ABBAZIE DI TIFI E DICCIANO

(Da : Geremia Chinali , Il castello di Caprese e Michelangelo Buonarroti -Compendio storico

con appendici e documenti- , AR , Bellotti 1904 , pp 55-6; 321-29)

 

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Finestra sul popolo aretino, toscano, italiano

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Chiesa abbaziale di Tifi vista da nord (crf: Panorama)  , già esistente nel 1065 : conserva tuttoggi l'impianto conventuale annesso, sebbene non vi siano più i monaci camaldolesi dalla soppressione francese del 5-9-1808 . Foto 15-1-06.
Chiesa di Dicciano , oggi completamente abbandonata , vi pascolano attorno i porci . Niente rimane della antica chiesa abbaziale . La Badia di Dicciano fu soppressa pure nel 1808 .  Foto 15-1-06 .

 

INDICE

1. La predicazione quaresimale a Tifi

2. LeAbbazie di Tifi e Dicciano

 

TESTO

 

1. La predicazione quaresimale a Tifi (pp. 55-6)

 

                Santa Maria a Dicciano e San Martino a Tifi (Badie) riunite in una sola parrocchia della Prioria di Dicciano, nel piviere di San Casciano Tifi e col titolo di Cappellania curata 1). Nel campanile a vela della chiesa di Tifi con quattro aperture, vi sono due sole campane; e in quella grossa si legge: + MENTEM SANCTAM SPONTANEAM ONOREM DEO ET PATRIAE LIBERATIONEM . JACOPUS ME FECIT M. CCCCC. IX; nella piccola: MENTEM SANCTAM SPONTANEAM ONOREM DEO ET PATRIAE LIBERATIONEM. FRANCISCUS JERONIMI DE CORTONA FECIT     MCCCCLXV. Ambedue le chiese non hanno nè canonica nè possessi, poichè appartenendo ai monaci camaldolesi, nella soppressione degli ordini religiosi fu tutto incamerato e venduto.

                In questa chiesa è solita farsi da molto tempo la predicazione  quaresimale, e dai registri della Potesteria di Caprese (vol. VIII, pag. 12 tergo) trovasi che nel 1644, il 1° di novembre, fu nominato il predicatore per la chiesa di Tifi «con la solita elemosina e i soliti obblighi » 2) .

                La predicazione quadragesimale si fece per qualche tempo in Monna, a Sovaggio e a Tifi, dando a ciascun predicatore un terzo della elemosina che pagavano prima, e ciò fino al 1785, nel qual tempo dal Governo francese fu soppressa in tutte quelle parrocchie.

                Il 2 novembre del 1825 fu ripristinata soltanto nella chiesa di Tifi perchè più centrale e grande, con l' intera e solita elemosina di L.84 toscane, pari a L. 70, 56 italiane, e continua ancora a farsi a spese del Comune, meno  l' interruzione di qualche anno addietro in quanto che la Prefettura di Arezzo radiò la previsione dal bilancio; ma il rettore di Tifi rivendicò il diritto sostenendo l' antichità dell' obbligo.

                Fu ancora fatta domanda dai parroci di San Cristofano e San Polo verso il 1865 per ripristinarla in Monna, ma il Consiglio di Caprese la    rigettò (pp. 55-6) .

 

2. Le Abbazie di Tifi e Dicciano (pp. 321-29)

 

«L' anno 480 S. Benedetto gettò  in Italia i fondamenti dell' ordine, che doveva con triplice gloria, cui nessun' altra Società è mai  pervenuta, convertire l' Europa al cristianesimo, mettere a coltivazione i suoi deserti, riaccendere nel suo seno la face delle scienze» (Chateaubriand , Genio del cristianesimo, Tom XII, § V).

 

                La Congregazione benedettina istituita in Camaldoli da San Romualdo 1) fra il 1009 ed il 1012, acquistò presto celebrità e venerazione nei paesi limitrofi per la cristiana perfezione e per l' esemplare condotta dei monaci. Ciò, valse perchè quanti zelavano la gloria di Dio, favorissero il luogo scelto dal fondatore per asilo solitario de' suoi discepoli; i quali, secondo la regola, alla fervente preghiera e alla rigida penitenza unirono gli esercizi dell' agricoltura, coltivando e rendendo feconde le sterili terre donate alla Congregazione dai fedeli ammiratori di tanta virtù.

