LO CHIAMANO DON FIORENZO

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Don Fiorenzo in camicia blu scura, con due nonvedenti del Mac (Movimento apostolico ciechi) aretino, Luigi Vieri presidente regionale a destra con gli occhiali, e Laura Gentili a sinistra, presidente della sezione Mac aretina. Al centro Thomas col nonno (a sinistra), un giovanissimo nonvedente appena premiato dallo stesso Mac, per i suoi meriti, probabilmente scolastici ... .

 

                Il suo italiano è spigliato e quasi perfetto, non si sente nemmeno la radice chianina e aretina; fa discorsi lungotti ma misurati, frutto di ascolto e meditazione;  frutto del buon senso e della misura tipicamente toscani, ecclesiali; ma oltre a ciò, si sente e si vede che nell’omelie punta all’essenziale;  e si capisce che può puntare con successo all’essenziale, cioè con la certezza d’essere meglio compreso (quindi senza perdersi in particolari accessori), perché ha capito e sperimentato direttamente, che è Dio stesso l’Essenziale, che è Gesù Cristo in persona. Pertanto, tutto il resto, pur essendo secondario, tuttavia consiste nella misura in cui riconosce l’Essenziale primario, cioè il Creatore, cioè il Redentore e Salvatore.

                Dentro questo contesto, abbiamo in Don Fiorenzo, l’esempio di un prete benefico;  e ciò dico nonostante io pensi che i preti benefici siano la regola più che l’eccezione; infatti anche nei casi peggiori, il più delle volte, un prete peggiore, è sempre migliore di molti laici. Ciononostante, la recente tradizione anti-ecclesiale otto-novecentesca, s’è fatta al contrario del passato, una certa voce popolare, con una sua retorica, un suo pensiero:

                è dunque tipico ad esempio, di tale retorica risorgimentale, liberale,  poi  comunista, ateista, agnostica..., di sottintendere o dire appena può, che non esistono preti  benefici; al massimo ne esiste qualcuno isolato, come rileva Garibaldi nelle sue Memorie;  ma in tal caso è comunque un’eccezione e  puntualmente è eccezione avversata dalla Chiesa;  la Chiesa stessa perciò, in questo tipo di letteratura  e al contrario di qualche prete isolato, non fa mai eccezione e rimane sempre la gran fabbrica negativa di preti e fedeli nel pianeta, una vera sorgente di sfortuna per lo stesso mondo; insomma da questo punto di vista ateoide, la Chiesa  è ahimè, tutta e sempre malefica, fallace, creatrice di una falsa coscienza, e un mucchio di sovrastrutture nel senso marxista del termine; in conclusione e alla fine, la Chiesa si becca dai miscredenti, anche l’accusa aggiuntiva oltre la sovrastruttura, d’essere l’Istituzione della inutilità e del fraintendimento; un fraintendimento  che essendo tale e solo tale, va sempre e comunque (guarda caso), a scapito della libertà dell’uomo e della sua capacità d’autodeterminazione, della sua civiltà del progresso senza oscurantismo della religione e spesso con la sola illuminazione dell’assolutismo scientifico.

                Tuttavia è degno di nota, che don Fiorenzo sarebbe benefico anche per questo tipo di retorica miscredente e alla moda (quando è in buona fede), per i seguenti motivi: non ritiene d’esser santo ma si sforza d’esserlo, pregando, predicando e imitando vistosamente, contagiosamente, Gesù Cristo, in pubblico e in privato:

