Potremmo chiamarla l’economia del terzo millennio; o meglio dell’esordio del terzo millennio. Essa si caratterizza per alcuni aspetti nuovi e per altri antichi.
I nuovi sono la globalizzazione, il taglio neoliberista dato ad essa, per cui si finisce per identificarla come un neoliberismo globale; sebbene abbia premesse che la possono qualificare anche mediante altre correnti di pensiero e modi di conduzione dell’economia (dottrina sociale della Chiesa; conciliazione con il welfare ; neomarxismoliberismo cinese e quello in riflusso ovunque….).
Gli antichi sono gli attuali periodi di recessione, l’inflazione, il costo della vita, la disoccupazione collegata alla precarietà … . Il tutto nel quadro della scarsa potenza degli Stati che sebbene corrano ai ripari, tuttavia li senti parlare troppo spesso dell’economia e del Mercato come di un sistema che ha si delle leggi ma anche, ahimè, degli umori, e proprio per questo miscuglio di leggi e umori, questo sistema non è sempre controllabile al meglio, nonostante le buone misure statali, antidisfunzione.
In questo contesto nuovo e antico insieme, si muove l’Imprenditore moderno; il quale, sa che non può mancare di mestiere se non vuole essere eliminato dalla concorrenza; sa che la lungimiranza e certa spigliatezza antiscrupolo (rischio economico) sono necessari, talvolta decisivi; sa che per arricchirsi ci sono diversi modi, ma spesso, calpestare qualcuno, è la via più breve tuttoggi, almeno in apparenza…. . L’imprenditore moderno sa questo e molto altro. Non è dunque uno sprovveduto e ha delle potenzialità .
Ciononostante ha anche delle debolezze che l’imprenditore antico non aveva e che sarebbe bene che il moderno homo oeconomicus, recuperasse. Quali sono gli aspetti perduti, eppure vitali ?
Per rispondere basta leggere la storia dell’economia. Questo compito lascio dunque agli storici. Ma tra tutti gli aspetti perduti, ce n’è uno che nessuno sembra localizzare enfaticamente come meriterebbe e che è il principale: si tratta della fede in Dio.
Rispetto al passato, l’imprenditore moderno sa credere nel mercato, ma non sa più credere con efficacia nell’esistenza di Dio, le sue risposte, i suoi aiuti, la sua presenza misteriosa e insieme vitale, capace di cambiare la qualità della vita e la direzione stessa del progresso. L’imprenditore moderno al pari di certo umanesimo, dimentica con certa frequenza, anche quando dice essere credente, che l’uomo è natura e insieme sopranatura; che è corpo e insieme anima; che l’intelligenza e l’azione umana possono essere soltanto umane (cioè sole) o umane in compagnia di Dio.. (cioè con Dio). Dimentica che tutto questo non può non avere anche un riflesso decisivo sulla sua conduzione economica.
Uno di questi riflessi che discendono dalla mancanza di Dio nelle scelte imprenditoriali, è l’assenza pressoché totale della fede nella Provvidenza. Gli operatori del mercato, gli Imprenditori, sono persone ipersensibili ai segnali del mercato stesso onde lo sorvegliano e se possono intervengono di persona o con le associazioni di categoria. Ma non si sanno togliere la preoccupazione delle cose e andamenti futuri, per un solo attimo. Essi vivono nell’ansia e nella preoccupazione del domani. E lo fanno in modo eccessivo, comunicando al popolo (che invece, per prosperare e produrre bene, abbisogna di tranquillità più di quanto ne abbisognino gli imprenditori stessi) allarmi, talvolta ingiustificati. Però diversa fermezza avrebbero i nostri imprenditori, se sapessero credere abbastanza, oltre che nel mercato e nella competenza, anche nella Provvidenza.
Altro riflesso o conseguenza della mancanza di fede in Dio, è la fantasia e il coraggio sempre più assenti o scadenti. Da dove ricavo una simile constatazione? La ricavo dai seguenti fatti. Di fronte alla crisi, in parte determinata dal fatto che in effetti alcune parti del mondo producono con minor costi e hanno economie emergenti, la risposta degli Italiani, Europei dell’Ovest in particolare, è preponderantemente la seguente: 1. spostare le fabbriche nei paesi lowcost, cioè dove la manodopera costa meno e l’economia cresce di più; 2. copiare il sistema ademocratico del terzo mondo : siccome il cosiddetto primo mondo si sente ed è in concorrenza con quello emergente secondo o terzo che sia, e siccome manca di fantasia e soluzioni, strisciantemente quanto tacitamente, si è da tempo deciso che l’unico modo per competere, è tornare alla schiavizzazione della forza lavoro, cioè cavalcare la precarietà, eliminare i contratti indeterminati, ricevere un alto numero di manodopera immigrata non tanto per integrarla come si dice, quanto per sfruttarla come si fa , in effetto quotidiano.
Ne consegue che allo stato attuale, non è più il primo mondo democratico e ricco che funziona da sostanziale modello economico, ma è il mondo secondo o terzo, ademocratico e in fase d’arricchimento (ancora sottosviluppato rispetto a noi), e ciononostante invidiato e preso come tacito modello di sviluppo dall’ imprenditoria confusa e indebolita, apostata di Dio, del primo mondo.
In questo contesto si può capire come la Cina sia ritenuta una potenza economica da invidiare e da investire, ma non tanto da rimproverare e educare o migliorare; onde essa anziché guardare al meglio, al contrario può con orgoglio proporre il peggio, cioè può fare le Olimpiadi non tanto per amor di pace e godimento sportivo ma per pretendere di dettar legge al mondo; per pretendere di zittire tutti, se gli si rimprovera per esempio, l’incompatibilità di una festa di pace e agonistica, olimpica, con i banchetti di cannibalismo barbaro, tipo l’eccidio del Tibet, le innumerevoli condanne a morte, la neoschiavizzazione della forza lavoro, la quale stretta dal gioco tra domanda e offerta, viene poi emaciata definitivamente dalla dittatura comunista, in fatto di diritti umani e libertà di pensiero e di vita.
In conclusione, i nostri imprenditori, senza Dio, hanno perso la consapevolezza della loro superiorità . Senza Dio, non sono in grado di reggere la concorrenza con gli emergenti, se non copiando l’ademocrazia degli stessi. Essi non sanno più riflettere che l’emergenza contingente di una parte del mondo più povero, verrà in futuro fortemente ridimensionata dalla naturale aspirazione alla democrazia, visibile o recondita in tutti i popoli. Quando questa aspirazione, forza santa e rivoluzionaria, diventerà fattore di promozione sociale, calerà del pari l’emergenza e cambieranno anche le regole della competizione. E’ evidente pertanto dove sta la via giusta da percorrere, degna del primo mondo: progredire conservando la democrazia; inventare conservando la giustizia sociale; operare economicamente conservando in ultimo, la compagnia di Dio.
Buone vacanze, e Domenica,
Orlando Metozzi
PS: Come lettura ulteriore : San Donato Patrono d’Arezzo, il 7 agosto era la sua festa.
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