(Santa Caterina da Siena : Siena 1347- Roma 1380)
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Riassunto : la nuvila dell'amore proprio sensitivo di noi medesimi (che è riassunto dalla superbia)
è quello che tolle el cognoscimento o Grazia di Dio.
Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
Carissimo fratello e padre, per reverenzia del dolcissimo sacramento, in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi
alluminato di vero e perfettissimo lume acciò che cognosciate la dignità nella quale Dio v'à posto, però che senza el lume non la potreste cognoscere; non cognoscendola non rendereste gloria e loda alla somma bontà che ve l'à data, e non notricareste la fonte della pietà per gratitudine, ma disseccarestila nell'anima vostra, con molta ingratitudine. Però che la cosa che non si vede non si può cognoscere; non cognoscendola, non l'ama; non amandola, non può essere grato né cognoscente al suo Creatore: adunque ci è bisogno el lume.
O carissimo fratello, egli ci è di tanta necessità che se l'anima el considerasse quanto l'è di bisogno, ella eleggerebbe innanzi la morte che amare o cercare quella cosa che le tolle questo dolce e diritto lume. E se voi mi diceste: «Voglia ò di fuggirla, quale è quella cosa che mel tolle?», io vi risponderei, secondo el mio basso intendimento, che solo la nuvila dell'amore proprio sensitivo di noi medesimi è quello che cel tolle.
Questo è uno arbore di morte che tiene la radice sua intro la superbia - unde dalla superbia nasce l'amore proprio e dall'amor proprio la superbia, perché subbito che l'uomo s'ama di così_fatto amore presumme di sé medesimo -, e' frutti suoi generano tutti morte, tollendo la vita della grazia nell'anima che gli possiede e gli mangia col gusto della propria volontà, cioè che volontariamente caggia nella colpa del peccato mortale che germina l'amore proprio.
Oh quanto è pericoloso! Sapete quanto? che egli priva l'uomo del cognoscimento di sé, unde acquistarebbe la virtù de l'umilità - nella quale umilità sta piantato l'amore e l'affetto dell'anima che è ordenata in carità-, e privalo del cognoscimento di Dio, del quale cognoscimento traie questo dolce fuoco della divina carità. Però che di suo principio le tolse el lume con che cognosceva: e però si truova spogliata della carità, perché non cognobbe. Senza el cognoscimento è fatta simile all'animale, sì come per lo cognoscere con lume di ragione l'uomo diventa uno angelo terrestro in questa vita.
E spezialmente e' ministri, e' quali la somma bontà chiama e' cristi suoi: questi debbono essere angeli e non uomini; e veramente così sonno, se non si tolgono questo lume, e dirittamente ànno l'offizio dell'angelo. L'angelo ministra a ognuno in diversi modi, secondo che Dio l'à posto, e sonno in nostra
guardia dati a noi per la sua bontà; così e' sacerdoti posti nel corpo mistico della santa Chiesa a ministrare a noi el sangue e 'l corpo di Cristo crocifisso - tutto Dio e tutto uomo per la natura divina unita con la natura nostra umana: l'anima unita nel corpo, e il corpo e l'anima unita con la deità, natura divina del Padre eterno -, el quale die essere ed è ministrato da quegli che ànno vero lume, con fuoco dolce di carità, con fame de l'onore di Dio e salute dell'anime, le quali Idio v'à date in guardia acciò che il lupo infernale non le divori. Questi gusta e' frutti delle virtù che danno vita di grazia, che escono dell'arbore del vero e perfetto amore.
El contrario, sì come di sopra dicemmo, fanno quegli che tengono l'arbore della morte nell'anima loro, cioè dell'amore proprio: tutta la vita loro è corrotta, perché è corrotta la principale radice dell'affetto dell'anima. Unde se sonno secolari essi son gattivi nello stato loro, commettendo le molte ingiustizie, non vivendo come uomini ma come l'animale che s'involle nel loto vivendo senza veruna ragione: così questi cotali non degni di esser chiamati uomini - perché s'ànno tolta la dignità del lume della ragione -, ma animali, ché s'invollono nel loto della immondizia, andando dietro a ogni miseria secondo che l'appetito loro bestiale gli guida.
Se egli è religioso o cherico, la vita sua egli non la guida non tanto come angelo né come uomo, ma, come bestia, molto più miserabilmente che spesse volte non farà un secolare. Oh di quanta ruina e riprensione saranno degni questi cotali! La lingua non sarebbe sufficiente a narrarlo; ma bene el proverà la tapinella anima, quando sarà messa alla pruova. Preso ànno, questi cotali, l'offizio delle dimonia: le dimonia, tutto el loro studio ed essercizio è di privare l'anime di Dio per conducerle a quello riposo che à in sé medesimo; così questi cotali si sonno privati della buona e santa vita, perché ànno perduto el lume e vivono tanto scelleratamente quanto voi e gli altri che ànno cognoscimento possono vedere.
