PER NATALE I CREDENTI VERI, MAGNIFICANO DIO PIAMENTE; I MISCREDENTI IN GENERALE, RICEVONO UN INVITO LIETO A CREDERE, I MISCREDENTI IN MALAFEDE, RICEVONO INVECE UN INVITO STRAORDINARIO A RAVVEDERSI
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Raffaello Sanzio, Sacra Famiglia Canigiani (1507- 8), Monaco, Altepinakothek. |
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Pagina web con sottofondo musicale. |
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2.1 Conclusione: Il Natale chiede ai miscredenti in malafede di convertirsi
3. Appendice: Occorre fare la riforma dell'uomo, prendendo a modello nostro signore Gesù Cristo (Corrêa de Oliveira)
E' noto che Maria in visita a Santa Elisabetta, cioè poco prima della nascita umana di Gesù, disse: L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore... (Lc 1,46-47) .
Queste parole molto celebri dell'esordio della preghiera che la tradizione chiama Magnificat, pronunciate quando Dio era già concepito umanamente e aveva ormai una certa forma d'uomo nel seno della Vergine, descrivono sia una esperienza unica di Dio, quale ne fece la Madre gestante, sia una esperienza ordinaria del medesimo Dio, che in futuro, dal Natale in poi, molti o tutti i credenti in Cristo, avrebbero fatto, se non con la stessa pienezza e intensità della Madonna loro Madre, certamente con molte analogie e uguaglianze di quella pienezza materna e santa, essendo ora il tempo nuovo della salvezza e della Grazia.
Maria che fu Madre di Dio e pertanto Madre dei cristiani, non poteva non essere anche un modello di credente, cioè un modello di fede perfetta (seconda solo al suo Figliolo divino), che cosi come nel modo di credere riuscì irreprensibile e presta in totale e mirabile obbedienza all'Eterno per tutto l'arco della sua vita terrena, allo stesso modo espresse nelle suddette parole e in tutto il Magnificat, una descrizione poetica e archetipica, magistrale e insuperabile, della esperienza di Dio nell'animo umano, che forse, non ha eguali sia nella Bibbia (Salmi compresi) che nella storia del cristianesimo e dell'umanità tutta .
La sintesi di tale esperienza poetica archetipica e magistrale, che fece Maria stessa alla vigilia del Natale o della venuta di Dio nel mondo, consiste dunque nel fatto che di fronte a un tale evento natalizio, cruciale per la storia della salvezza e il destino futuro dell'umanità, proprio non si può, non si poteva non magnificare, non esultare; non si può, non si poteva non benedire l'Altissimo, come esplicitamente farà Zaccaria nel suo inno (Lc 1,68-ss) .
Si può dire pertanto che il Natale è la festa della magnificenza, della esultanza, della benedizione gratuita, che sfociano naturalmente nella adorazione. E si può dire che coinvolgendo ogni volta dal di dentro, in modo unico e misterioso, il mondo dei credenti sinceri, il Natale medesimo sopravanza e coinvolge in qualche misura, anche il mondo supervariegato dei non credenti.
Vi è insomma una universalità del Natale condivisa ormai anche oltre la cristianità dove Cristo non è adeguatamente conosciuto, e della sua dottrina santa come della sua identità umana e divina, altro non si vede e altro non si conosce, se non il riverbero di qualche parola o di qualche lumino dall'albero o dal presepe natalizi; se non, invero, il vago sentore domestico del Presepe o fraterno della possibile carità maggiore che si avrebbe quotidianamente, qualora, magari imitando qualche missionario del tutto sconosciuto ai più, si decidesse di credere in Cristo sul serio, e pertanto si decidesse di non esser più solo spettatori che vivono un'altra religione o cultura .
Il Natale è dunque la festa dei credenti, di quelli che di fronte alla nascita umana di Dio, sanno giustamente magnificare, esultare, benedire, adorare, riconoscendo la salvezza potente, in atto per il bene dell'umanità. E questo (e non il consumismo) è il Natale vero, quello efficace e fecondo, destinato a salvare il mondo in virtù della fede e della pietà, le quali generano e rafforzano tutte le virtù individuali e sociali, ma specialmente la principale virtù o via al progresso, cioè il senso della solidarietà o carità, verso il prossimo e verso Dio.
