(Da : Teresa D’Alessandro, Giuseppina Maccalli, in Luce e Amore n.4, 2008)
Maria Motta (Rosario di Santa Fè -Argentina- 14 maggio 1877 / Milano 1950 )
LA PERSONALITA' DI MARIA MOTTA
(Teresa d'Alessandro)
Non è senza emozione che ho accolto l’invito di ricordare la figura della nostra fondatrice Maria Motta.
Più che ricordare la sua biografia desidero sottolineare qualche aspetto che caratterizza la sua personalità di donna pienamente realizzata, laica impegnata e apostola operosa.
DONNA REALIZZATA
Sappiamo che ogni persona, ha bisogno, per realizzarsi, di amare e di essere amata.
Maria Motta, ha avuto la fortuna di nascere in una famiglia ricca di valori umani e cristiani.
Fin dall’infanzia è stata circondata di cure affettuose e di attenzioni, per cui la sua personalità si forma e si sviluppa in un ambiente sereno e ricco di calore umano.
Certamente, anche lei ha dovuto lottare per raggiungere quella maturità umana e spirituale che la caratterizza, impegnando tutte risorse disponibili: il sostegno dei familiari, le sue doti naturali: coraggio, forza di volontà, intraprendenza; in particolare la sua grande fede l’aiutò a superare, gradualmente, il dramma della sua cecità, fino ad arrivare ad una accettazione responsabile e a farne un mezzo di ascesi personale, un'offerta generosa, in unione alle sofferenze di Cristo, per la salvezza di tutti gli uomini.
Il tempo trascorso nell’Istituto dei ciechi di Milano, ha contribuito a rafforzare questi sentimenti; anche lei ha dovuto superare il distacco, la separazione dalla famiglia, ma lungi dal ripiegarsi su se stessa, ha saputo riversare l’amore ricevuto, prima sulle compagne, poi sulle sue allieve che vedevano in lei, non solo la maestra, ma una sorella maggiore, una confidente, soprattutto, un modello da imitare.
Nello stesso tempo, la sua personalità si fortificava e si arricchiva nell’esercizio quotidiano, fatto di continue relazioni con persone diverse con le quali condivideva la vita di comunità: le piccole gioie, i successi nello studio, il timore per un futuro incerto, i momenti di sconforto e di malinconia; tutti questi aspetti condivisi, contribuivano efficacemente ad approfondire la sua esperienza di donna, di educatrice, di vera maestra di vita.
Al momento di andare in pensione, non ha pensato di godersi finalmente il meritato riposo, ma ha continuato, con maggiore intensità, i rapporti epistolari con le sue allieve, ormai cresciute e disperse un po’ ovunque, in famiglia o in qualche casa di accoglienza.
L’amicizia iniziata con queste persone non poteva interrompersi, non solo perché l’affetto che la legava ad ognuna di loro era sincero, ma soprattutto perché basato sull’amore fraterno, attinto dal cuore stesso di Cristo.
Cosa dava valore e slancio a questo suo impegno? Certamente la sua fede convinta, il suo senso apostolico, il suo amore per la vita e il suo profondo spirito di preghiera.
LAICA IMPEGNATA E APOSTOLA OPEROSA
Maria Motta ha vissuto la sua vocazione laicale, valorizzando prima di tutto la sua professione. Ha svolto il suo compito di insegnante in spirito di servizio, testimoniando con la vita quello che intendeva trasmettere: non solo nozioni, ma valori fondamentali, quali l’amore per la verità, l’amore verso Dio e verso i fratelli.
Dotata di grande sensibilità, ha saputo trasmettere, con l’abbondanza della sua vena poetica, le sue diverse emozioni per le alterne vicende della vita personale, sociale e familiare. Le sue poesie, riflettono il periodo storico in cui sono state scritte: trasmettono l’amore alla famiglia, alla patria, a tutto il creato. Rispecchiano la sua fede profonda, la sua fiducia in Dio, anche quando, a volte, si lamenta della sua impossibilità di poter vedere.