                per esempio,  si dice che guardi il povero procurandogli (se può) il necessario, ma in più facendogli capire senza parole, che è ricco perché è figlio di Dio; l’ho visto, l'han visto e sentito sottolineare in modo convincente e autorevole, l’opera della Grazia in tutti e specialmente nei diversamente abili, riconoscendone la fede e l’alta missione; e ciò l’abbiamo visto fare, per l’edificazione dei sani e specialmente dei peccatori, specialmente di quelli che han la salute fisica, ma mancano pericolosamente, della salute spirituale; e ciò fa in ultimo, da buon apostolo, per salvare la libertà di Dio, di rendere a suo piacimento, vedenti i ciechi e ciechi i vedenti, quando questa trasposizione di vista o valore, è necessaria per richiamare gli uomini sulla via del Vangelo; e ciò fa per salvare la libertà di Dio di predicare la sua grandezza e gloria anche per bocca dei nonvedenti, nella speranza ultima che i superbi e i peccatori finalmente si ravvedano;  nella speranza ultima che forse arrivino a pentirsi, proprio grazie alla testimonianza e alla fraternità missionaria di quei fratelli che non vedendo più con gli occhi del corpo, tuttavia con certa frequenza, vedono meglio con gli occhi superiori dello spirito, arrivando talvolta a leggere oltre il peccato e il tempo, perfino dentro la redenzione e la via e la sostanza pasquale del mondo nuovo, fondato sul Risorto.

                Don Fiorenzo sembra dunque, privo di paure e incertezze, perché teme un’unica incertezza e paura: quella di non avere abbastanza fede; egli mostra d’aver capito profondamente questa grande verità : che essendo il buon Dio, infinito, proprio nella sua qualità divina di infinitudine e onnipotenza, proprio nella sua qualità umana e divina di amore abissale incarnato, ha diritto senza mezzi termini, a una fede in Lui altrettanto infinita, altrettanto abissale e incarnata; insomma Dio, cioè il Creatore e Salvatore Infinito, non può essere capito e amato al meglio, sperimentato quotidianamente col massimo profitto per noi uomini bisognosi del vero, del bello e del buono (bisognosi di salvezza), se allo stesso tempo non è creduto come merita, cioè con una fiducia e una fede senza limite alcuno; e senza limite alcuno vuol dire, una fede che non sia solo la nostra pochezza e miseria; contro le quali, bisogna ricordare bene qui, Egli stesso (Gesù Cristo e la Trinità, Tre in Uno), ha paternamente previsto la sua Grazia santificante, proprio per togliere le scuse e gli impedimenti  eventuali nell’andare ad ali spiegate, verso di Lui, la sua dottrina, la sua verità, il suo mondo nuovo, la sua verità di vita terrena e eterna.

                In conclusione don Fiorenzo non è solo uno che fa il prete; ma anche uno che si sforza d’essere migliore e santo; uno che opera alla presenza di Dio e degli uomini, con trasparenza sincera e fraterna; onde dove non può arrivare perché non è ancora santo, ci pensa (mi sembra), la sua buona volontà, le sue migliori intenzioni, che colpiscono; invece dove arriva perché è già santo, rompe di persona la mediocrità senza mezzi termini e con potenza  propone pubblicamente in compagnia di Gesù Cristo, d’andare verso l’alto, cioè verso il Bene e il futuro migliore, la virtù che sta dietro l’angolo e l’eroismo che sta in terra e in cielo; proprio quell’eroismo e virtù che  pur avendo radici celesti perché sono due aspetti fondamentali della medesima radice dell’uomo superiore a somiglianza del suo Creatore,  l’uomo moderno li pensa e intende invece (da quell’analfabeta di Dio, che è), come una categoria e una sostanza che non stanno né in cielo né in terra, ma soltanto nella dottrina e nelle teste mestieranti  e solo terrene dei preti che li predicano pedissequamente,  mentre nessuno tra gli uomini o i fedeli, giunge invero a incarnarli significativamente.

                E tutto ciò dicono e pensano i moderni scettici o cinici dell’eroismo e della virtù, mentre la storia d’Italia e del mondo, della cristianità specialmente, è piena, perfino costellata di virtù e d’eroismo, cioè di santi; anzi di grandi santi, a dire il vero così grandi questi santi, da fugare qualsiasi dubbio e remora, sulla loro identità e sulla esistenza di Dio e della Grazia divina o santificante che li han forgiati, oltre la buona volontà dei singoli.

 

FINE

 

 

 

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