Tuttavia il suddetto Natale dei credenti, efficace e luminoso, si oppone al Natale buio dei miscredenti, cioè di quella parte d'umanità, che per vari motivi, di fronte alla incarnazione di Dio, non può né magnificare, né esultare, né benedire il medesimo Dio.
Ebbene, è noto che spetta ai credenti, annunciare Cristo-Dio a chi non lo conosce : e da secoli i missionari percorrono le vie del mondo e i santi e la Chiesa nel complesso, tra le pareti domestiche come tra le pianure e le montagne dei cinque continenti, testimoniano e annunciano Cristo, con le parole e con le opere; e fino ad oggi, hanno realizzato invero grande frutto e ancora più grande, sarà il frutto dei secoli e millenni futuri, nonostante gli apparenti riflussi di alcune zone del Pianeta.
Ma l'umanità è composta da molti tipi di miscredenti. Pertanto per semplificare il discorso riduciamo tale variegata tipologia della miscredenza, a sole due categorie: 1. i miscredenti raggiungibili, la cui conversione è una questione di tempo, secondo i progetti di Dio e la buona volontà degli uomini; 2. i miscredenti più difficilmente raggiungibili, perché in malafede.
Per i primi, i raggiungibili, il Natale è un tenero quanto fraterno e lieto invito a credere . Per i secondi, i più difficilmente raggiungibili a causa della malafede, la festa della venuta di Dio nel mondo, rappresenta un invito straordinario e potente a convertirsi. Questa categoria di miscredenti è infatti più a rischio di qualsiasi altra, perché la conversione è in essi impedita dal fattore più pericoloso per la salvezza eterna, vale a dire la mancanza di buona fede:
infatti mancano di buona fede non perché credono sinceramente in qualcos'altro da Cristo-Dio (se così fosse non sarebbero colpevoli), ma perché pur conoscendo o avendo conosciuto la via maestra indicata dal Cristo per salvarsi, pur avendola un tempo conosciuta come via unica e insuperabile o santa quanto a perfezione, oggi amano tuttavia privatamente o publicamente una condotta di vita del tutto diversa o opposta a Cristo-Dio: amano in definitiva più la legge dell'AntiCristo che la legge di Cristo; pertanto, nel nome di varie fedi o ideologie, che spesso sono più scuse teoriche e di facciata, che vere credenze o religioni o filosofie o posizioni politiche, si adoperano con ogni mezzo a combattere e propagandare la svalutazione e la demolizione sistematica del Cristo e della sua dottrina:
spesso sono questi antiCristi, gli apostoli della morte, della indifferenza e del nichilismo neopagano, i menefreghisti e i decadenti, i servi consacrati del consumismo e dell'egoismo, gli idolatri del mercato e del danaro, del senso e del potere; sono coloro che esplicitamente o segretamente odiano Dio, e pertanto con la parola altisonante o coi fatti silenziosi, vanno in giro a propagandarne la morte :
essi si affannano invero a publicare la morte di Dio 1), proprio perché lo sentono vivo e potente in eccesso, anzi lo sentono come l'unica forza in grado di contrastarli veramente, e lo sentono tuttoggi vivissimo (anzi, Padrone Eterno) in modo analogo a come lo sentivano vivo e Padrone i capi del Sinedrio antico, che proprio quel Dio tanto scomodo (sebbene potentissimo) crocifissero nell'estremo quanto inutile tentativo di togliergli per sempre la parola e la dottrina:
in conclusione questi pubblicisti neri, presenti ormai ovunque nel mondo (ma specialmente nel mondo ricco) sentono invero che Dio è vivo e che essendo il Vivente eterno, non si può uccidere in alcun modo e tantomeno oltre la Croce e oltre le soprannaturali conseguenze di essa, compresa la resurrezione dalla Croce medesima; pertanto, o di nascosto o apertamente, essi insistono con tenacia nella loro propaganda erronea e nefanda, accontentandosi di far più vittime possibili tra i semplici e i più piccoli; infatti, consapevoli della impossibilità di uccidere Dio che analogamente alle stelle, è entità inarrivabile dal fango della terra, almeno tentano diabolicamente di distruggere l'immagine divina (cioè la fede in Dio che permette di vivere secondo i suoi comandi) in molte semplici creature 2).
