LA POESIA E' FRUTTO DELLA FATICA DEL BEN VIVERE

24-6-07

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                Il turista, il semplice curioso profano o colto che sia, nobile o infimo, giovane o vecchio, intelligente o meno..., insomma colui che guarda le cose dal di fuori, senza qualche intima partecipazione agli eventi, è una creatura lontana dalla realtà vera che ritiene di percepire: egli mette a fuoco l'estetica, l'abitudine, la geometria dei fatti, ma non la sostanza, il significato più profondo, l'essenza visibile e invisibile dei medesimi fatti.

                Questo tipo di spettatore degli eventi, che per comodità chiamiamo turista, a volte si culla in una specie di estetismo sentimentale, che talvolta giunge a credere poesia, e che sempre e comunque, ritiene la gratificazione del bello e del vero, persino del buono. Egli ritiene altresì di incontrarsi con la poesia. Ma si sbaglia.

                Il regno o il logos della poesia, può parlare tramite l'estetica e la bellezza visibile e immaginabile; ma non si trova nell'estetica o nell'apparenza o nella sola forma, bensì si trova nell'azione e negli eventi della vita stessa; la poesia vera, non è né intuizione, né puro sentimento, ma è totale e complessiva sintesi di vita. Il vero poeta è un esperto del saper ben vivere e ben morire.

                Per questo la poesia non può esser monopolio dei nobili, dei ricchi e tantomeno dei poveri, per questo la poesia non può esser monopolio di nessuno, e allo stesso tempo, può essere , anzi aspira ad essere, patrimonio dell'intera umanità per il bene della medesima.

                La vera poesia scaturisce dunque dalla fatica del buon vivere, del ben vivere. Essa si trova pertanto, nel movimento dell'uomo interiore che va verso l'alto, verso il più nobile, il migliore rispetto al più mediocre e al più basso.

                In questo senso, la nostra epoca è una congiura sistematica (con poche eccezioni) contro la vera poesia, perché si vuol far passare per poesia e arte, per valore poetico, ciò che và verso il mediocre o il basso (violenza, pornografia, sponsorizzazione del disvalore...).

                Il destino attuale della poesia, partecipa dunque, della stessa sorte del genio: diminuisce in qualità, nonostante aumenti il numero delle scuole che insegnano l'arte e l'importanza poetica.

                Bisogna recuperare dunque la seguente consapevolezza: che la poesia è frutto della esperienza di vita, e non una fantasia (nella quale predomina il sentimento, il concetto, l'intuizione ..o quant'altro) che serve a distrarre i turisti o i dilettanti del verso (poeti o lettori che siano). 

                La vera poesia viene durante e dopo l'esperienza, durante e dopo la fatica e il dolore o la gioia che talvolta la stessa esperienza, può comportare per ciascun uomo. La poesia è dunque frutto della fatica, e non tanto della fantasia pura, staccata dal contesto o dalla sintesi della vita quotidiana. 

                In conclusione e a titolo d'esempio, vi è più autentica poesia nell'aratore che ara, che nel turista che lo guarda: perché l'aratore dura più fatica del turista, e pertanto l'animo dell'aratore può esser modellato da una esperienza di vita, quello del turista invece può esser motivato (ma non proprio modellato) soltanto dal guardare una esperienza, senza esser coinvolto nel compierla. L'aratore è uno che beneficia del frutto di una esperienza autentica; il turista invece è uno che beneficia del guardare un altro compiere una autentica esperienza: l'uno vive, l'altro guarda vivere, l'uno crea con fatica, l'altro si limita a guardar creare.

FINE

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