“La fede si rafforza donandola”. Maria, non poteva tenere per se stessa soltanto, i tanti doni ricevuti, doni di natura e di grazia. La sua ansia apostolica la spinge ad allargare gli orizzonti.
Se per lei la fede ha costituito il dono più bello, quello che ha dato senso alla sua vita, perché non farlo conoscere anche alle persone che faticano a credere in un Dio provvidenza, in Dio amore? Soprattutto a quanti spesso sono emarginati e privi di speranza?
La scoperta della Crociata apostolica dei ciechi, sorta in Francia, le dà la spinta decisiva per impegnare tutta se stessa, per far sì che anche in Italia, questo ideale possa raggiungere, il più presto possibile, tanti non vedenti.
L’amore diventa creativo, per cui, Maria Motta inventa mille modi per coinvolgere e sostenere le persone che Dio le affida e di cui lei si sente responsabile.
Cerca collaboratori che l’aiutino a scrivere lettere in Braille, copiare il bollettino bimestrale della Crociata Apostolica dei ciechi. Coinvolge i nipoti a scrivere moltissimi indirizzi; talvolta inserisce piccole offerte nelle lettere per aiutare e sollevare i più disagiati.
Alla base di tutto però pone un profondo spirito di preghiera per alimentare la sua vita interiore: la messa quotidiana, ore di adorazione, senza badare a sacrifici; sostenuta sempre da una speciale devozione al Sacro cuore di Gesù e alla Vergine Immacolata.
Da qui scaturisce la sua forza d’animo per superare le mille difficoltà; al chierico Semenza scriveva infatti: “Non ti preoccupare! Nel lavoro l’anima riposa, nel riposo l’anima lavora. Faremo tutto quello che potremo”. Anche noi oggi siamo chiamati ad accogliere questo monito, per portare avanti, con lo stesso slancio, l’impegno associativo, come farebbe lei stessa, se fosse vissuta ai nostri giorni.
Seguendo l’esempio della nostra fondatrice, crediamo che, se faremo tutto quello che potremo, il Signore porterà a compimento il suo disegno sul nostro movimento, affinché possa continuare a spargere, nel mondo, segni di speranza.
IL RICORDO DI MARIA MOTTA E' ANCORA VIVO IN ME
(Giuseppina Maccalli )
Il ricordo di Maria Motta è ancora adesso in me vivo, anche se dal lontano 1941 sono passati quasi 70 anni. E viva è la ricchezza morale che mi ha trasmesso in quegli anni di guerra quando da bambina davo luce ai suoi occhi per incontrare Dio nella Chiesa parrocchiale di San Rocco. Io allora ero i suoi occhi, oggi lei è la mia Luce spirituale.
Quanta ricchezza morale ho acquistato! Solo avanti nel tempo ne ho potuto scoprire l'immenso valore. La nostra conversazione era basata solo su di una cosa: la preghiera. Mi raccomandava di pregare nel modo più semplice e di non dubitare mai della presenza di Dio che si materializzava in tutta la sua grandezza con la preghiera stessa. "Non dubitare mai", mi diceva, "Dio c'è. Dio esiste e, se umanamente qualche dubbio ti assale, prega, perché è pregando che si impara a pregare bene e ci si rassicura che Dio c'è, che Dio esiste. Non dimenticare, Giuseppina cara, che nostro Signore Gesù Cristo non si sacrificò per nulla sulla croce. E continuava esortandomi: "Prega per la Santa Madre Chiesa, per il Papa, i sacerdoti e, in modo particolare, per i missionari che rappresentano Gesù errante in Palestina".
I miei occhi che per anni ho prestato alla Signorina Maria si sono sempre riempiti della sua luce di infinita bontà che mi accompagnerà con tanta serenità ad incontrarla nel giorno in cui il Signore mi chiamerà.
FINE
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