2.1 Conclusione : Il Natale chiede ai miscredenti in malafede, di convertirsi
Si pone d'obbligo, quindi, la seguente domanda: che cosa dice il Natale a questa categoria di miscredenti, che gloriandosi o no di essere qualcuno (scienziati, politici, filosofi...), per la loro fama maggiore rispetto alla massa che li considera spesso modelli da emulare (quando in realtà, o sono disgraziati da compatire o lupi da spedacciare), hanno l'aggravante di essere in mala fede, e diventano sempre più numerosi ?
La risposta è la seguente ed è una ripetizione di quanto sopradetto: la Nascita umana di Dio, dell'Uomo-Dio, chiede a costoro di ravvedersi e convertirsi, riparando quanto prima al male compiuto fino ad oggi; gli e lo chiede ancora una volta dall'innocenza di una culla o di un presepe, o con la voce suadente e gentile delle campane o con quella inconfondibilmente immacolata delle voci bianche natalizie; gli e lo chiede perfino ricordando la bontà divina che fa piovere e risplendere il sole sia sui buoni che sui cattivi (Mt5,45; Lc 6,35), gli e lo chiede ricordando la divina misericordia della Croce...; gli e lo chiede talvolta dimostrando le potenze della natura o persino della sopranatura ; gli e lo chiede talvolta, facendo intravedere le onarrestabili vie della morte, qualora si insista nell'errore.
Ma se né l'innocente ammonizione natalizia né la potenza evidente della Pasqua, né qualsiasi altro mezzo ordinario o straordinario escogitato certo dalla Provvidenza (le cui vie sono infinite), continuerà a non aver frutto alcuno, si che da un anno all'altro questi miscredenti resteranno come sempre in torva malafede ciononostante, essi, miseri cadaveri, cadranno giudicati senza possibilità d'appello:
cadranno, purtroppo, come foglie d'autunno sotto il peso insindacabile delle seguenti parole divine : Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, è meglio per lui che gli sia legata al collo una mola asinaria e sia precipitato nel fondo del mare (Mt 18, 6).
E qui faccio osservare che i piccoli di cui parla il Vangelo, non sono solo i bambini, ma anche tutti coloro che sebbene adulti, quotidianamente, per minore avvedutezza (dovuta a varie cause, non ultima la scarsa cultura circa la propria identità e le vie principali del progresso...), vengono indotti in errore da falsi maestri e profeti .
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1 : E' noto come a livello filosofico, sia il tedesco Nietzsche -1844.1900- (Nichilismo non assoluto, ma metodologico, per uscire dalla situazione di decadenza e affermare la volontà di potenza), annunciatore della Morte di Dio. Ma per es. l'intero illuminismo che identificò la via del progresso nel coltivare la ragione facendo a meno della religione (come se vi fosse opposizione inconciliabile tra le due cose), non è che un preparare la strada alle future posizioni nichiliste, naziste, fasciste, comuniste ..., consumiste, capitaliste : cioè a tutte quelle correnti di pensiero e visioni del mondo, che nel nome di una loro ragione o ragioni, pretendono di poter fare a meno di Dio . Però la pretesa degli uomini di fare a meno di Dio e della religione, inalberandosi contro il Creatore o contro l'ordine da lui stabilito, è una costante storica vecchia quanto il mondo, e risale persino ai progenitori Adamo e Eva, i quali, com'è noto, mangiarono il frutto proibito (un simbolismo che esprime una grave disubbidienza primordiale nei rapporti tra l'uomo e Dio), e pertanto pensarono anche essi (per primi), di poter fare a meno della religione.
