L'UMANISTA ITALIANO, CONOSCA BENE ALMENO QUATTRO LINGUE: L'ITALIANO E IL LATINO, IL GRECO E L'EBRAICO

(Da: Ludovico Muratori -1672.1750- , Primi disegni della repubblica letteraria d'Italia..., in : L.M., Opere, Napoli, Ricciardi, s.d., pp. 10-12)

9-8-06

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Testo

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INTRODUZIONE

                Dal settecento epoca del Muratori, ad oggi epoca nostra, di strada se n'è fatta: oggi oltre alle quattro lingue antiche di cui parla sotto l'autore, per muoversi con competenza e chiarezza nel gran discorso della cultura, bisogna almeno conoscere il francese e l'inglese, lo spagnolo e il tedesco; ma bisogna dire, con altrettanta verità, che anche se n'è perduta di strada, cioè la modernità non riesce a far pieno tesoro dell'insegnamento antico, perché ha una intelligenza dell'uomo e dei suoi principali bisogni (compreso quelli culturali) decisamente insufficiente.

                Da questo errore generale discende che anche la progettazione della formazione umanistica è ridotta, cioè mancante di cose importanti, nonostante che talvolta le stesse cose, siano state già rilevate dai dotti del passato.

                Un esempio di queste cose rilevate dal passato e ciononostante mancanti nel presente, è dunque l'insegnamento della lingua ebraica, nei licei classici, e quale lingua da coltivare da parte degli eruditi del settore.

                E' quindi del tutto errato confinare l'apprendimento dell'ebraico ai seminari e all'ambito ecclesiastico : infatti essendo la Sacra Scrittura il Libro dei Libri, la Sapienza per eccellenza, nessun erudito come nessuna professione può dirsene avvantaggiata dall'ignorarla, dal dimenticarla come primo punto di riferimento. Anche coloro che studiano le civiltà pagane raggiungendo un alto livello di conoscenza di esse, tuttavia stentano poi a comprenderne i punti o i valori fondamentali e più profondi, le cose più decisive per l'utilità della comprensione dell'uomo passato e dell'uomo moderno, perché non leggono quei mondi confrontandoli al meglio e giudicandoli alla luce totale della Sacra Scrittura.

 

TESTO

                E primieramente si promuoveranno i vantaggi della grammatica, o sia dell'arte del parlare, sotto il cui nome noi abbracciamo lo studio delle lingue. Son quattro le principali, in riguardo a noi altri, cioè l'italiana, la latina, la greca e l'ebraica.

                La prima ci è vivamente raccomandata dalla natura, la seconda dalla necessità, la terza dall'erudizione, la quarta dalla santità.

                Siamo nati in Italia, e tuttodì parliamo la lingua italiana: adunque e la gratitudine e il bisogno richiede che noi non solamente impariamo questa lingua, ma che le apportiamo con tutte le forze onore.

                Essendo noi medesimamente figlioli della chiesa latina che con la lingua sua ci fa udire i sacri misteri, ed avendo altresì con essa tanti santi Padri e tanti autori sacri e profani spiegata la lor dottrina e i lor concetti, costando ancora che non c'è lingua in Europa più comune e più praticata della latina, sia nè tribunali, sia nelle scuole, sia fra gli studiosi, è manifesto che dobbiamo per necessità impararla.

                Tanti libri poscia e sacri e profani composti in greca favella in tutte le arti e scienze e in ogni genere di letteratura, ci fanno toccar con mano l'utilità che nasce dal sapere ancor questa.

                L'ossequio e lo studio che noi dobbiamo alle sacre scritture, la maggior parte delle quali fu a noi tramandata dalla lingua ebraica, essa medesimamente ci dà a vedere quanto sia il pregio e la santità di quella lingua e quanto giovi la sua cognizione.

