1. Alcuni hanno lavorato onestamente, e dicono fieri alla vigilia del Primo Maggio, dopo annosa fatica : Facciamo festa a buon diritto!
2. Festeggiate dunque, secondo la convenzione e i meriti maturati, o voi del Primo Maggio .
3. Altri hanno lavorato disonestamente, e con la stessa sincerità apparente degli onesti, dicono anche loro : Facciamo festa secondo la tradizione! Però questi non hanno la pienezza della letizia, perché la Coscienza, regina dell'essere, li rimprovera in segreto e pretende imperante (come solo essa sa fare e dire), che rientrino nell’onestà; per questo, la stessa Coscienza, gli sbandiera con forza, la gioia e la liberazione interiore e effettiva, che tale pentimento o ritorno magistrale, sarebbe per loro e per la società intera. Dunque essi intravedono e perseguono la piena liberazione dopo il pentimento; e desiderano in ultimo, la gioia e la pienezza della festa, pur non potendo viverli ancora, pienamente.
4. Altri, sempre alla vigilia del Maggio, hanno lavorato senza sufficiente onestà e disonestà, cioè sono scoloriti e confusi nella compromissione quotidiana, onde né agli onesti né ai disonesti appartengono, ma sono un po’ l’uno un po’ l’altro; questa categoria, della festa del lavoro, capisce solo la tradizione, e dice: Bisogna far festa perché la fanno tutti. Costoro, di fronte all'ipotesi recente di certo capitalismo che pretende di non più festeggiare (sia il Primo Maggio o le Domeniche o altro di dovuto), non faranno molte obbiezioni. Infatti, essi sono il numero delle braccia, ma non la somma dei loro cervelli, come dovrebbero essere; essi lavorano molto, pensano poco; e ciò non sarebbe del tutto sbagliato; ma è sbagliato che non pensano abbastanza e festeggiano nel complesso, per abitudine.
5. Ci sono pure quelli che non lavorano mai e vivono di rendita, o di privilegi; non so quanti siano. Questi che comunque esistono, sono fuori dalla civiltà del lavoro; spesso considerano i lavoratori e il lavoro, un nemico da cui guardarsi; un pericolo che è bene controllare, per quanto possibile. Essi guardano ogni anno, dall’esterno, la festa del lavoro e dei lavoratori.
6. Ci sono poi i politichesi che dicono, talvolta urlano: Noi siano rossi, la festa del lavoro è nostra; siamo noi i lavoratori; tutti gli altri o non lavorano, o non lavorano tanto quanto noi, o sono purtroppo, nemici di classe. Oppure dicono: Noi battiamo bandiera nera, la festa del lavoro ci appartiene e non ci appartiene; può essere l'occasione dei vagabondi; festeggino perciò le corporazioni, non tanto i singoli lavoratori... . Per tutti questi politichesi, Rossi o Neri o Bianchi o di Altri colori che siano, il Primo Maggio è un modo per rafforzare e manifestare le ragioni, e il colore politico.
7. Infine, ci sono i seguaci di Cristo Lavoratore e San Giuseppe, patrono dei lavoratori, che sull’esempio dell’Uomo-Dio e falegname, concepiscono il lavoro, come una strada per conseguire la santità, l’affrancamento dalla miseria materiale e spirituale (dal peccato); il lavoro diventa un mezzo di sviluppo, di riscatto e redenzione secondo la potenza e la giustizia della Croce; costoro lavorano ogni giorno leali come nessuno, al cospetto degli uomini e ancor più, al cospetto privato e pubblico, di Dio . |
8. Come si vede, ogni categoria ha le sue ragioni principali, per festeggiare il Primo Maggio. Ma chiediamoci : tra tutte queste categorie di lavoratori, tra tutte le categorie di lavoratori anche non descritte in questa sede, ma facilmente immaginabili, chi ha qualitativamente, più diritto a festeggiare ? Chi ha, per così dire, il monopolio naturale e soprannaturale, della festa del lavoro ?
9. La risposta o lettori, ciascheduno la cerchi da sé, visto che in ogni caso non è risposta dappoco, e è necessario (in casi simili) il contributo di tutti, compreso il vostro. Ma secondo me, la risposta è la seguente:
10. hanno il monopolio naturale e soprannaturale della festa del lavoro e dei lavoratori, soltanto i lavoratori onesti e la onesta civiltà del lavoro; intendendo per lavoratori, tutte le categorie della produzione, nessuna esclusa: cioè sia i lavoratori manuali che intellettuali, operai e imprenditori privati e pubblici, militari e civili, italiani e stranieri del sud come del nord, diurni e notturni, maschi e femmine, precari e fissi, del mare e della terra e del cielo, in riposo o in pensione come ancora nei banchi di scuola, o dell'apprendistato, o dei corsi professionali, o perfino in ferie e disoccupati.... . ....ecc. ecc. .
11. Sono perciò esclusi (autoesclusi), da questa festa del Primo Maggio, tutti quei lavoratori e tutta quella civiltà del lavoro, che poco amandosi e poco amando il Prossimo e Dio stesso, si è in pratica autoesclusa; e si è autoesclusa perché, ahimè, non vuole più lavorare e produrre, amministrare lealmente e onestamente, secondo il bene personale e collettivo, familiare e statale, sociale e repubblicano, dell’Unione come del Mondo intero. E non vuole più lavorare, produrre (investire), amministrare lealmente, onestamente, perché in sostanza, ha diminuito troppo, l’amore fondamentale alla vita stessa, di sé e degli altri, del presente e del futuro.
12. La Festa del primo Maggio, dovrà essere pertanto, anche l’occasione perché le campane e la musica festiva della civiltà degli onesti che amano la vita e il futuro, chiami a raccolta e a mobilitazione, il pianeta dei disonesti, per dire loro :
13. recuperate o colleghi, il diritto alla festa e il cuore privato e pubblico della civiltà del lavoro; abbandonate la landa desolata e invernale che ostacola sia il lavoro che la produzione; tornate o fratelli, o compagni, o cittadini…, tornate a lavorare e a produrre per il vostro bene e del vostro popolo; cercate insomma, il bene vostro quali persone, e il bene nostro, quale popolo, abbandonate in conclusione, l’egoismo e l’errore che vi sacrifica e vi schiavizza, molto illudendovi e abbassandovi, sempre più riducendovi, schiavizzandovi come oggetti impersonali o idolatrici, talvolta perfino, inesorabilmente, vi distrugge .
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FINE