Il sottoscritto ha trovato certa difficoltà a individuare con certezza il giusto iter reintegrativo e legale. Nel dubbio cercavo di consultare l’Archivio Cisl in via Michelangelo 116 ad Arezzo.
Ho pertanto scoperto che molto materiale a detta di Adriano Ghirotto, è stato cestinato. Ciascun settore ha un piccolo archivio personale. Manca un archivio centrale da mettere a disposizione di sindacalisti, avvocati, studenti e cittadinanza .
Voi però m’insegnate che l’esperienza del sindacato è un aspetto importante della propria cultura e di quella del lavoro. Si chiede pertanto che sia ricostituito l’Archivio centrale CISL in via Michelangelo ad Arezzo. Gli iscritti oltre ai sindacalisti hanno diritto al deposito pubblico della loro cultura del lavoro; gettare le carte alla spicciola e alla leggera, non è solo diseducativo e deprimente la competenza possibile del sindacato; ma è invero anche offensivo verso la gente del lavoro , la quale è parte viva della società. Le loro carte, come quella che vi mando, non sono da “gettare” (come si sta facendo in misura e cronologia da verificare) ma da conservare (almeno a Sansepolcro e Arezzo).
Se dunque non ho trovato un Archivio centrale documentato, tuttavia ho trovato buon consiglio (stavolta lo devo dire) da Enzo Fossati: infatti nella circostanza, con difficoltà potevo parlare con l’avvocato Borri Cisl, perché era semiindignato con me avendo scoperto l’ avvocato di mia fiducia , cioè a suo intendere, un rivale.
Il Borri però non ha il diritto di indignarsi perché un cittadino si prende due avvocati; infatti ciò lo permette la legge; e la pretesa di essere difensore esclusivo , sebbene ammirabile per ambizione, è però impropria se non è del tutto meritata:
è evidente che se Paolo ha spesso fretta, rivendica il sabato, le ferie, la sentenza secca e laconica…, l’idea che l’utenza si fa di lui non potrà essere che conseguente, cioè che il Borri merita una fiducia relativa, ma non totale come preferirebbe. Dopodichè lamentarsi di ciò, significa essere orientati più al pensiero provinciale che alla longimiranza universale.
Tutti i professionisti devono regolare la marcia della loro professione, alle esigenze del pubblico; e ciò è fisiologico; infatti pretendere il contrario, cioè che l’utenza si adegui alle necessità che richiedono le competenze professionali (chiarezza espositiva, sostanza effettiva del discorso tecnico, gentilezza, premura, sicurezza nel muoversi oltre l’apparenza delle numerose leggi…) è impossibile , essendo che il pubblico capisce i suoi bisogni ma non quelli del tecnicismo professionale. Gli aspetti tecnici possono essere spiegati perciò, con pazienza, soltanto dall’esperto del momento. Nessuna istituzione pubblica, tantomeno il sindacato, e tantomeno gli avvocati, possono dimenticare questo.
FINE
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