Essi son fatti crudeli a lor medesimi essendosi fatti compagni delle dimonia, abitando con loro inanzi el tempo. Questa medesima crudeltà ànno verso le creature, perché sonno privati della dilezione della carità del prossimo. Egli non sono guardatori d'anime, ma devoratori, ché essi medesimi le mettono nelle mani del lupo infernale. O miserabile uomo, quando ti sarà richiesto dal sommo giudice ragione, non potrai rendere; e non rendendola tu ne cadi nella morte eternale: ma tu non vedi la pena tua, perché tu ti se' privato del lume e non cognosci lo stato nel quale Idio t'à posto per la sua bontà.
Oimé, carissimo fratello! egli l'à posto come angelo, e perché sia angelo a ministrare el corpo de l'umile e immaculato Agnello; ed egli è dirittamente uno demonio incarnato. Non tiene vita di religioso, ché in sé non à veruno ordine di ragione; né vive come cherico, che debba vivere umilmente con la sposa del breviario a lato, rendendo el debito dell'orazioni a ogni creatura che à in sé ragione, e la substanzia temporale a' povaregli e in utilità della Chiesa, anco vuole vivere come signore, e stare in stato e in delizie con grandi adornamenti, con molte vivande, con enfiata superbia, presumendo di sé medesimo. Non pare che si possa saziare: avendo uno benefizio, egli ne cerca due; avendone due, egli ne cerca tre, e così non si può saziare. In iscambio del breviario son molti sciagurati (così non fusse egli!) che tengono le femmine immonde, e l'arme come soldati, e 'l coltello a lato, come si volessero difendere da Dio, con cui ànno fatto la grande guerra: ma duro gli sarà al misero a ricalcitrare a lui, quando distenderà la verga della divina giustizia. Della substanzia ne nutrica e' figliuoli, e quelle che sonno dimoni incarnati con lui insieme.
Tutto questo gli è nato dall'amore proprio di sé - el quale ponemmo che era uno arbore di morte, e' frutti suoi erano puzze di peccati mortali - el quale dà la morte nell'anima, perché ci à tolta la grazia essendo privati del lume. Ora aviamo veduto che solo la nuvila dell'amore proprio è quello che cel tolle: poiché tanto è pericoloso, è da fuggirlo e da fare buona guardia, acciò che non entri nell'anima nostra; e se egli ci è intrato, pigliare el rimedio.
El rimedio è questo: che noi stiamo nella cella del cognoscimento di noi, cognoscendo noi per noi non essere, e la bontà di Dio in noi; ricognoscendo l'essere e ogni grazia che è posta sopra l'essere da lui, e in noi vedere e' difetti nostri, acciò che veniamo a odio e dispiacimento della sensualità. E coll'odio fuggiremo questo amore proprio, trovarenci vestiti del vestimento nuziale {Mt22/11} della divina carità, del quale l'anima debba essere vestita per andare alle nozze di vita eterna.
All'uscio della cella porrà la guardia del cane della conscienzia, lo quale abbaia subbito che sente venire e' nemici delle molte e diverse cogitazioni nel cuore: e non tanto che abbai a' nemici, ma essendo amici sì abbaierà, venendo alcuna volta santi e buoni pensieri di volere fare alcuna buona operazione: si desterà questa dolce guardia, la ragione, col lume dello 'ntelletto, perché vegga s'egli è da Dio o no. E per questo modo la città dell'anima nostra sta sicura, posta in tanta fortezza che né dimonio né creatura gliele può tòllere; sempre cresce di virtù in virtù, infine che giogne alla vita durabile, conservata e cresciuta la bellezza dell'anima sua col lume della ragione, perché non v'è stata la nuvila dell'amore proprio: ché se l'avesse avuta, già non l'avarebbe conservata.
Considerando questo l'anima mia, dissi ch'io desideravo di vedervi alluminato di vero e perfetto lume. Adunque voglio che ci destiamo dal sonno della negligenzia, essercitando la vita nostra in virtù col lume acciò che in questa vita viviamo come angeli terrestri, anegandoci nel sangue di Cristo crocifisso, nascondendoci nelle piaghe dolcissime sue.
Altro non vi dico. Permanete ...etc.
Ricevetti la vostra lettera; intesi ciò che dice. Sappiate che di me non si può vedere né contare altro che somma miseria: ignorante e di basso intendimento. Ogni altra cosa si è della somma eterna Verità: a lui la reputate, e non a me. Teneramente mi raccomando alle vostre orazioni. Gesù dolce, Gesù amore.
FINE