Nei Lavori dei Calendari agricoli medioevali 1) , il lavoro è un mezzo di riscatto terreno e insieme soprannaturale: è redenzione dell'uomo dalla miseria materiale, perché ci si emancipa guadagnandosi onestamente da vivere; è redenzione dell'uomo dalla miseria del peccato, perché la fatica e il sacrificio quotidiano, non sono più inutili o senza adeguato senso, ma sono pegno di vita eterna; Dio li considera un merito che nel contesto generale degli altri meriti del cristiano, contribuisce a far guadagnare il premio eterno.
Questa lezione medioevale, molto evidente perché tradotta in bellissime immagini pittoriche o scultoree, tuttavia, come concetto teologico, non è limitata ai calendari e non è limitata al medioevo, ma è un concetto tipico del cristianesimo, secondo il quale il Lavoro è sostanzialmente una dimensione importante dell'esistenza che fa parte del generale itinerario alla santità, itinerario che costituisce la vocazione fondamentale di ogni credente.
Ne consegue, pertanto, che per il cristianesimo, il Lavoro è mezzo di santificazione, prima ancora di essere mezzo di guadagno o di sostentamento.
Dentro questo contesto, la dimensione della fatica, che contraddistingue inevitabilmente ogni tipo di lavoro (manuale o intellettuale che sia), non viene cancellata dalla Presenza o Compagnia o Grazia di Dio; tuttavia viene fortemente trasfigurata, perché anzitutto impregnata di forte senso salvifico (riscatto eterno, oltre che materiale, come abbiamo detto sopra), e perché la Presenza di Dio non disdegna la povertà dei mezzi e dell'essere. Infatti Dio non disdegna i limiti umani (come ad es. l'arretratezza tecnica o economica, o persino morale...), ma gradisce che l'uomo usi le sue facoltà volitive, intellettive, atletiche e umane, per superare i propri limiti (per superarsi) e progredire verso traguardi maggiori. Ciò che Dio disapprova è soltanto la mancanza di buona volontà e il peccato, ma non disprezza le umili condizioni, anzi più queste costituiscono per la loro bassa condizione, un motivo e un desiderio di progresso, più Dio stesso ispira, promuove e benedice i progetti di riscatto e di emancipazione.
In conclusione, l'aratore e il netturbino da un lato, l'astronomo e il professore dall'altro, presi come simboli di professioni tipicamente manuali e intellettuali, nonostante la diversità professionale e quotidiana, fanno una stessa esperienza simile, di alto valore agli occhi di Dio: vale a dire il desiderio di riscatto, di innalzarsi da una condizione più bassa che è l'attuale, ad una più alta che sarà in un futuro più o meno imminente; vale a dire, in ultimo, il desiderio che hanno entrambi della vita eterna, nonostante i limiti evidenti e attuali della vita mortale.
Senza il Lavoro e la fatica connessa dopo la caduta d'origine dei Progenitori, in ogni categoria sociale, il desiderio di riscatto terreno e della vita eterna, non sarebbe tanto chiaro e tanto forte; onde la salvezza terrena ed escatologica dell'uomo, sarebbe meno distinguibile e più difficile da perseguire.
E' dunque necessario imparare ad esercitare la fatica, senza odiarla perché negativa e senza idolatrarla perché positiva. In altre parole è bene simpatizzare per la fatica, nella misura in cui se ne costata il contributo benedetto da Dio, al riscatto e alla promozione umana ed escatologica dell'uomo; ma è anche bene, porre dei limiti alla stessa fatica, nella misura in cui, il suo eventuale eccesso (dovuto per es. a sfruttamento umano o ad arretratezza tecnica...) ostacola il riscatto e la promozione umana ed escatologica, contraddicendo i disegni provvidenziali e offendendo la stessa Presenza quotidiana o Grazia divina del Redentore, sia a livello antropologico, perché le creature umane sono immagine di Dio (e chi le sfrutta o le lascia nell'arretratezza, offende Dio), sia a livello teologico, perché le stesse creature umane, sono oggetto della presenza viva dello Spirito Santo (e chi le esaspera nella fatica, offende un'altra volta, Dio stesso).
1. Crf. per es. : I Mesi rappresentati sull'imbotte dell'archivolto di Santa Maria della Pieve, ad Arezzo .
FINE
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