                A questo splendido esempio non pochi di essi, fra i quali molti facoltosi e di nobili e feudali famiglie dei dintorni,  abbandonando la vita mondana, vestirono le candide e sacre lane di San Romualdo; e, come i primitivi cristiani ai piedi degli Apostoli, renunziarono le loro ricchezze e proprietà a benefizio della novella Istituzione, non tanto perchè nulla mancasse al nascente Cenobio eremitico nella villa di Fonte Buona, donata dal Conte Maldolo 2) a San Romualdo, quanto perchè s' instituissero altre Abbazie.

                Infatti la Congregazione camaldolese ebbe in breve così grata accoglienza nell' Aretino, da esservi dappertutto fondati Monasteri ed Abbazie. I più ricchi feudatari fecero a gara nel donare vasti possessi, e nel territorio di Caprese sorsero, a pochi anni d' intervallo l' una dall' altra, le abbazie di San Bartololneo in loco Tiphio  3) cioè di Tifi, e di Santa Maria a Decciano (Dicciano), poste a breve distanza fra loro, sul culmine di due colli che si elevano dalla sponda sinistra della Singerna, l' una lontana dal castello di Caprese circa un chilometro, l' altra tre chilometri.

                Tale subita e provvidenziale istituzione di monasteri e d'abbazie Camaldolesi, chiaro dimostra come in questi popoli fosse vivo e profondo lo spirito religioso, al quale fu attribuita l' origine delle ricordate Abbazie, nonchè di quelle di Papiano, d' Anghiari, di San Sepolcro e di altre.

                Non abbiamo prove sicure se le due abbazie di Tifi e Dicciano costruite nei beni dei conti di Galbino, furono fondate da San Romualdo che morì nel 1027, ovvero dai suoi primi successori. È peraltro certissimo che quella di Tifi era già fondata nel settembre del 1065 e n' era abate un certo Giovanni, mentre nel 1089 è ricordato un priore di nome Donato 4).

                In un istrumento del gennaio 1089, stipulato da vari patroni della consorteria dei conti di Galbino, si legge che essi ed i loro antecessori avevano fondato la chiesa e il monastero di Tifi; e confermando la loro fondazione 5) lasciavano il libero governo e dominio allo abate Gerardo 6).  L' abbazia di Tifi fu sempre dipendente dall' abate di  Camaldoli, il quale nominava un abate ed il suo vicario. Uno di essi è ricordato fino dal 1438 quando l' abbazia fu unita a quella di Dicciano, fondata, lo ripetiamo, non molto dopo la prima 7).

                Per la donazione che i conti di Galbino fecero del castello di Caprese e di altri castelli e possessioni, da essi posseduti nell' adiacente territorio, acquistarono il diritto di patronato sulla  amministrazione comunale. Il qual diritto pare fosse trascurato per qualche tempo; ma a richiesta dei padri di Camaldoli il Consiglio dei Nove, che tutelava allora i diritti delle potesterie, decretò che non erano legali gli stanziamenti fatti dal Consiglio di Caprese se non era invitato l' abate di Tifi, quale rappresentante dell' Ordine 8).

                Dell' abbazia di Dicciano (appellata Diariano, per errore di  trascrizione, nell' atto di nascita di Michelangelo), non trovasi memoria nei documenti camaldolesi già pubblicati nella prima appendice di questo libro, anteriore al marzo 1081; nel qual tempo eravi abate un don Pietro che cedè una porzione di terra dell' Abbazia ai fratelli Alberico e Bernardo di Ranieri, accettando in sostituzione la chiesa di San Girolamo d' Anghiari con certi diritti 9).

                La più importante donazione fatta alla Congregazione camaldolese fu quella di Bernardino, Alberico e Ranieri ed altri della loro famiglia, detta di Sidonia conti di Galbino, che come accennammo ne furono i fondatori. I  quali negli anni 1085, 1088, 1089, 1104 e 1105 10) donarono tutti i loro beni che possedevano in Caprese, in Anghiari ed altrove; donazioni che             continuarono i loro eredi e parenti per molto tempo.