2 : Nella Bibbia (Gn 1,27) è detto : Dio creò l'uomo a sua immagine; / a immagine di Dio lo creò / maschio e femmina li creò . Dunque l'umanità fu creata a immagine e somiglianza di Dio, la quale immagine e somiglianza è tanto più visibile quanto più gli individui come i popoli, perseguono il valore (la vocazione fondamentale dell'uomo), cioè le virtù del Decalogo e dell'esempio vivo di Cristo; per contro, allorché come spesso avviene nel mondo moderno, si teorizza e pratica sistematicamente il disvalore (la negazione principale della vocazione fondamentale dell'uomo), cioè le antivirtù rispetto al Decalogo e a Cristo, anche l'immagine e la somiglianza di Dio, è proporzionalmente offuscata .
FINE DELLA LETTERA
OCCORRE FARE LA RIFORMA DELL'UOMO, PRENDENDO A MODELLO NOSTRO SIGNORE GESU' CRISTO
[Da
:
http://www.lucisullest.it/spunti/200512/13.htm
di Plinio Corrêa de Oliveira (da Catolicismo, dicembre
1952)]
«Tutte le ricchezze della civiltà cristiana sono compendiate in Nostro Signore Gesù Cristo come sua fonte unica, infinitamente perfetta (...). Il primo giorno di Cristo sulla terra fu senz'altro il primo giorno di un'era storica».
Visto in una più ampia prospettiva storica, il Santo Natale fu il primo giorno di vita della civiltà cristiana.
Vita, certo, allo stato embrionale e incipiente come i primi splendori del sole
che nasce, ma che già conteneva in se stessa tutti gli elementi,
incomparabilmente ricchi, della splendida maturità alla quale sarebbe stata
destinata.
Infatti, se è vero che la civiltà è un fatto sociale che per esistere come tale
non si può contentare neppure di influenzare un piccolo gruppo di persone ma
deve irradiarsi sopra una collettività intera, non si può dire che la atmosfera
soprannaturale, che emanava dal presepe di Betlemme sulle realtà circostanti,
già stava formando una civiltà. Però, d’altro canto, se consideriamo che
tutte le ricchezze della civiltà cristiana sono
compendiate in Nostro Signore Gesù Cristo come sua fonte unica, infinitamente
perfetta, e che la luce che cominciò a brillare sugli uomini a Betlemme
si sarebbe diffusa sul mondo intero, trasformando le mentalità, abolendo e
istituendo costumi, infondendo uno spirito nuovo a tutte le culture, unendo e
innalzando ad un livello superiore i popoli, si può dire che il primo giorno di
Cristo sulla terra fu senz’altro il primo giorno di un’era storica.
Chi lo avrebbe mai detto? Non c’è essere più debole di un
bambino. Non c’è dimora più povera di una grotta. Non c’è culla più
rudimentale di una mangiatoia. Tuttavia, quel bambino, in quella grotta, in
quella mangiatoia, avrebbe trasformato il corso della Storia.
E che trasformazione! La più difficile di tutte, poiché si
trattava di avviare gli uomini su quel cammino che più si contrappone alle loro
inclinazioni, cioè verso una vita di austerità, di sacrificio, di croce.
Si trattava di invitare alla fede un mondo incancrenito dalle superstizioni, dal
sincretismo religioso e dal più completo scetticismo. Si trattava di invitare
alla giustizia un’umanità amante di tutte le iniquità, di chiamare al distacco
un mondo che adorava il piacere in tutte le sue modalità.
Si trattava di attirare verso la purezza un mondo in cui tutte le depravazioni erano note, praticate, approvate. Compito inattuabile dal mero punto di vista naturale, ma che la Divina Provvidenza cominciò a realizzare dal primo momento in cui Gesù arrivò su questa terra, e che la forza delle passioni umane non poteva contenere.
Dopo duemila anni dalla nascita di Cristo, sembra di essere tornati punto e
daccapo. L’adorazione dei beni materiali, lo sfrenato godimento dei
piaceri, il dominio dispotico della forza bruta, le superstizioni, il
sincretismo religioso, lo scetticismo e infine il neo-paganesimo in tutti i suoi
aspetti hanno invaso nuovamente la terra. Bestemmierebbe contro Nostro Signore
Gesù Cristo chi affermasse che quest’inferno di confusione, di corruzione, di
rivolta, di violenza che ci circonda è la civiltà cristiana, è il Regno di
Cristo in terra. Nel mondo odierno soltanto qualche grande traccia della vecchia
Cristianità sopravvive. Ma nella sua realtà piena e globale la civiltà cristiana
ha cessato di esistere, e della grande luce soprannaturale che cominciò a
rifulgere a Betlemme, pochi raggi brillano ancora nelle leggi, nei costumi,
nelle istituzioni e nella cultura del secolo XX.
