Gesù Uomo-Dio, lavora nella Casa di Nazareth, tra Maria che cuce e Giuseppe che gli insegna il mestiere di falegname.
Maria è venuta nella bottega o laboratorio di Giuseppe, per assistere a una delle prime lezioni di lavoro, del Figlio
Il lavoro è Creazione di Dio o conseguenza del Peccato d'origine ?
La Bibbia dice che è creazione di Dio, facoltà buona senza fatica e senza morte, donata agli uomini insieme all'Eden stesso. La fatica e la morte verranno poi come conseguenza inevitabile del Peccato d'origine o caduta dei progenitori . Esse sono frutto di una disubbidienza dell'uomo a Dio; e non della creazione perfetta di Dio, che creando tutto buono e perfetto, di tal guisa e sostanza, aveva creato anche il lavoro dell'uomo nell'Eden.
Con la venuta di Cristo, la fatica spirituale e materiale del lavoro è assunta dalla Redenzione; il lavoro non è più penosa punizione da espiare al modo di Adamo ed Eva scacciati dal paradiso Terrestre, ma è propizia redenzione dell'uomo sia dalla miseria materiale che dal peccato e dalla morte eterna; infatti l'ozio favorisce il vizio, sebbene sia necessario non affannarsi troppo nelle cose mondane (e dunque anche nel lavoro) dimenticando le cose dello spirito o dell'anima, che riguardano la salvezza immortale, scopo fondamentale della religione e insieme della vita terrena.
In conclusione il lavoro cristianamente vissuto, secondo l'esempio vivo del Salvatore stesso, il quale lavorando manualmente di persona, insegnò e insegna tuttoggi a mettere le cose di Dio al primo posto, può e deve essere un mezzo ulteriore di santificazione di sé e del prossimo.
Nel corso della storia l'arte ha rappresentato in vari modi la redenzione del lavoro, cioè il lavoro come mezzo di santità secondo la dottrina di Gesù. Una di queste rappresentazioni di grande successo sono i Lavori o Allegorie dei Mesi specialmente in ambito medioevale e specialmente in Italia, Spagna, Francia, sebbene si trovino anche nel resto d'Europa e in qualche caso persino nell'Islam .
Tutti questi concetti che vedono il lavoro umano come creazione primordiale, punizione a causa della caduta dei progenitori, e infine redenzione per opera del Cristo, sono deducibili e descritti dalla lettura del Documento ecclesiastico sottostante, che descrive il lavoro secondo il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa.
Buona Domenica,
O. Metozzi
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APPENDICE DOCUMENTARIA
PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE
COMPENDIO
DELLA DOTTRINA SOCIALE
DELLA CHIESA
III Edizione
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Copyright 2004 - Libreria Editrice Vaticana
Libreria Editrice Vaticana
Da : www.vatican.va , Il 23-8-09
CAPITOLO SESTO
IL LAVORO UMANO
I. ASPETTI BIBLICI
a) Il compito di coltivare e custodire la terra
Iacopo della Quercia, Lavoro dei Progenitori, Bologna, San Petronio (Portale Maggiore) 1425-35
255 L'Antico Testamento presenta Dio come Creatore onnipotente (cfr. Gen 2,2; Gb 38-41; Sal 104; Sal 147), che plasma l'uomo a Sua immagine, lo invita a lavorare la terra (cfr. Gen 2,5-6) e a custodire il giardino dell'Eden in cui lo ha posto (cfr. Gen 2,15). Alla prima coppia umana Dio affida il compito di soggiogare la terra e di dominare su ogni essere vivente (cfr. Gen 1,28). Il dominio dell'uomo sugli altri esseri viventi, tuttavia, non deve essere dispotico e dissennato; al contrario, egli deve “ coltivare e custodire ” (cfr. Gen 2,15) i beni creati da Dio: beni che l'uomo non ha creato, ma ha ricevuto come un dono prezioso posto dal Creatore sotto la sua responsabilità. Coltivare la terra significa non abbandonarla a se stessa; esercitare il dominio su di essa è averne cura, così come un re saggio si prende cura del suo popolo e un pastore del suo gregge.