                Da ciò è ragionevole inferire che per le continue donazioni e conferme di quelle fatte dai loro antenati alle abbazie di Tifi e di Dicciano, essi ne fossero i fondatori e i patroni e ne avessero la giurisdizione. Nel 1082 Alberigo conte di Galbino vendendo al fratello Bernardino la sua parte di eredità del castello d' Anghiari e del piviere di Micciano , fra le altre giurisdizioni che si riserbò , fu compresa quella dell' abbazia  di Dicciano 11). In che consistessero queste giurisdizioni lo sappiamo da un privilegio del maggio 1133, concesso dal papa Innocenzo II°  all' abate Bono di Santa Maria a  Dicciano.

                E sappiamo che le dette abbazie  di Dicciano e di Tifi furono visitate nel 1432 dal dottissimo e illustre abate Ambrogio Traversari come maggiore di Camaldoli e generale dell' ordine 12) . In seguito alla qual visita riuniti il titolo e le sostanze di esse n'ebbe l'approvazione  da Eugenio IV con bolla del 6 aprile 1438 , un anno avanti che lo colpisse la immatura morte, e proprio quando il Papa per rimunerare il merito  e gli ottimi servizi resi alla Chiesa ,  aveva stabilito di nominarlo cardinale 13).

                Nel 1447 succedette ad  Ambrogio Trversari, come generale       dell' ordine , Mariotto della famiglia degli Allegri d' Arezzo, che ottenne in commenda da Niccolò V°  le due Abbazie, confermategli da Sisto IV nel 1471, cioè quattro anni prima della nascita di Michelangelo Buonarroti; laonde si crede che quando n'era rettore don Andrea di.... da Poppi 14), uno dei compari del celebre artista, tenesse in commenda l' abbazia di Dicciano l'abate Mariotto 15 ) a cui, per esser morto nel 1478, succedè l' abate Girolamo Griffoli di Firenze 16 ) .


                Nel 1475 era abate di Tifi don Michele da Volterra 17), e fu allora, o poco dopo, che Giuliano d' Amedeo, monaco camaldolense, colorì il bel quadro ricordato nel capitolo I , pagina 8, forse in occasione di qualche restauro della chiesa, poichè nella trave sopra i due altari laterali si vedono incisi il nome dell' abate D. Michele, il suo stemma e il 1484, forse l' anno in cui fu posta la trave 18).

                Si continuò a dare in commenda l' Abbazia di Dicciano fino al 1567, allorchè il commendatore canonico Roberto Bellarmino di Montepulciano, notissimo teologo, la cedè all' eremo di Camaldoli per           l' annuo vitalizio di scudi cento (L. 588) da pagarsi ad un suo nipote. E tale assegno fu dato a titolo di congrua al Rettore o Priore della Chiesa di Dicciano fino al 1900, aumentata per disposizione di nuove leggi.

                Alla chiesa di Tifi dichiarata, non sappiamo quando, Cappellania curata, furono stanziati scudi quaranta (L.240) come assegno per un cappellano dipendente in tutto dal priore di Dicciano; nè credo che siasi aumentato.

                Scrisse il Repetti nel citato Dizionario, che l' abbazia di Dicciano fu soppressa nel secolo XVIII,  conservando alla chiesa il battistero sebbene facesse parte del plebanato di San Casciano in Caprese. Ma nonostante           l' autorità di quello scrittore, è probabile che egli prendesse abbaglio, sapendosi da inoppugnabili documenti che il battistero esisteva in San Casciano fin dal 1635. Poteva benissimo trovarsi in Dicciano anche prima di quel tempo, giacchè nell' inventario di San Casciano del 1573 non si ha memoria del fonte battesimale 19) , nè esiste nell' inventario di Dicciano del 1783, come or ora vedremo. 

                La presenza al battesimo di Michelangelo del rettore di Dicciano, don Andrea di.... da Poppi, come abbiamo detto più volte, fa con probabilità supporre che egli fosse chiamato a recare le acque lustrali nella chiesa di San Giovanni di Caprese per battezzare, nel 1475, il predestinato fanciullo. Del resto non sappiamo con certezza dove fosse il fonte battesimale.

                Forse per scarsità di monaci sacerdoti la Congregazione camaldolese teneva a Dicciano, nel 1783, un prete a sue spese, poichè a quel tempo eravi priore don Angiolo Romoli nativo di Strapolino, che ritirava scudi ottanta dai monaci di Camaldoli, come si ha in un inventario che più sotto pubblichiamo. Dal quale si rileva che la Congregazione camaldolese provvedeva a tutto, mentre nell' abbazia di Tifi dimorava l' Abate; e il 5      settembre del 1808, data della soppressione, si trovava Fra Bartolomeo Speroni che sottoscrisse lo stato patrimoniale dei beni, fatto fare dal Governo francese al comune di Caprese 20).