                Ora, circa le due prime, siccome non c'è persona studiosa che non ne vegga l'evidente necessità e pochi son gli scienziati in Italia che non le sappiano, così non son molti coloro che conoscono la necessità d'apprenderle con perfezione, d'usare l'una e l'altra con purità e leggiadria.

                Qui dunque e l'esempio e le esortazioni della Repubblica nostra dovranno e mostrare e persuadere questa necessità, studiandosi ciascuno di scrivere, se non con molta eleganza, almeno senza difetti e errori in quella lingua che più gli piacerà e animando gli altri a questa medesima lode.

                Lasciamo dico, la libertà a ciascuno di scrivere, purché non male, o in latino o in italiano. Ma con tuttociò desidera e raccomanda la Repubblica a nostri letterati che adoperino piuttosto e per quanto possibile l'idioma nostro volgare. Esso è a noi assai più facile, più pronto che l'altro. La sua bellezza e la gran copia di libri in esso composti, lo rendono caro e noto anche agli stranieri. Crescerà in quegli e si dilaterà maggiormente la voglia d'apprenderlo, ove cresca per mezzo d'ottimi libri nuovi l'utilità dell'intenderlo.

                Noi non possiamo servir meglio alla gloria dell'Italia, che è un de' primi oggetti della nostra confederazione, quanto col rendere sempre più gloriosa la nostra lingua e dolcemente sforzando i letterati e i popoli lontani ad impararla.

                Fecero lo stesso i Greci, i Latini e gli altri antichi; fanno ora il medesimo i Francesi, gl'Inglesi ed altri popoli, le ragioni de' quali a noi son comuni e l'esempio è di stimolo.

                Intorno poscia alla lingua greca, fuorché gli ignoranti, ne confessano tutti l'universale utilità in ogni sorta di letteratura; ma pochi si curano di conseguirla. Egli è nel vero non tanto da dolersi, quanto da riprendersi, che l'italica nazione, la quale prima delle altre vicine portò somma lode dallo studio di questa lingua e lo mantenne in vigore fino al 1600, ora lo coltivi si poco, lasciandone quasi tutto il pregio a chi vive di là dai monti. Chi ben porrà mente alla storia letteraria, vedrà non essere mal fondata una nostra sentenza: cioè che chiunque apprese l'idioma greco, si sentì tosto acceso dal genio dell'erudizione e sovente si portò per cagione di questo rinforzo e stimolo a far meravigliose carriere nella vita delle lettere.

                Quanto dunque bramiamo che i nostri collegati sieno gloriosi per la cognizione del greco linguaggio, altrettanto raccomandiamo loro predicarne i pregi e l'utilità, confortando i giovani ad apprenderlo e risvegliando per le università e per i collegi le cattedre d'esso.

                Per chi vuol consacrare i suoi studi all'erudizione della Sacra Scrittura, è evidente l'utilità della Lingua ebraica. Molti uomini di valore in essa, ha vantato e vanta ancora oggidì l'Italia. Ma converrebbe accrescere il numero de' professori e degli amanti di essa.

                Uno de' nostri desideri s'è pure che lo studio delle altre lingue orientali fiorisca nella nostra Repubblica e fra queste raccomandiamo l'arabica, lingua anch'essa di vasta erudizione e di cui, come d'altre lingue pellegrine, si sono ristabilite in Italia a giorni nostri, le stampe.

                Vero è che sarà presso di noi una gran raccomandazione l'essere addottrinato in siffatte lingue, ma molto più l'insegnarle e l'illustrarle. Ai professori d'esse noi suggeriremo argomenti e sproni per traslatar libri o per altre simili fatiche e facilmente concederemo loro la nostra compagnia, purché ne facciano sperar qualche vantaggio con la loro letteratura.

                Al mirar noi con virtuosa invidia altre nazioni d'Europa, le quali coltivando si fatti strumenti del sapere, acquistano gloria di sapute ed erudite, non potremo non accenderci anche noi, per quanto si potrà, ad imitarle e superarle in questa medesima impresa.

               

 

FINE

 

 

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