LA FEDE DEL

CATTOLICO COMUNE E' SEGNATA DAL CARATTERE INDELEBILE DELLA INTREPIDEZZA

15-6-06

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Note

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                Facciamo l'ipotesi che tutto il mondo, il Papa compreso, si metta a negar Cristo e finanche tutta la fede cattolica, fin qui predicata e sviluppata dalla  tradizione .
                Facciamo l'ipotesi che sulla terra rimanga fedele a quella fede e a quella tradizione, un solo uomo : uno solo contro tutti; un semplice  e comune ometto , diritto e asmontabile, di fronte a una moltitudine impazzita, Papa e clero e chiunque altro avverso, compresi .

                Orbene in un caso simile (un caso limite con scarza possibilità di precedenti), si misurerebbe al meglio la forza e la schiettezza integrale della fede di quell' unico, che possiamo chiamare per nostra comodità discorsiva, Intrepido.

                Credo, tuttavia che un uomo simile a questo Intrepido ipotizzato, per quanto sia raro e impossibile ad ammettersi,  sarebbe massimamente gradito a Dio, e del tutto incompreso dagli abitanti del mondo, visto che abbiamo detto essergli avversi .

                Infatti Dio desidera la intrepidezza della fede, perché la sua santità infinita, per dimostrarsi con frutto adeguato o insegnativo visibile anche alle creature, ha bisogno sia del desiderio infinito che del divino, scritti naturalmente o soprannaturalmente nelle medesime creature; e questo desiderio infinito quale premessa e quale invito d'amore, lo può dare solo la fede .

                A questo punto dobbiamo chiederci se un uomo simile a Intrepido, un caso limite, ma allo stesso tempo magistralmente gradito a Dio, quale onnipotenza naturale e soprannaturale dell'esistente con una sua antropologia naturale e soprannaturale, sia mai esistito o potrà esistere in futuro .

                La risposta è che, essendo un tale uomo gradito ai desideri più profondi di Dio, o è già esistito in passato o dovrà esistere in futuro. Ma noi uomini di questa epoca, siamo fortunati rispetto al passato,  perché possiamo precisare e vedere e persino credere con la testimonianza della storia maggiore (cioè non solo quella prodotta da un numero maggiore di secoli, ma anche quella letta al contempo alla luce del Cristo), che quell'uomo è invero storicamente esistito.

                Intrepido è esistito, e ha un nome preciso: Gesù Cristo :

                egli infatti, nell'ora suprema della passione, venne abbandonato da tutti, si trovò completamente solo di fronte al male soverchiante, mentre i suoi apostoli si disperdevano e la sua povera mamma, nemmeno poteva alzare un dito in sua difesa, altrimenti avrebbero assalito pure lei .

                Gesù ,  in quanto uomo e come nessuno uomo, non solo conobbe  l'intrepidezza della fede, ma per così dire, la visse per primo al completo, nella storia :

                infatti per un certo periodo della sua passione, fu l'unico santo contro tutti, l'unico innocente contro schiere di colpevoli, l'unico giusto contro il resto di malvagi o apostati o smarriti. La sua fede da uomo nuovo, fu dunque di una intrepitudine nuova, completa, santa, e pertanto massimamente gradita a Dio; si che viene detto che per questo, per la sua fede e il suo generale comportamento meritevole e aggiungiamo noi intrepido, lo stesso Dio, il Padre suo, Dio come lui, lo risuscitò dalla morte datagli dai peccatori.

                La resurrezione di Gesù dunque segnerà  un' epoca nuova, nutrita dalla Grazia santificante nel mondo. Ne consegue che anche la intrepidezza della fede, non può non partecipare della virtù della stessa grazia santificante, e anzi, devesi invero supporre, che ne sia uno dei primi effetti .

                Così questa intrepidezza, prima massimamente data come esempio dal Cristo, poi sigillata dal suo sangue e infine confermata e nutrita dagli effetti della Resurrezione dalla morte, non è più patrimonio esclusivo dell'Intrepido unico, cioè di un uomo solo, dell'Uomo-Dio solo, ma diventa possibilità collettiva di tutti i credenti sinceri, in Cristo Risorto .

                La fede intrepida, i cui effetti pur visibili, possono tuttavia smuovere le montagne e andare oltre l'evidenza della vita e della morte, per i meriti di Cristo e della sua Grazia, è potenzialmente tuttoggi patrimonio quotidiano e prioritario di tutti i cattolici, e perciò, anche del cattolico comune, che non è frate, non è prete, non è vescovo, non è né Papa né cardinale, ma è soltanto cattolico, soltanto cristiano; è semplicemente amico di Cristo, vivendo secondo i suoi comandi .

                C'è dunque da chiedersi perché se l'intrepidezza è un carattere costituzionale della fede cattolica, oggi sembra mancare in modo eccessivo rispetto al dovuto e al naturale, almeno nei paesi ricchi del mondo . Ebbene la risposta è dopotutto semplice: sembra mancare perché viene esercitata di meno nella vita quotidiana, ove altre fedi e credenze spesso vi si sostituiscono più o meno strisciantemente o publicamente . Cinonostante a me sembra che l'origine prima di questa mancanza o apparente penuria di intrepidezza, sia non tanto il perseguire altre credenze dal cattolicesimo, quanto l'esercizio ipocrita della fede cattolica : cioè il dire che si è cattolici quando si va alla messa o ci si sposa, ma il non esserlo realmente quando si vive e si lavora per vivere durante il giorno e si riposa per meglio vivere domani, durante la   notte .

                Tuttavia va da se che se la fede intrepida è patrimonio naturale o comune dei semplici credenti, quanto più sarà patrimonio comune di coloro che presiedono i medesimi credenti, cioè gli ecclesiastici.

                          Infatti, checché se ne possa dire del clero, è un dato di fatto, che anche nei casi peggiori e più pietosi, quando per esempio cadono pure costoro nell'errore o nel peccato, tuttavia, anche allora, molto più difficilmente di altri che ecclesiastici non sono, anche allora dicevo, gli uomini di Chiesa dimostrano il più delle volte, una superiore capacità di fede :

                          riconoscono per esempio, con più intensità la gravità dell'errore, si caricano di maggiore energia di pentimento, usi forse a certo ascetismo, più esperti della debolezza e della virtù umana, sanno meglio espiare o far penitenza, rispetto ai semplici fedeli; di fronte alla sofferenza inoltre, gli ecclesiastici sopportano meglio e con maggior fierezza; e di fronte al pericolo, hanno più fermezza e sangue freddo e se provocati dagli eventi, possono dimostrare una lucidità e una sapienza dei fatti, sorprendente (specialmente dal lato della valenza di bene o male degli stessi fatti), nonostante l'intralcio del loro errore o peccato eventuale, che sono sempre possibili, perché non ancor santi, ecc. .

                          A me sembra, che questi meriti della fede degli ecclesiastici, nonostante la base comune della intrepidezza della fede cattolica (che come abbiamo visto sopra, è potenzialmente requisito di tutti i fedeli) dipendano dalla gratuita sovrabbondanza della grazia santificante che proviene direttamente dal sacramento dell'Ordine. In conclusione, gli effetti di questo sacramento, operano in loro e a beneficio publico, anche in seguito all'errore e al peccato nei quali possono umanamente o colpevolmente incappare .

 

FINE

 

 

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