                L' abate di Tifi vi fu forse lasciato per tenere l' amministrazione, per custodire e vendere insieme col commissario (probabilmente agente di beni) tutte le grasce che si raccoglievano negli otto poderi esistenti nel territorio di Caprese, e nei quattro in comune d' Anghiari annessi all' agenzia di Tifi, come resulta dallo stato attivo delle Corporazioni religiose soppresse, che      conservasi nell' Archivio di Stato in Firenze 21).

                Sotto il Governo francese e l'impero napoleonico nel 1808 furono soppresse le due Abbazie ed incamerati tutti i beni che le corporazioni religiose possedevano a Caprese , cioè ai Bnedettini di Camaldoli quelli più sopra descritti, ed ai Benedettini della Badia di Firenze, i poderi di San Casciano ed i Soderi, compresi nell' agenzia di San Casciano annessa a quella della Badia Tedalda; i quali tutti, dopo l' incameramento, furono affittati per cinque anni a Pietro Brizi, e messi all' incanto prima che terminasse l' affitto 22) .

                Nel 1810, a cura del Municipio ed a richiesta dello stesso Governo, fu compilato per assegnare la congrua, un elenco dei Curati di Caprese, era allora a Tifi rettore don Antonio Landucci; ma in altro elenco del 1813 era succeduto don Brizio Mazzoni, ai quali si davano scudi 40 sui beni demaniali senza altra rendita. A Dicciano v' era don Angiolo Romoli che riscuote anche lui sui beni demaniali fr. 529,20 oltre la rendita di un piccolissimo orto. Egli non ha altro assegnamento, ed è obbligato a mantenere la Chiesa, la canonica e gli arredi sacri e la lampada. (Rescritto sovrano de' 12 giugno 1784).

                Dell' antica chiesa di Dicciano non rimane più nulla. Negli scavi per le fondazioni della nuova Chiesa ,  furono trovati varii pezzi di colonne marmoree scannellate e a spirale, capitelli e basi di travertino e di marmo statuario, le quali servirono di sostegno agli archi della Chiesa prima. La nuova fu costruita nel  1887 sulle fondamenta della vecchia, col sussidio del governo, col concorso del popolo e con la cooperazione premurosa del vivente priore don Giuseppe Cardinali.

                In questa bella chiesa, eseguita sul disegno di Angiolo Cungi, vi sono un altare ricco di marmi e una balustrata in pietra. Nel 1897 fu costruita a tergo di essa la sagrestia.

                                 Del cenobio si conservano poche stanze, che per essere mal ridotte furono abbandonate fino dal 1836 al tempo del priore don Romoli, assegnate nel 1895 dal ricordato priore Cardinali alla famiglia d' un custode; ma divenendo sempre più rovinose, non potranno essere abitabili per molto tempo ancora, e speriamo che non sia lontano il giorno in cui si ponga mano a costruire la canonica, della quale parleremo qui appresso.

                A compimento della illustrazione di questa antica Abbazia, diremo che il cenobio, o canonica di Dicciano , è descritto in un inventario del 1783, conservato nell' ufficio del Subeconomo dei Benefizi Vacanti in San Sepolcro, fatto al tempo del priore don Angiolo Romoli e da esso sottoscritto. Eccolo: 

«Inventario della Chiesa di Santa Maria a Dicciano:

                Canonica: La cucina con quattro porte e in buono grado - finestre con vetri - camino di pietra e forno - una camera attigua con finestre di vetri ed una porta che si serra a stanga - un legnaio contiguo alla cucina - la sala con due bussole ed una finestra con vetri - una camera contigua alla sala con finestra di vetro - un colombaio - stalla e capanno e la porta che si serra con stanga - La fabbrica della canonica è in buono grado - un orto dentro le mura della canonica.

                Chiesa : La Chiesa della lunghezza di braccia 20 e larga 14 - Pensione scudi 80 - Il suddetto Parroco non ha effetti ritirando in contanti la congrua dai Padri di Camaldoli - non ha mallevadore perchè i Frati di Camaldoli mantengono il tutto -

                La copia di questo inventario si trova nella Genzia di Tifi - Fatto in occasione di visita dei RR. PP. compatroni da me sottoscritto. Angiolo Romoli priore » .

