Giacomo Leopardi (1798-1837), Il Monumento che lo ritrae a braccia conserte e in piedi , in mezzo a Piazza Recanati (Recanati, Macerata) |
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Oltre ad essere un grande poeta, Giacomo Leopardi è stato anche un grande uomo. Attraverso le sue poesie, è possibile vedere come avesse uno sguardo molto più profondo rispetto ad altri. Iniziamo con la lettura del Canto notturno di un pastore errante dell'Asia.
Di notte, pascolando il gregge, si trova di fronte la luna, e gli pone una domanda importantissima: che fai? Cioè, perchè ci sei? Che cos'è la realtà? Introduce la poesia ponendo queste domande alla luna, si immedesima nel pastore. Termina questa strofa ponendo un'altra domanda: che scopo ha la mia vita, che scopo hanno le cose che ho intorno?
Leopardi vede la luna come l'unica che conosce il perchè delle cose, che può rispondere alle sue domande, che riesce a vedere il Bello. Le cose che il pastore non può scoprire: mille cose si tu, mille discopri/che son celate al semplice pastore. In questa strofa emerge il senso religioso del poeta, la sua fortissima domanda: a che tante facelle? Vedendo il cielo, vedendo le stelle, vedendo ciò che lo appassiona, Leopardi non può non chiedersi: chi sono? Alla fine della strofa, però, dice: a me la vita è male. Io non capisco nulla. Ma questa non è la conclusione della poesia:
Qui Leopardi fa un passaggio successivo. Invece di rivolgere le sue domande alla luna, le rivolge al gregge, la cosa che ha più vicina e concreta. E fa un confronto: mentre il desiderio del gregge è piccolo e appagato, il poeta ha un’angoscia interiore: dimmi: perchè giacendo/a bell’agio, ozioso,/s’appaga ogni animale;/me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale? Questa domanda è essenziale: perchè l’animale è soddisfatto da ciò che ha, mentre io, nelle stesse condizioni, sono assalito dalla noia? Questa è la grandezza dell’uomo: le domande del cuore, il tendere sempre a qualcosa di più grande.
In conclusione della poesia, Leopardi lascia trasparire la sua speranza: se riuscissi a volare nel cielo, sarei più felice. Una possibilità di felicità esiste: cercare qualcosa di più grande di noi, la realizzazione dei nostri desideri. In Alla sua donna, Leopardi scrive:
Leopardi vede la bellezza della sua donna, ma intuisce anche che essa non è altro che il riflesso di qualcosa di più bello che non ha paragoni sulla terra. Tutte le cose possono essere solo un “assaggio” di quello cui siamo destinati. Questa poesia termina con queste strofe:
In questi versi, Leopardi esprime il suo desiderio che la Bellezza non sia solo una bella idea, ma sia qualcosa di concreto, toccabile.
Termino riportando un brano di un commento di don Luigi Giussani:
‹‹Leopardi stende il suo inno non a questa o a quella donna, non a una delle tante donne di cui si era innamorato, ma alla Donna, col D maiuscolo, alla Bellezza, col B maiuscolo. È l’inno a quella amorosa idea che ogni donna gli suscitava dentro: idea amorosa che è intuita come una presenza reale.
È stato rileggendo questo brano che, quando avevo quindici anni, mi si è illuminato improvvisamente tutto Leopardi, perché questa è una sublime preghiera. Mi sono detto: che cosa è questa Bellezza col B maiuscolo, la Donna col D maiuscolo? È quel che il cristianesimo chiama Verbo, cioè Dio. La Bellezza col B maiuscolo, la Giustizia col G maiuscolo, la Bontà col B maiuscolo, è Dio.
Questo è anche il messaggio cristiano: la Bellezza è diventata carne e ha provato fra caduche spoglie [...] gli affanni di funerea vita.
In effetti, il messaggio cristiano è proprio in questa strofa di Leopardi.
Il messaggio di Leopardi è, dunque, potentemente positivo, obiettivamente e non per una forzatura di me credente. È, infatti, esaltante, perché, essendo espressione del genio, non può essere che profezia.›› (Luigi Giussani, Le mie Letture)
Alessandro Maggiolini |
FINE