Nel disegno del Creatore, le realtà create, buone in se stesse, esistono in funzione dell'uomo. Lo stupore davanti al mistero della grandezza dell'uomo fa esclamare il salmista: “ Che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi? Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi ” (Sal 8,5-7).
256 Il lavoro appartiene alla condizione originaria dell'uomo e precede la sua caduta; non è perciò né punizione né maledizione. Esso diventa fatica e pena a causa del peccato di Adamo ed Eva, che spezzano il loro rapporto fiducioso ed armonioso con Dio (cfr. Gen 3,6-8). La proibizione di mangiare “ dell'albero della conoscenza del bene e del male ” (Gen 2,17) ricorda all'uomo che egli ha ricevuto tutto come dono e che continua ad essere una creatura e non il Creatore. Il peccato di Adamo ed Eva fu provocato proprio da questa tentazione: “ diventereste come Dio ” (Gen 3,5). Essi vollero avere il dominio assoluto su tutte le cose, senza sottomettersi alla volontà del Creatore. Da allora, il suolo si fa avaro, ingrato, sordamente ostile (cfr. Gen 4,12); solo con il sudore della fronte sarà possibile trarne alimento (cfr. Gen 3,17.19). Nonostante il peccato dei progenitori, tuttavia, il disegno del Creatore, il senso delle Sue creature e, tra queste, dell'uomo, chiamato ad essere coltivatore e custode del creato, rimangono inalterati.
257 Il lavoro va onorato perché fonte di ricchezza o almeno di condizioni di vita decorose e, in genere, è strumento efficace contro la povertà (cfr. Pr 10,4), ma non si deve cedere alla tentazione di idolatrarlo, perché in esso non si può trovare il senso ultimo e definitivo della vita. Il lavoro è essenziale, ma è Dio, non il lavoro, la fonte della vita e il fine dell'uomo. Il principio fondamentale della Sapienza, infatti, è il timore del Signore; l'esigenza della giustizia, che ne deriva, precede quella del guadagno: “ Poco con il timore di Dio è meglio di un gran tesoro con l'inquietudine ” (Pr 15,16); “ Poco con onestà è meglio di molte rendite senza giustizia ” (Pr 16,8).
258 Vertice dell'insegnamento biblico sul lavoro è il comandamento del riposo sabbatico. All'uomo, legato alla necessità del lavoro, il riposo apre la prospettiva di una libertà più piena, quella del Sabato eterno (cfr. Eb 4,9-10). Il riposo consente agli uomini di ricordare e di rivivere le opere di Dio, dalla Creazione alla Redenzione, di riconoscersi essi stessi come opera Sua (cfr. Ef 2,10), di rendere grazie della propria vita e della propria sussistenza a Lui, che ne è l'autore.
La memoria e l'esperienza del sabato costituiscono un baluardo contro l'asservimento al lavoro, volontario o imposto, e contro ogni forma di sfruttamento, larvata o palese. Il riposo sabbatico, infatti, oltre che per consentire la partecipazione al culto di Dio, è stato istituito in difesa del povero; la sua è anche una funzione liberatoria dalle degenerazioni antisociali del lavoro umano. Tale riposo, che può durare anche un anno, comporta, infatti, un esproprio dei frutti della terra a favore dei poveri e la sospensione dei diritti di proprietà dei padroni del suolo: “ Per sei anni seminerai la tua terra e ne raccoglierai il prodotto, ma nel settimo anno non la sfrutterai e la lascerai incolta: ne mangeranno gli indigenti del tuo popolo e ciò che lasceranno sarà divorato dalle bestie della campagna. Così farai per la tua vigna e per il tuo oliveto ” (Es 23,10-11). Questa consuetudine risponde ad un'intuizione profonda: l'accumulazione di beni da parte di alcuni può diventare una sottrazione di beni ad altri.
