IL MISTERO DELLA NOSTRA FEDE

(Da: Carlo Maria Martini , Il mistero della nostra fede , VIII° cap. di : Il Natale pur nella tristezza dei tempi, Brescia, Morcelliana 1996; pp.47-51: Omelia del Natale 1989)

 

VAI IN FONDO

Finestra sul Natale

PRECEDENTE

HOME

VAI IN FONDO

 

IL MISTERO DELLA NOSTRA FEDE

 

                              Celebriamo oggi, carissimi fratelli e sorelle nel Signore, il 1989° anniversario della nascita di Gesù di Nazaret. Sappiamo che forse questa data non è del tutto precisa, ma sostanzialmente è ben fissata nel suo quadro storico: si tratta di un evento preciso, inequivocabile, che appartiene alla cronologia di tutti gli altri fatti della terra.

                La nascita è raccontata nella pagina del Vangelo secondo Luca (2, 1-14), che abbiamo ascoltato, e comprende due momenti.

                In un primo momento sono espresse le coordinate storiche, umane, visibili, quelle che sono comuni a tutte le altre nascite che sono avvenute, avvengono e avverranno sulla terra.

                Il secondo momento, invece, esprime il significato particolare di questa nascita.

 

Le coordinate storiche della nascita di Gesù

                Il contesto politico nel quale è nato Gesù è quello dell'impero romano nel momento della sua grande espansione e unità, sotto l'imperatore Cesare Augusto. Ottaviano Augusto ha cominciato a regnare nel 29 a.C., è stato proclamato Augusto, cioè altissimo, divino, nel 27 a.C. e ha regnato fino al 14 d.C. L'orizzonte politico della nascita e dei primi anni di vita di Cristo è l'orizzonte di questo imperatore di cui la storia ricorda il nome, le gesta, gli eventi.

                Nell'ambito di tale contesto si situa poi un quadro amministrativo più ristretto, il quadro della Siria e della Palestina di quel tempo, nel quale si compie un censimento. Un fatto di tipo fiscale, quali se ne fanno ancora oggi. E, restringendo di più il fuoco dell'attenzione, troviamo una piccola città antica, dal nome famoso, Betlemme, città di origine della grande dinastia di Davide che aveva regnato per molti secoli in Israele. In questa piccola cittadina, infine, c'è una famiglia, un uomo e una donna, Giuseppe e Maria. La donna è un poco preoccupata perché è incinta e non trova un posto per alloggiare; siamo ancora nella serie dei fatti che accadono nelle emigrazioni, quando la gente è senza casa, senza un tetto. Allora la donna dà alla luce il bambino in un luogo destinato a stalla per gli animali.

                Tutto questo potrebbe essere un semplice evento di cronaca, con la sua collocazione politica, amministrativa, geografica, familiare, molto semplice, precisa, senza nulla di straordinario se non il caso doloroso di povertà, di solitudine, di persone che non hanno avuto nessuno che le accogliesse in un momento di necessità.

 

Il significato dell'avvenimento

                Ma su questo racconto scende la luce che dà significato all'avvenimento e lo pone al centro di tutta la storia umana. Chi sono gli interpreti di tale avvenimento?

                Sono gli angeli, coloro cioè che manifestano all'uomo il mistero di Dio e la sua volontà, coloro che sanno capire le dimensioni ultraterrene, divine della nostra vita, dimensioni che spaziano al di là di ciò che possiamo vedere e capire.

                Questi angeli incominciano a interpretare il significato ultimo di questo evento a partire, ancora una volta, da un contesto evidente, immediato: un contesto di campagna, di pastori, che custodiscono il gregge nelle colline brulle e desolate intorno a Betlemme, che stanno a segnare l'inizio del deserto di Giuda. Da questi pastori incomincia l'interpretazione del significato inaudito, incredibile del fatto.

                Quali sono le coordinate soprannaturali di questo fatto? Anzitutto, la rimozione del timore: «furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro: 'Non temete!'». Il timore è la caratteristica degli eventi che non sappiamo padroneggiare perché abbiamo paura che siano infausti, che contengano delle trappole per noi, delle minacce.

                In secondo luogo, la gioia grande. Gioia più grande  -diceva Isaia nella prima lettura-  di quella che si canta nei giorni di vittoria, quando si divide il bottino; gioia indicibile, e gioia di tutto il popolo. La radice di tale gioia sta in questo: «Vi è nato nella città di Davide un Salvatore che è il Cristo Signore...».

