Il mondo attuale sembra sistemato: è decadente, decaduto, sprofondato, perfino perduto…
Per questo anche il Lavoro risulta meno bello, meno vero e utile, meno buono e facile… di quello che effettivamente è.
In generale, mentre gli indipendenti sparano incessantemente sul lavoro; i dipendenti sembrano aver finito le cartucce del valore, e non sanno, in conclusione, né medicarsi le ferite, né rispondere al fuoco.
Con queste premesse e in questo contesto squilibrato, la festa del lavoro e dei lavoratori, rischia di diventare la festa dell’anti-lavoro e dell’anti-lavoratori; l’anti-lavoro (cioè il piagnisteo e il complesso delle norme inique che ostacolano e sminuiscono la civiltà del lavoro), è infatti programmato a tavolino da quei dirigenti che han tolto l’Europa ai popoli e l’han data di nascosto alle banche, ai monopoli potenti, a scapito del mercato e della convivenza equilibrata e civile; quei dirigenti erronei, han rubato l’Europa ai lavoratori e al lavoro per svenderla al capitalismo selvaggio e globale, impoverirla sempre meglio, barbarizzarla sempre più, fino nelle radici più profonde e cristiane, specialmente cattoliche.
Ormai al popolo non rimangono che le ceneri e le terre o le attività non coltivate o malcoltivate,
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spesso (malcoltivate) a discapito della dignità del lavoro e della società civile.
A causa di tutto ciò, il primo Maggio, più che una festa è piuttosto la celebrazione di un lungo e chiassoso, lamentevole, dolente funerale : il funerale male-augurante della civiltà del lavoro e dei lavoratori.
In conclusione, mentre il mondo fa le onoranze funebri alla civiltà del lavoro e ai lavoratori, e queste onoranze chiama per ipocrisia e debolezza mentale, Festa del Lavoro; coloro che veramente amano il lavoro e i lavoratori, coloro che onestamente ci tengono a quella civiltà benedetta del risparmio e del mercato, della giustizia individuale e sociale, dove lo Stato e la Cittadinanza sono garanti del Bene Comune (e non di una classe a scapito dell’altra), costoro devono intonare il canto pasquale della Resurrezione dalla morte, dal disvalore, dalla ingiustizia come dalla povertà, dalla disoccupazione come dalla inoperosità, dalla sfiducia e tristezza dei perduti o perdenti, come dalla rabbia di chi non sa né reagire tantomeno agire opponendo la sostanza della ragione e della vera soluzione; vera soluzione che ripeto, sta nella resurrezione dalla morte che debella il disvalore dell’ingiustizia; ripigliando impavida il metro santo della giustizia sociale e fraterna, umana e divina, audace o intrepida. |
FINE