b) Gesù uomo del lavoro
259 Nella Sua predicazione Gesù insegna ad apprezzare il lavoro. Egli stesso, “ divenuto simile a noi in tutto, dedicò la maggior parte degli anni della sua vita sulla terra al lavoro manuale, presso un banco di carpentiere ”,573 nella bottega di Giuseppe (cfr. Mt 13,55; Mc 6,3), al quale stava sottomesso (cfr. Lc 2,51). Gesù condanna il comportamento del servo fannullone, che nasconde sotto terra il talento (cfr. Mt 25,14-30) e loda il servo fidato e prudente che il padrone trova intento a svolgere le mansioni affidategli (cfr. Mt 24,46). Egli descrive la Sua stessa missione come un operare: “ Il Padre mio opera sempre e anch'io opero ” (Gv 5,17); e i Suoi discepoli come operai nella messe del Signore, che è l'umanità da evangelizzare (cfr. Mt 9,37-38). Per questi operai vale il principio generale secondo cui “ l'operaio è degno della sua mercede ” (Lc 10,7); essi sono autorizzati a dimorare nelle case in cui sono accolti, a mangiare e a bere quello che viene loro offerto (cfr. ibidem).
260 Nella Sua predicazione Gesù insegna agli uomini a non lasciarsi asservire dal lavoro. Essi devono preoccuparsi prima di tutto della loro anima; guadagnare il mondo intero non è lo scopo della loro vita (cfr. Mc 8,36). I tesori della terra, infatti, si consumano, mentre i tesori del cielo sono imperituri: a questi si deve legare il proprio cuore (cfr. Mt 6,19-21). Il lavoro non deve affannare (cfr. Mt 6,25.31.34): preoccupato e agitato per molte cose, l'uomo rischia di trascurare il Regno di Dio e la Sua giustizia (cfr. Mt 6,33), di cui ha veramente bisogno; tutto il resto, compreso il lavoro, trova il suo posto, il suo senso e il suo valore solo se viene orientato a quest'unica cosa necessaria, che non sarà mai tolta (cfr. Lc 10,40-42).
261 Durante il Suo ministero terreno, Gesù lavora instancabilmente, compiendo opere potenti per liberare l'uomo dalla malattia, dalla sofferenza e dalla morte. Il sabato, che l'Antico Testamento aveva proposto come giorno di liberazione e che, osservato solo formalmente, veniva svuotato del suo autentico significato, è riaffermato da Gesù nel suo originario valore: “ Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! ” (Mc 2,27). Con le guarigioni, compiute in questo giorno di riposo (cfr. Mt 12,9-14; Mc 3,1-6; Lc 6,6-11; 13,10-17; 14,1-6), Egli vuole dimostrare che il sabato è Suo, perché Egli è veramente il Figlio di Dio, e che è il giorno in cui ci si deve dedicare a Dio e agli altri. Liberare dal male, praticare fraternità e condivisione è conferire al lavoro il suo significato più nobile, quello che permette all'umanità di incamminarsi verso il Sabato eterno, nel quale il riposo diventa la festa cui l'uomo interiormente aspira. Proprio in quanto orienta l'umanità a fare esperienza del sabato di Dio e della Sua vita conviviale, il lavoro inaugura sulla terra la nuova creazione.
262 L'attività umana di arricchimento e di trasformazione dell'universo può e deve far emergere le perfezioni in esso nascoste, che nel Verbo increato hanno il loro principio e il loro modello. Gli scritti paolini e giovannei, infatti, mettono in luce la dimensione trinitaria della creazione e, in particolare, il legame che intercorre tra il Figlio-Verbo, il “ Logos ”, e la creazione (cfr. Gv 1,3; 1 Cor 8,6; Col 1,15-17). Creato in Lui e per mezzo di Lui, redento da Lui, l'universo non è un ammasso casuale, ma un “ cosmo ”,574 il cui ordine l'uomo deve scoprire, assecondare e portare a compimento: “ In Gesù Cristo il mondo visibile, creato da Dio per l'uomo — quel mondo che, essendovi entrato il peccato, “è stato sottomesso alla caducità” (Rm 8,20; cfr. ibid., 8,19-22) — riacquista nuovamente il vincolo originario con la stessa sorgente divina della Sapienza e dell'Amore ”.575 In tal modo, ossia mettendo in luce, in progressione crescente, “ le imperscrutabili ricchezze di Cristo ” (Ef 3,8) nella creazione, il lavoro umano si trasforma in un servizio reso alla grandezza di Dio.