                La chiesa ha una sola campana che giudicando dal suono sembra incrinata. In essa si legge:

                MENTEM SANCTAM SPONTANEAM HONOREM DEO ET PATRIAE LIBERATIONEM - TEMPORE DOMINI ANTONI VIVE (sic) SABATINI ABBAS S.TE MARIAE DE DICCIANO - OPUS JULIANI MARIOTTI DE NAVI FLORENTINI MCCCCXXXX.

                Con pubblico testamento rogato dal notaro ser Augusto Aloigi-Luzzi di Sansepolcro ed ivi registrato il 9 giugno de11897 , Maria Comparini vedova Simoncelli, moglie in seconde nozze a Mencherini Giovan battista,  domiciliata ai Pigolotti, popolo di Dicciano, non avendo figliuoli, dispose a favore della chiesa parrocchiale quanto appresso:

                «Dò e lego per una sol volta alla Chiesa di S. Maria a Dicciano in comune di Caprese , lire cinquemila italiane con onere al Rettore protempore della medesima , di celebrare in perpetuo, e tutti gli anni, quattro Messe nel giorno anniversario della mia morte, pagabile il detto legato di lire 5000 dopo la morte del mio marito Giovan Battista Mencherini, senza frutti» .

                Dicesi che il notaro equivocasse nello scrivere, e che il legato fosse per la costruzione della canonica, perchè il parroco avesse residenza presso la chiesa.

                Morta la benefica legataria poco dopo aver fatto testamento, il Mencherini dovè pagare lire settecento per tassa di successione del legato stesso; e volendo sodisfare all' obbligo in vita, s' accordò col Parroco, con la Curia Vescovile di Sansepolcro e col Governo di poter disporre del relativo capitale per la costruzione della canonica, destinando altresì un fondo presso la Curia Vescovile sufficiente a soddisfare annualmente il legato delle quattro Messe.

                Morto nella prima domenica d' ottobre del 1902 il canonico Rossi di Sansepolcro Vicario Vescovile, che stabilì la conversione del capitale nel modo sopradetto, pare che il legato non debba servir più per la costruzione della canonica, ma rimanere intatto secondo la disposizione del testamento.

                Giacchè ci è dato di trovare una notizia sugli Annali Camaldolesi voI. VII, pag. 240, di D. Michele priore di Tifi, di cui abbiamo parlato a pagg. 8 e 325, crediamo opportuno di riportarla. La notizia dice che il 28 novembre 1454 , ottavo anno di pontificato di Niccolò V, Giovanni Evangelista, Abate di Sansepolcro, mandò dal Monte San Savino priore a Tifi, Michele...(da Vollerra) , quei che fece colorire il quadro a Giuliano       d' Amedeo (pp. 321-29) .

NOTE

1. La predicazione quaresimale a Tifi

1 : Vedasi per Tifi il cap. 1, p. 7, e per Dicciano la Parte II, cap. 1 .

2 : Riscontrato il vol. VII che finisce con l'anno 1556 non trovasi menzionata la predica a Tifi. Si vede che l'istituzione di essa fu dal Comune di Caprese deliberata nel periodo degli 88 anni, cioè dal 1556 al 1644, dei quali anni mancano affatto i libri delle riformazioni nell' archivio comunale .

 

2. LeAbbazie di Tifi e Dicciano

1 : S. Romualdo nato in Ravenna nel 907 e morto d'anni 120 il 19 giugno 1027, era figliolo del Duca Sergio, il quale edificato della vita monastica di lui, vestì anch'esso l'abito della congregazione, e si venera fra i beati dell' ordine . Sergio apparteneva alla nobile famiglia degli Onesti, il cui padre fu Gisolfo che, caduto il dominio dei Longobardi , pose la sua signoria a Ravenna nel 774. Gisolfo era pronipote di Romualdo duca di Benevento, primogenito di Grimoaldo, nel 662 Re dei Longobardi. Cenni storici di Camaldoli, seconda edizione; Firenze 1864, cap. V , pagine 33-34 .

