IL PIANTO DELLE VITI

 

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                                 A marzo, alla vigilia della primavera, le vigne cominciano a risvegliarsi. Sono intorpidite dal sonno invernale; ma ormai non dormono più, e cominciano a succhiare l'acqua dal terreno. Per questo i potatori che attardano, testimoniano il pianto delle viti: quando tagliano il tralcio, l'umidore e delle gocce d'acqua, cadono al suolo.

                Orbene, questa routine della natura, annualmente si ripete, come del resto l'alternanza delle stagioni. E fin qui, tutto  immaginabile e risaputo.

                Quello che invece molti non sanno, è che le viti alla vigilia della primavera, non piangono da sole ma insieme, conversano con la luce del sole, salutano il personale della vigna, e persino piangendo scrivono un loro poema che conferma la stima e la riconoscenza verso gli uomini e verso Dio. Infatti il vignaiolo liberandole dai rami superflui con la potatura e le cure,  le predispone leggere e potenti, a vegetare e a fruttificare nel corso dell'anno.

                Dicevo che piangono insieme: vale a dire, preferiscono bere all'unisono l'acqua dalla terra: provano piacere nel bere insieme, quasi che questo requisito l'avessero imparato dagli uomini, i quali è noto, allegrano compagnescamente intorno a un bicchiere di vino, o in osteria. Tuttavia le viti, sono più discrete, e non bevono mai più del necessario.

                Dicevo che conversano con la luce del sole: ciò avviene quando le gocce si distaccano lentamente dai rami recisi, e i raggi solari che l'attraversano, le trasformano in gemme preziose, diamanti rari. Allora queste gocce cadenti, baciano il suolo, silenti ma piene di gioia, prima di scomparire per sempre. Mentre altre, le sostituiscono in sospensione, lentamente, secondo la musica della primavera che arriva.

                Dicevo che salutano il personale della vigna: la goccia è l'unità o la forma principale dell'acqua in movimento. Le gocce della pioggia, irrigano  il mondo dalla creazione stessa. Le gocce estinguono dunque la sete della terra e delle creature, permettendo ovunque, il prosperare della vita. Orbene chi tra gli operai delle vigne, guarda quell'acqua che la pianta rilascia lentamente, perché intercettata da un taglio che ne ha scoperta l'intimità, viene confermato nella bontà dell'arrivo primaverile; sente che la natura risponde al lavoro umano; ha la prova evidente che l'anno agrario è in decollo, e  un buon raccolto, sarà il premio ambito e giusto, della fatica, che è vero, non mancherà; ma non sarà vana, bensì fruttuosa.

                Dicevo che scrivono un loro poema: infatti, tutte le piante godono di essere accudite dall'uomo, quando le tratta bene e con amore e competenza. La vite però gode ancor più delle altre; essa umile e fragile, si sente e lo è invero, particolarmente bisognosa di aiuto e di sostegno; perciò non solo vien potata prima del risveglio ma anche legata ai pali, onde non cada sopra il suo peso d'uva. La pianta avverte dunque la particolare bontà di questa operazione d'inizio stagione e concentrando con benigna risposta le energie, si predispone a rispondere al meglio, munita di generosità abbondante. E' infatti ambizione naturale della vite, ripagare col centuplo, una data buona opera in suo favore.

                La fisiologia della vite, è dunque contrassegnata dalla generosità e dalla lealtà, se l'ambiente umano e naturale la favoriscono e non la ostacolano. Ne consegue, che tale generosità, essendo alla base della produzione del vino, costituisce un poema fatto di versi che inneggiano alla bellezza delle viti, la quale bellezza è in ultimo, in funzione della vita stessa degli uomini. Non a caso, il vino è anche un simbolo eucaristico, cioè segno visibile della maggiore Grazia invisibile, vale a dire del sangue di Cristo-Dio. 

 

 

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