                Dunque, la gente, l'umanità, il popolo, la storia hanno trovato finalmente il loro punto di riferimento, il loro leader, hanno trovato colui che salva, che ci tira fuori dall'angoscia, dal male, dalla guerra, dall'odio, dalla violenza, dalla morte.

                Hanno trovato la speranza che la vita abbia un senso, che sia più bella degli eventi singoli che noi viviamo, sopratutto più bella degli eventi dolorosi che continuamente costellano il cielo della nostra esistenza. È veramente bello vivere, guardare al futuro, perché c'è un Salvatore, il Cristo Signore, nel quale ogni nostra speranza diviene realtà e  diverrà realtà. Noi siamo più soli e smarriti, ma c'è uno che si prende cura di noi, il Messia, l'inviato da Dio, colui che Dio ha deputato per salvare l'umanità.

                Il discorso si allarga a dimensioni cosmiche, eterne. E poi ritorna subito alle dimensioni minuscole della vita quotidiana: «Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce...» . Siamo di nuovo nella piccolezza, anzi nella povertà, perché un bambino avvolto in fasce non è un segno particolarmente distinguibile; in quel momento a Betlemme ci saranno stati molti bambini avvolti in fasce. Ma il segno si specifica come segno di vita sofferta, povera: «avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia».                 

                Questa pagina di rivelazione congiunge dunque i più alti misteri dello infinito Dio con le più semplici esperienze della fragilità umana e della povertà.

                Proprio perché i pastori non si smarriscano di fronte all'inaudito rapporto tra l'Infinito e il finito, tra l'eterno e il temporaneo, tra la ricchezza senza limiti e la povertà più dolorosa, una moltitudine di testimoni dall'alto lodano Dio cantando: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama,.. Sono testimoni credibili, per i quali la non rilevanza di un piccolo segno diviene rilevanza, evidenza, volontà di accoglienza

 

Il Natale oggi

                Così noi ricordiamo ciò che è stato vissuto 1989 anni fa e ciò a cui siamo chiamati: anche noi dobbiamo vivere questa singolare mescolanza di terra e di cielo, di causalità fisiche predeterminate e di amore sconvolgente, di oscurità e di luce, di sussurro appena accennato e di voce che grida dall'alto.

                È il mistero della nostra fede, che noi proclamiamo come cristiani: nelle cose piccole si rivelano quelle grandi, nella piccola ostia è presente il Figlio di Dio, nel calice è presente il sangue di Gesù, nella comunione eucaristica che riceviamo , Dio ci abbraccia e ci viene incontro, nella malattia che ci fa soffrire e nella morte che ci spaventa c'è la presenza misericordiosa del Figlio di Dio che ci invita a entrare con lui nel suo Regno.

                In tutte le circostanze, anche fastidiose, della vita quotidiana, attraverso le incomprensioni, le malattie, la ripetitività e la monotonia della vita, c'è sempre l'aspetto dell'amore, della gioia, dello Spirito Santo, dell'apertura del cuore.

                La scorza che chiudeva il mondo come nel buio si è spaccata, la luce di Dio è penetrata in tutte le realtà, in ogni meandro dell'esistenza umana. Così noi possiamo vivere una vita diversa, più alta e più degna di figli di Dio, grazie all'evento di 1989 anni fa, che riviviamo come se avvenisse adesso, perché adesso nasce per noi nell'Eucaristia, nella Parola, nella grazia dello Spirito Santo, Gesù bambino; nasce nei nostri cuori, nelle nostre famiglie e nella nostra Chiesa, per nascere nella nostra città, nel nostro mondo occidentale inquieto, speranzoso, alla ricerca di una nuova libertà di espressione, di una nuova fraternità tra i popoli, di una nuova pace. Nasce per questa Europa la parola di speranza: «Ecco vi è nato oggi un Salvatore che è il Cristo Signore».

                Donaci, o Padre, di accogliere il tuo Figlio che nasce per noi con la semplicità dei pastori, con la gioia di Maria, con l'umiltà di Giuseppe, con l'attenzione e la ricerca dei magi, con l'amore con cui i primi e le prime credenti lo hanno accolto, perché anche nella nostra vita il miracolo del Natale si rinnovi e splenda su di noi la stella della speranza della beata immortalità che oggi ci è stata rivelata e che si manifesterà un giorno al termine di questa nostra storia, quando tutto riceverà il suo senso e ogni cosa avrà il suo posto e la sua pienezza nella gioia del regno di Dio

 

FINE

 

TORNA SU

Finestra sul Natale

PRECEDENTE

HOME

TORNA SU