2 : Il conte Maldolo , fatta la donazione di Fonte Buona a San Romualdo, vestì anch' egli l'abito e si fece eremita camaldolese (Crf. Cenni storici di Camaldoli , ed. cit. pp. 48-50) . Dal nome del donatore, l' ordine e il luogo si chiamarono Camaldoli, cioè Casa di  Maldolo .

3 : Crf a pp. 7-8 e 55 della Parte prima, e App. I , documenti sotto i numeri 3, 4 , 5, 6 .

4 : App . I , della Prima parte, n. 4 .

5 : Vedi App. I , n. 15 .

6 : Repetti , cit. , vol I , p. 181 .

7 : Vedasi il doc. n. 7 (marzo 1081) a p. 84-5 .

8 : Crf a p. 25-6 di questo volume .

9 : App. I , doc. 7 , p. 84 .

10 : Vedi i doc. da p. 85 a 88 in questo libro .

11 : Crf doc. 10 pp. 85-6 .

12 : Repetti , Dizionario geografico, fisico , storico della Toscana, vol I , p. 181 , all' art. Badia di Decciano e Tifi .

13 : Cenni storici di Camaldoli , cit. p. 199 .

14 : Poiché i superiori di queste abbazie sono 2, cioè un abate e un vicario, pare che il di 8 marzo 1475, quando fu battezzato Michelangelo, l'abate fosse assente o tenesse l' ufficio di rettore don Andrea di ... da Poppi, probabilmente vicario .

15 : Valle tiberina , vol. I , p. 322 ; FI , Tip. all' Insegna di S. Antonino, 1866 .

16 : Annali camaldolesi , lib. 67, p. 298 .

17 : Archivio di Stato di Firenze, Diplomatico di Camaldoli, Atto 7 maggio 1475, col quale l'abate di Tifi don Michele da Volterra, comprò un appezzamento di terra denominato Capraie . E in altro atto anteriore di 6 giorni , lo stesso abate concesse a livello la metà del podere di Gricigliano .

18 : Vedi a p. 8 di questo libro .

19 : Vedi a p. 57 .

20 : Vedi doc. nell' Archivio Comunale di Caprese, vol. intitolato Atti del governo francese dal 1808 al 1813 .

21 : Convento n. 39, vol. 292, 293 . Agenzia di Tifi ec. Poderi che la compongono :  1. Tifi, terre di proprio conto con casa di 9 stanze per l'Agente, stalle , cantine , granai, ec. col. n. 76 .  2. Gricigliano, col. n. 77;  3. Sega :, col. n. 78;  4. Marcena , col n. 78 ; 5. Armena , col. n. 80 ; 6. Colle , col. n. 81 ; 7. Casalino , col n. 81; 8. Gragnano, col. n. 83 , posti tutti nel Comune di Caprese . Ed in Comune     d' Anghiari : 1. Casalbocca, col. n. 84 ; 2. Casalanda , col. n. 85 ; 3. Mulinaccio, col. n. 86; 4. Fischiatoso, col. n. 87, ed una stanza nella terra d' Anghiari per magazzino di grasce .

22 : I possessi suddetti , compreso quelli che i monaci suddetti tenevano nel comune di Pieve S. Stefano, il 15 giugno 1813, furono aggiudicati a Collacchioni Gio.[vanni] , Tommasi fu G. Battista, Cherici Stefano e Mercanti Luigi del fu dottor Pietro: con atto privato di dichairazione del di 17 dicembre 1813 si divisero questi beni, ed il 21 del detto mese con atto publico rogato Fiascaini, ratificarono compra e divisione. Nella loro divisione furono così assegnati i poderi :

1. A collacchioni , per scudi 6830, lire 4 , soldi 13, denari 4, i poderi di Tramontone, la Pega o Sega, Gricigliano, Marcena, una Vigna al di là del Singerna ed un terzo della Macchia della Cella (Catasto di Sansepolcro, supplemento arroto n. 89) .

2. A Cherici, per scudi 3571, 1, 13, 4, i poderi di S. Casciano, Soderi , Il Colle e Il Casalino (idem n: 82) .

3. A Mercanti, per scudi 3317, 12, 10 i poderi di Gregnano, Armena e quello di Tifi con l'abitazione dell' agente e le Prata di San Casciano (idem n. 198) .

L'intero ammontare dei suddetti beni fu di scudi 13.718, 6, 19, 6 (Volume intitolato: Giustificazioni di volture dell'anno 1813) .

 

 

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