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Villa Fattoria di Dorna : Oliveto Le Zucche : Il più grande olivo (Foto 6-5-03) |
Nella città dell'agricoltura, nessuna pianta si sente autorizzata a fruttificare abbondantemente, se l'uomo non la coltiva bene, e nel corso dell'anno non distribuisce letame, arature, potature, puliture da spini e alberi del bosco invadente, sostanze antiparassitarie.
Questa è dunque la norma. Ed è ampiamente scontata e nota in tutto il pianeta agricolo.
Vi è però una eccezione alla norma, una vocazione a produrre, anche se l'uomo non esercita l'arte dell'agricoltura. Questa pianta fà le olive, anche se nessuno verrà a raccoglierle; le matura grosse e belle, solo per gli uccelli, solo per l'applauso del solitario venticello che le bacia scuotendole un poco, al limpido sereno delle giornate straordinarie, o sotto il grigio di quelle più ordinariamente invernali e umide. Essa fa le olive, perché fruttificare è la sua missione principale in questa vita, le fa persino distribuite nei succhioni interni alla chioma, cresciuti per mancanza di potatura; le fa sulle cime come sulle discendenze; le fa dove le può fare, fa il possibile per crescerle e darle a chi le vuole, gratuitamente; anzi, s'infiera tutto se dalla strada qualcuno incuriosito, scende dall'auto e si prende la briga di venire sul campo a vedere lo spettacolo: vedrà allora una bellissima pianta in vigore argenteo e signorile, trapunto da mille e mille frutticini verdeporpora, che il popolo chiama olive.
Avete capito dunque chi è costui? Si, direte, è un olivo. Ma più propriamente, sappiate che è l'olivo della Fattoria di Dorna. Una pianta di razza predisposta alla produzione migliore, da secoli di buona coltivazione, e oggi, sebbene momentaneamente abbandonato a se, tuttavia prosegue la sua missione produttiva; invita l'agricoltore a tornare sul campo e a occuparsi di lui; non ci sta ad essere abbandonato, rivuole il suo ruolo importante da produttore di buone olive, presupposto dell'olio toscano più buono che si possa immaginare. E qualora non sia ascoltato, fa da se, si arrangia a concludere a suo modo l'anno agrario; si ritiene pago comunque di nutrire tordi e uccelli, invia messaggi tramite il vento, si dimostra signore distinto e argentato nel paesaggio collinare, onde, lontano da qualsiasi depressione e sconforto a motivo del suo abbandono da parte dell'agricoltura, popola ciononostante orgogliosamente le colline e si dichiara tuttoggi quale ultimo migliore abitante e superstite. Un abitante pieno di salute e di forza, discreto e gentile, che richiama gli uomini a ripopolare la campagna, troppo in fretta e troppo ingiustamente abbandonata.
FINE
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