2. L'EUROPA E IL CROCIFISSO: LA CRISTIANOFOBIA AL POTERE
Da : http://www.cesnur.org/2009/mi_lautsi.htm 18-11-09
Ci siamo. Da
diverso
tempo
s'accumulavano
i segnali di
un prossimo
colpo delle
istituzioni
europee
contro il
cristianesimo
e la Chiesa
Cattolica.
Qualche mese
fa, il 4
marzo 2009,
avevo avuto
occasione di
partecipare
come esperto
a Vienna a
una
conferenza
dell’OSCE
(Organizzazione
per la
Sicurezza e
la
Cooperazione
in Europa),
dove era
stato
lanciato
l’allarme su
una montante
«cristianofobia»,
che in
diversi
Paesi non si
limitava più
alla
propaganda
ma si
esprimeva in
leggi e
sentenze
contro la
libertà
religiosa e
di
predicazione
dei
cristiani e
contro i
loro
simboli.
L’attacco
anticristiano
si era
finora
svolto in
modo
prevalentemente
indiretto,
attraverso
la
proclamazione
di presunti
«nuovi
diritti»:
anzitutto,
quello degli
omosessuali
a non essere
oggetto di
giudizi
critici o
tali da
mettere in
dubbio che
le unioni
fra persone
dello stesso
sesso
debbano
godere degli
stessi
riconoscimenti
di quelle
fra un uomo
e una donna.
Tutelando
gli
omosessuali
non solo –
il che
sarebbe
ovvio e
condivisibile
– da
violenze
fisiche, ma
da qualunque
giudizio
ritenuto
discriminante
ed
etichettato
come
«omofobia»,
le
istituzioni
europee
violavano
fatalmente
la libertà
di
predicazione
di tutte
quelle
comunità
religiose,
Chiesa
Cattolica in
testa, le
quali hanno
come parte
normale del
loro
insegnamento
morale la
tesi secondo
cui la
pratica
omosessuale
è un
disordine
oggettivo e
uno Stato
bene
ordinato non
può mettere
sullo stesso
piano le
unioni
omosessuali
e il
matrimonio
eterosessuale.
La sentenza
«Lautsi c.
Italie» del
3 novembre
2009 della
Corte
Europea dei
Diritti
dell’Uomo,
segna il
passaggio
della
cristianofobia
dalla fase
indiretta a
una diretta.
Non ci si
limita più a
colpire il
cristianesimo
attraverso
l’invenzione
di «nuovi
diritti»
che,
proclamando
il loro
normale
insegnamento
morale, le
Chiese e
comunità
cristiane
non potranno
non violare,
ma si
attacca la
fede
cristiana al
suo cuore,
la croce.
I giudici di
Strasburgo –
dando
ragione a
una
cittadina
italiana di
origine
finlandese –
hanno
affermato
che
l’esposizione
del
crocefisso
nelle aule
scolastiche
italiane
viola i
diritti dei
due figli,
di undici e
tredici
anni, della
signora
Lautsi, li
«perturba
emozionalmente»
e nega la
natura
stessa della
scuola
pubblica che
dovrebbe
«inculcare
agli allievi
un pensiero
critico».
Ove tornasse
in
Finlandia,
la signora
Lautsi
dovrebbe
chiedere al
suo Paese
natale di
cambiare la
bandiera
nazionale,
dove come è
noto figura
una croce,
con quale
perturbazione
emozionale
dei suoi
figlioli è
facile
immaginare.
Basta questa
considerazione
paradossale
per capire
come, per
qualunque
persona di
buon senso,
la croce a
scuola o
sulla
bandiera non
è uno
strumento di
proselitismo
religioso ma
il simbolo
di una
storia
plurisecolare
che, piaccia
o no, non
avrebbe
alcun senso
senza il
cristianesimo.
In Italia la
signora
Lautsi
intascherà
cinquemila
euro dai
contribuenti
– un piccolo
omaggio
della Corte
di
Strasburgo –
e avrà
diritto di
far togliere
i crocefissi
dalle aule
dove
studiano i
figli.
Certo, ci
sarà
l’appello, e
giustamente
il nostro
governo
rifiuterà di
applicare
questa
sentenza
ridicola e
folle.
Ma le «toghe
rosse»
italiane si
sentiranno
incoraggiate
dai colleghi
europei. Che
non sono
tutti
«stranieri»
dal momento
che uno dei
firmatari
della
sentenza è
il giudice
italiano a
Strasburgo,
il dottor
Vladimiro
Zagrebelsky,
campione –
insieme al
fratello
minore
Gustavo –
del laicismo
giuridico
nostrano.