Da : Cardinal Angelo Bagnasco, presidente CEI, in : totustuus.net , 20-1-09
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Questi mesi estivi sono stati segnati dalla vicenda di Eluana Englaro, la giovane lecchese che, per un incidente stradale occorsole sedici anni fa, vive in stato vegetativo conseguente a un coma da trauma cranico. La partecipazione commossa alla sorte di questa giovane, la condivisione e il rispetto per la situazione di sofferenza nella quale versa la famiglia, sono i nostri primi sentimenti. È una condizione, quella di Eluana, che peraltro interessa circa altri due mila nostri concittadini sparsi per il territorio nazionale. Per loro e le loro famiglie, come pure per altri malati gravemente invalidati, è necessario un efficace supporto da parte delle istituzioni.
Non è questa la sede per richiamare l’iter abbastanza complesso che, rendendo questo caso emblematico, ha nel contempo evidenziato la nuova situazione venutasi a determinare in seguito a pronunciamenti giurisprudenziali che avevano inopinatamente aperto la strada all’interruzione legalizzata del nutrimento vitale, condannando in pratica queste persone a morte certa.
Si è imposta così una riflessione nuova da parte del Parlamento nazionale, sollecitato a varare, si spera col concorso più ampio, una legge sul fine vita che – questa l’attesa − riconoscendo valore legale a dichiarazioni inequivocabili, rese in forma certa ed esplicita, dia nello stesso tempo tutte le garanzie sulla presa in carico dell’ammalato, e sul rapporto fiduciario tra lo stesso e il medico, cui è riconosciuto il compito – fuori da gabbie burocratiche − di vagliare i singoli atti concreti e decidere in scienza e coscienza.
Dichiarazioni che, in tale logica, non avranno la necessità di specificare
alcunché sul piano dell’alimentazione e dell’idratazione, universalmente
riconosciuti ormai come trattamenti di sostegno vitale, qualitativamente diversi
dalle terapie sanitarie. Una salvaguardia indispensabile, questa, se non si
vuole aprire il varco a esiti agghiaccianti anche per altri gruppi di malati non
in grado di esprimere deliberatamente ciò che vogliono per se stessi.
Quel che in ultima istanza chiede ogni coscienza illuminata, pronta a riflettere
al di fuori di logiche traumatizzanti indotte da casi singoli per volgersi al
bene concreto generale, è che in questo delicato passaggio – mentre si evitano
inutili forme di accanimento terapeutico − non
vengano in alcun modo legittimate o favorite forme mascherate di eutanasia, in
particolare di abbandono terapeutico, e sia invece esaltato ancora una volta
quel favor vitae che a partire dalla Costituzione contraddistingue
l’ordinamento italiano.
La vita umana è sempre, in ogni caso, un bene inviolabile e indisponibile, che
poggia sulla irriducibile dignità di ogni persona
(cfr Benedetto XV, Discorso di saluto e accoglienza ai giovani, Sydney, 17
luglio 2008), dignità che non viene meno, quali che
siano le contingenze o le menomazioni o le infermità che possono colpire nel
corso di un’esistenza. Alla luce di questa consapevolezza iscritta nel
cuore stesso dell’uomo, e che non è scalfibile da evoluzioni scientifiche o
tecnologiche o giuridiche, noi guardiamo con fiducia alle sfide che il Paese ha
dinanzi a sé, sicuri che il nostro popolo − con l’aiuto del Signore − saprà
trovare le strade meglio corrispondenti alla sua voglia di futuro e alla sua
concreta vocazione.
Cardinal Angelo Bagnasco
FINE
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