione tramandata oralmente per secoli e secoli ed a me giunta per bocca di popolani; una bella storia per altro non suffragata da alcun documento, ma che rivela come la fede popolare tenda a supplire la mancanza di certezze con interpretazioni verosimili.

                Si indicò dunque il luogo in cui il santo vescovo Donato subì il martirio sugli spalti della rocca che sorgeva al sommo del colle sulle cui pendici si estende la città di Arezzo, segnato oggi da un'edicola di moderna fattura.

                La testa spiccata dal busto, cadde sul pendio sottostante ruzzolando poi fino al piano, e lì si fermò .

                Raccolta da un solfato essa venne riportata presso il corpo giacente sul luogo dell'esecuzione.

                Ma ...  non appena fu posta presso il mozzato collo, come spinta da una mano invisibile, precipitò nuovamente dallo spalto e , rimbalzando per la strada, andò a fermarsi proprio dove s'èra fermata prima.

                Il prefetto Evadraciano fece un cenno, ed un altro soldato si precipitò per la discesa. Recuperò la testa e la riportò al luogo del supplizio. 

                Gli astanti schierati lungo la via presso la piazza del mercato guardavano fra l'inorridito e l'attonito quanto accadeva.

                E la testa per la terza volta riprese quella che ormai pareva la sua strada.

                Già tutta la città era al corrente dei miracoli compiuti in vita dal santo vescovo. La massa di spettatori accorsa allo spettacolo del supplizio levò un grido unanime. Tutti intesero che il giustiziato volesse esprimere la sua ultima volontà, quella che la sua testa restasse nel luogo dove lui aveva battezzato tutti coloro che si erano condotti alla fede nel Cristo.

                Così mentre le spoglie mortali del santo venivano portate verso il cimitero del Pionta per esservi inumate, la sua testa venne trattenuta e celata per anni da colore che erano già credenti e da coloro i quali convinti da tanto prodigio credettero in quel giorno.

                Quando le persecuzioni finirono e l'editto di Costantino venne integralmente applicato, i cristiani di Arezzo edificarono, sul luogo indicato dall'ultimo miracolo di san Donato, la grande chiesa del popolo dei credenti: la Pieve d'Arezzo. Sul luogo in cui riposava il corpo, sorse invece la cattedrale del Pionta orgoglio della Chiesa aretina e grande deposito di una tradizione culturale che si impose per secoli al rispetto dei sovrani e dei papi. Questo straordinario monumento venne abbattuto nel 1560 dalla emergente potenza fiorentina al solo scopo di privare della propria identità una città che era già grande mille anni prima che sorgesse Firenze.

 

Pier Francesco greci    

 

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