Il mio babbo, un giorno decise di comprare una casa in Arezzo, perché più vicino al luogo di lavoro, nella Forestale. La nuova casa fu ed è l'attuale appartamento, al primo piano di un condominio di sei famiglie. Intorno ci sono altri condomìni, e il muro dell'Ospedale. Ma in mezzo a questo cerchio di fabbricati c'è un orticello, con un pozzo e una capanna; il pozzo è al confine di sinistra, in comune col confinante che non lo usa mai; la capanna è invece unica e addossata al muro dell'Ospedale.
Orbene, in questo ambiente cittadino, avido di benessere, ma indisponibile alla fatica severa della produzione agricola, il mio babbo era l'unico agricoltore in assoluto; e lo era limitatamente all'orto, avendo soltanto quello da coltivare. Mentre gli altri condomini o vicini, pur avendo il loro pezzo di terra, l'avevan coperto di mattoni per paura del fango, o lo lasciavano incolto, per pigrizia cittadina.
Questo orto dunque, circondato com'è dai Condomini, è come un'oasi fresca e produttiva in mezzo al deserto dei mattoni e del cemento. Esso dimostra e ricorda la bellezza del lavoro agricolo, a tutti quei cittadini che l'hanno dimenticata, e manco se ne dolgono tanto, se non ne hanno testimonianza quotidiana.
D'altronde, in questo orto, ci son tutte le componenti per produrre bene: la capacità agricola, la terra, l'acqua, la capanna per riporre gli attrezzi agricoli; e finanche (come aggiunta straordinaria) il publico dei condomini, che dalle finestre, guarda e commenta suo malgrado, tutte le fasi dei lavori; pertanto è esso stesso, un pungolo publico, un incentivo a produrre al meglio, secondo la qualità e l'ecologia.
Nella capanna ci sono dunque tutti gli attrezzi agricoli, tra i quali: la zappa. Di questa si può dire che sembra a prima vista, semplice quanto efficace; ma alla prova dei fatti e del tempo, bisogna riconoscere che invece, è stata ed è tutt'oggi, più efficace che semplice; è tuttoggi negli orti il mezzo più utile ed eroico, e prima del trattore, dettava legge nei campi come nei latifondi.
La zappa può essere abbandonata ritta ai muri o agli alberi; ma ovunque sia, chiama l'uomo al lavoro, s'offre come premurosa dei destini del raccolto, si dichiara più amica dei giovani che dei vecchi, ma senza fare distinzioni d'età o di razza, ama il maneggio umano; la sua punta metallica sempre più lucente e fiera ai raggi del sole, talvolta sembra chiamare a raccolta il mondo intero dei vagabondi: lo chiama in modo accorato e severo; e se quel mondo risponde, la zappa da umile si fa trionfante; se però non risponde, come fa talvolta, la zappa imperterrita, si dà ancor più volentieri ai volenterosi, e fende la torta terrestre, ponendo ad ogni colpo la firma sempre più definitiva, su tutte le sue ragioni, che sempre e comunque, sono le ragioni del lavoro onesto, della fatica ammirabile e meritevole; sono le ragioni di chi ambisce segretamente a lavorare non solo per sé ma anche per quelli che non lavorano essendo impediti da qualcosa di serio: come la vecchiaia, la malattia, la ricchezza eccessiva, la paura della fatica e del sudore o semplicemente di sporcarsi le mani.
Questa zappa, quando è ritta al muro della Capanna del mio orto, o quando l'alzo per colpire la terra, mi chiede mesta, dove sono le mani di colui che ne costruì il manico e la usava con sapienza annualmente: dove sono insomma le mani del mio babbo; essa di sua natura così dura nel legno e ancor più nel ferro, tuttavia si commuove, e vorrebbe quelle mani che più non sono. Ma anche lei quale oggetto domestico, sembra partecipare di una segreta consolazione: sa in fondo che quelle mani e quel corpo son tornati santamente alla terra, e perciò, siccome nella lunga vita mai dettero scandalo o malo esempio, la stessa terra e la stessa zappa, ne inducono assieme ai familiari e a Dio stesso, il giorno definitivo del loro ritorno o resurrezione .
FINE