263 Il lavoro rappresenta una dimensione fondamentale dell'esistenza umana come partecipazione non solo all'opera della creazione, ma anche della redenzione. Chi sopporta la penosa fatica del lavoro in unione con Gesù, in un certo senso, coopera con il Figlio di Dio alla Sua opera redentrice e si mostra discepolo di Cristo portando la Croce, ogni giorno, nell'attività che è chiamato a compiere. In questa prospettiva, il lavoro può essere considerato come un mezzo di santificazione e un'animazione delle realtà terrene nello Spirito di Cristo.576 Così raffigurato il lavoro è espressione della piena umanità dell'uomo, nella sua condizione storica e nella sua orientazione escatologica: la sua azione libera e responsabile ne svela l'intima relazione con il Creatore ed il suo potenziale creativo, mentre ogni giorno combatte lo sfiguramento del peccato, anche guadagnandosi il pane con il sudore della fronte.
c) Il dovere di lavorare
Verniciatore al lavoro, sopra un grattacielo di New-York
264 La consapevolezza della transitorietà della “ scena di questo mondo ” (cfr. 1 Cor 7,31) non esonera da alcun impegno storico, tanto meno dal lavoro (cfr. 2 Ts 3,7-15), che è parte integrante della condizione umana, pur non essendo l'unica ragione di vita. Nessun cristiano, per il fatto di appartenere ad una comunità solidale e fraterna, deve sentirsi in diritto di non lavorare e di vivere a spese degli altri (cfr. 2 Ts 3,6-12); tutti, piuttosto, sono esortati dall'Apostolo Paolo a farsi “ un punto di onore ” nel lavorare con le proprie mani così da “ non aver bisogno di nessuno ” (1 Ts 4,11-12) e a praticare una solidarietà anche materiale, condividendo i frutti del lavoro con “ chi si trova in necessità ” (Ef 4,28). San Giacomo difende i diritti conculcati dei lavoratori: “ Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori che hanno mietuto le vostre terre grida; e le proteste dei mietitori sono giunte alle orecchie del Signore degli eserciti ” (Gc 5,4). I credenti devono vivere il lavoro con lo stile di Cristo e renderlo occasione di testimonianza cristiana “ di fronte agli estranei ” (1 Ts 4,12).
265 I Padri della Chiesa non considerano mai il lavoro come “ opus servile ” — tale era ritenuto, invece, nella cultura loro contemporanea -, ma sempre come “ opus humanum ”, e tendono ad onorarne tutte le espressioni. Mediante il lavoro, l'uomo governa con Dio il mondo, insieme a Lui ne è signore, e compie cose buone per sé e per gli altri. L'ozio nuoce all'essere dell'uomo, mentre l'attività giova al suo corpo e al suo spirito.577 Il cristiano è chiamato a lavorare non solo per procurarsi il pane, ma anche per sollecitudine verso il prossimo più povero, al quale il Signore comanda di dare da mangiare, da bere, da vestire, accoglienza, cura e compagnia (cfr. Mt 25,35-36).578 Ciascun lavoratore, afferma sant'Ambrogio, è la mano di Cristo che continua a creare e a fare del bene.579
266 Con il suo lavoro e la sua laboriosità, l'uomo, partecipe dell'arte e della saggezza divina, rende più bello il creato, il cosmo già ordinato dal Padre; 580 suscita quelle energie sociali e comunitarie che alimentano il bene comune,581 a vantaggio soprattutto dei più bisognosi. Il lavoro umano, finalizzato alla carità, diventa occasione di contemplazione, si trasforma in devota preghiera, in vigile ascesi e in trepida speranza del giorno senza tramonto: “ In questa visione superiore, il lavoro, pena ed insieme premio dell'attività umana, comporta un altro rapporto, quello cioè essenzialmente religioso, che è stato felicemente espresso nella formula benedettina: “Ora et labora”! Il fatto religioso conferisce al lavoro umano una spiritualità animatrice e redentrice. Tale parentela tra lavoro e religione riflette l'alleanza misteriosa, ma reale, che intercede tra l'agire umano e quello provvidenziale di Dio ”.582
FINE