SIGNORE FA CHE IO VEDA

[ Da : Maria Motta, Luce e Spirito, Cooperativa Editrice Nuova Brianza, Renate (Milano) 1986, pp.1-95 ; pp. 87-90 ]

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Di in'infinita nostalgia

gli piangeva nell'anima, e aspettava,

fermo al crocicchio della nota via,

ch’Egli passasse, in Cui solo sperava!

 

ChEgli, passasse il Giovine Profeta,

il dolce Rabbi della Galilea,

che di salute una virtù secreta

in suo cammin sui miseri spargea.

 

Ed ecco un suon di cantici, un clamore

di molte voci avvicinar si sente.

Prima che il passo a Lui vola il suo cuore,

vola il supplico suo grido fidente:

 

Gesù, figlio di Davide, pieta!

Pietà di me, Gesù, mano di Dio!

La turba, che non ode, che non sa,

nel suo clamor travolge it grido pio.

 

Ma Egli insiste:     Gesù pietà di me!

Ed il cuor Suo già palpita felice,

movendo incontro al mansueto Re,

Cui non ricorre invan mai infelice!

 

Ed Egli che lo intese, ecco gli e accanto:

Che vuoi ? chiede: Che vuoi ch'io ti conceda ?

Levando gli occhiì, solo avvezzi al pianto,

Egli implorò: Signore fa ch'io veda!

 

Gli sorrise il Maestro; al suol reclino,

di fango un lieve straterel formò

con la polvere bianca del cammino;

quind, in mistico atto lo posò

 

sui mesti occhi immoti.  Alla Fontana

di Siloe va e lavati, gli disse.

Splendevan d'una luce sovrumana

le sue pupille in  alto oranti e fisse.

 

Il cieco nella sua fede sicura,

alla fontana andò; quivi al contatto

dell’onda sacra, la sua notte oscura

disparve e il giorno d'un tratto.

 

In quel subito quadro della vita,

palpitante nel grande astro lucente,

freme di gratitudine infinita

e  di stupore il suo spirito ardente.

 

Intanto, ai suoi Discepoli il Signore

cosi affermava: Non Egli ha peccato,

ne i genitori suoi. Da quel dolore

il Padre mio sarà glorificato:

 

da quella breve tenebra uscirà

di luce una virtù misteriosa,

che guida a tutti i secoli sarà,

e gioia all'agonia più dolorosa.

 

Di ritorno alla casa, ai luoghi usati,

che alfin contempla in giubilo sereno,

fra il giubilo de’ suoi, meravigliati,

ripete: Mi ha guarito il Nazareno.

 

Di sua letizia nell’entusiasmo

lo ripete ai Gentili ed agli Ebrei.

Ne turbarlo potevano il sarcasmo

il bieco investigar de' Farisei.

 

Io ero ceco nato, e adesso vedo,

grazie a Gesù di Nazaret. Chi può

far così grandi cose è in Dio, e credo

che Dio per bene nostro lo mandò.

 

Cosi affermava, l’odiosa foga

rintuzzando del torbido consesso.

Anche cacciato dalla Sinagoga

giusto e leale non smentì se stesso.

 

Nulla è più sacro della verità.

Gli iniqui lo percuotono come empio,

ma dell’anima sua nell’umiltà,

egli alza a Dio l’inviolabil tempio.

 

Allo svoltar d’una solinga via,

ecco Gesù di Nazaret.   Chi credi...

gli domandò, chi credi tu ch'io sia ?

L’uomo cadendo estatico a’ Suoi piedi,

 

nell'improvvisa luce del mistero

che gli si apria, esclamò : Credo, o Signore,

che tu sei l’aspettato, il Cristo vero!

e lo adorò in spirito d'amore.

 

Oh quante volte dell'esiglio mio

lungo il cammino tenebroso, in preda

a una tempesta paurosa, anch’io

non implorai : Signore fa ch’io veda !

 

Perché gli occhi, o Gesù, non mi toccasti,

come il cieco di Solima? Perché

quella che al verme, all'atomo donasti

gioia di luce non consenti a me?

 

Eppur quest’ombra ch'e fra gli occhi e il sole

ha trasparenze fluide, o Signore,

quando ciò che Tu vuoi l’anima vuole

e Ti adora in spirito d'amore.

 

Tu sei pur sempre il mansueto Re

Cui non ricorre invan mai l’infelice.

Ch'io veda la Tua mano su di me,

la Tua man che mi guida e benedice!

 

Ch’io veda l’ineffabil armonia

che dall'immenso all’atomo governa

per Te il creato! La mia luce sia

nel voler Tuo, ch'è sapienza eterna.

 

Poiché l'acqua, la polvere ed il fango

in mano Tua con mezzi di portento,

anche le mute lacrime ch’io piango,

Dio, anche il morbo che i miei occhi ha spento,

 

se l’amor Tuo mi regge e mi avvalora,

saran mezzi di fede e di virtù

mi faran degna dell’eterna aurora,

che in Te si accende e sfolgora, o Gesù!

 

(agosto 1923)

 

 

 

 

FINE

 

 

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