Perché tutto ciò?
L’azione di Cristo – di Lui che è tanto presente nei nostri tabernacoli quanto
nella grotta di Betlemme – avrebbe forse perso in parte la sua efficacia?
Evidentemente no.
E se la causa non risiede, e non può risiedere, in Lui, certamente risiede in
noi uomini. Pur in un mondo profondamente corrotto, Nostro Signor Gesù Cristo e
dopo di Lui la Chiesa nascente trovarono anime che si aprirono alla predicazione
evangelica.
Oggi essa si estende per tutta la terra, ma cresce sorprendentemente il numero
di quanti si rifiutano con ostinazione di ascoltare la parola di Dio, di quanti
si collocano nel polo opposto a quello della Chiesa per le idee che professano e
per i costumi che praticano, «Lux in tenebris lucet, et
tenebrae eam non comprehenderunt.»
E’ questa e soltanto questa la causa della rovina della civiltà cristiana nel
mondo. Se l’uomo non è, non vuole essere cattolico, come può essere cristiana la
civiltà che nasce dalle sue mani?
Meraviglia che in tanti si chiedano qual è la causa della titanica crisi in cui
il mondo si dibatte.
Basti pensare che se l’umanità adempisse alla legge di
Dio, la crisi ipso facto cesserebbe di esistere.
Il problema, dunque, è in noi, nel nostro libero arbitrio.
E’ nel nostro intelletto che si chiude alla verità, nella nostra volontà che,
sollecitata dalle passioni, rifiuta il bene.
La riforma dell’uomo è la riforma essenziale e
indispensabile con la quale tutto si potrà fare, ma senza la quale tutto quanto
si fa sarà inutile. Questa è la grande verità da meditare nel Natale. Non
basta chinarci verso il Bambin Gesù, intonando gli inni liturgici col cuore
traboccante di gioia insieme al popolo fedele. Bisogna che
ciascuno si prenda cura della propria riforma e della riforma del
prossimo perché la crisi contemporanea trovi soluzione, perché la luce che si
irradia dal presepio arrivi ad irradiarsi in tutto il mondo.
Ma come riuscirvi? Dove sono le risorse per
ottenere tutto ciò? La domanda è ingenua. La nostra
vittoria deriva, essenzialmente e prima di tutto, da Nostro Signore Gesù Cristo.
Banche, media, organizzazioni, tutto questo è eccellente e abbiamo l’obbligo di
utilizzarlo per la dilatazione del Regno di Dio. Però niente di questo è
indispensabile. Oppure, in altre parole, se la causa cattolica non conta su
queste risorse, non per negligenza e mancanza di nostra generosità, senza la
nostra colpa, il Divino Salvatore farà il necessario affinché si vinca
egualmente. Lo testimonia l’esempio dei primi secoli della Chiesa: essa non ha
vinto malgrado l’unione di tutte le forze della terra contro di lei? Fiducia in
Nostro Signore Gesù Cristo, fiducia nel soprannaturale, ecco un’altra lezione
preziosa che ci dà il Santo Natale. * * *
E non concludiamo senza cogliere un altro insegnamento dolce come un favo di miele. Sì, abbiamo peccato. Sì, se sono immense le difficoltà per tornare indietro e per risalire la china, se le nostre colpe e le nostre infedeltà ci hanno attirato meritatamente la collera di Dio, non dimentichiamoci che, presso il presepio, abbiamo la clementissima mediatrice che non è giudice ma avvocata, che ha per noi tutta la compassione, tutta la tenerezza, tutta l’indulgenza della più perfetta delle madri. Con gli occhi su Maria, ad Ella uniti e mercè la Sua intercessione, chiediamo in questo Natale l’unica grazia che realmente importa: il Regno di Dio in noi e attorno a noi. Il resto ci sarà dato in sovrappiù.
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