Piero Bargellini ( Firenze 5.8.1897 e ivi il 28.2.1980) in divisa
da ufficiale dell'Esertcito Italiano, attorno al 1920
Si è mai pensato alla grande responsabilità della vocazione anche artistica? L'uomo religioso sa che Dio passa e chiama; e forse non chiama che una sola volta e in un modo misterioso. Un momento di distrazione e di dimenticanza; un istante di attaccamento alle cose del mondo, e la voce di Dio è già trascorsa. Si ripaga quel momento di sordità, con una intera vita di inquietudini e di scontentezze.
Qualcosa di simile accade nell'artista che non sia attento costantemente alla voce della propria arte. Se egli confonderà la genuina vocazione con altre parole che l'ambizione e l'avidità gli suggeriranno all'orecchio sconterà nel compromesso e nell'insoddisfazione il tradimento consumato contro il suo spirito. Il suo lavoro sarà vano e convenzionale. Egli si illuderà di creare; e magari creerà, ma nel mondo dell'effimero e dell'indifferenziato. Non dirà la parola sua; ripeterà un linguaggio preso in prestito; mortale.
L'originalità non consiste nel far del nuovo a qualunque patto; consiste nel far quello che siamo chiamati a fare. Il falso in arte è come il falso in religione. Ricade sul falsario. Può dare il successo immediato; non darà mai la gloria. In arte come in religione, non si ingannano mai gli altri, ci inganniamo. Lo sdegno contro gli impostori è degno di altrettanti impostori. Un falso in arte merita compassione, non disprezzo; non fa ira, fa spavento e dolore. L'ipocrita è un sepolcro imbiancato, sempre, sia in morale che in arte: un cadavere che non è riuscito a sentire le parole che lo avrebbero tratto da morte a vita, e vita eterna.
FINE
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