PAPA BENEDETTO XVI DESCRIVE LA BANDIERA ITALIANA E ALTRI SIMBOLI DELLA NAZIONE

 

Da  facebook.com il 26-12-12. Pubblicato su Facebook da Papa Benedetto XVI, Giovedì 17 marzo 2011, alle ore 7,40

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Bandiera Europea (Benedetto XVI)

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INDICE

1. Il Verde, il Bianco, il Rosso ;

2. Stendardo Presidenziale e colore nazionale italiano

(Origine del Colore Azzurro) ;

3. Inno di Mameli ;

4. Le sedi degli organi dello Stato (Montecitorio, Quirinale, palazzo della Consulta) ;

5. Forze Armate Italiane (Esercito,

Carabinieri, Aeronautica Marina Militare...) .

1. Il Verde, il Bianco, il Rosso

                Come ogni bandiera del mondo, la bandiera italiana non è nata per caso. I suoi tre colori sono stati disposti a bande verticali di uguale spessore, sul modello di quella francese. Ma qual' è il motivo alla base dei colori? A livello popolare si è sempre teso ad identificare per libera associazione il colore bianco a quello della neve e dei ghiacciai delle Alpi, il verde alla vegetazione mediterranea che ricopre la penisola, mentre il rosso "dovrebbe" ricordare il sangue sparso dai patrioti per la causa dell'Unità. In realtà questo tipo di interpretazione della bandiera, in vero abbastanza radicata nell'immaginario popolare, calza tuttavia come un vestito bizzarro cucito male.

                Durante l'inverno la neve cade pressoché in tutta Europa e in buona parte del mondo, così come i ghiacciai si ritrovano nella maggior parte delle catene montuose terrestri. No si riesce capire in che modo il bianco della neve dovrebbe essere quindi un tratto distintivo dell'Italia, Paese dove non solo nevica meno che altrove, ma che vede enormi aree -specie al Meridione- del tutto disinteressate al fenomeno delle nevicate.  

                Peggio ancora vale per il verde assunto come simbolo della vegetazione che colora l'Italia. Ma perché? Forse in Europa si riscontrano problemi di desertificazione? A dirla tutta, l'Europa continentale, interessata com'è da un clima di tipo temperato, è caratterizzata da una vegetazione ancor più rigogliosa e fitta di quella che invece riveste lo stivale italiano.

                Esatta (anche se imprecisa) è, invece, l'interpretazione riguardo al rosso, come simbolo del sangue versato dai nostri connazionali per unire l'Italia. Appare però bizzarro come d'un tratto il nobile sangue patriota venga ad essere accostato di sana pianta a quelli che stanno ad indicare dei semplici caratteri legati al clima della penisola: il bianco della neve e il verde della vegetazione. Basterebbe infatti leggere la genesi delle altre bandiere europee per renderci conto di quanto esse siano intrise di storia e di alti e nobili significati. E' dunque possibile che la bandiera della terra di Cesare, Michelangelo, Manzoni e Leonardo, si riduca ad indicare l'erba e la neve? Affatto. Come infatti ricordò -seppure molto approssimativamente- Roberto Benigni all'ultimo festival di Sanremo, i colori del tricolore sono ripresi direttamente da quel pilastro portante della cultura italiana che è il Cattolicesimo. Questi sono infatti menzionati da Dante Alighieri, nella sua Commedia, come simboli delle tre virtù teologali: verde-speranza; bianco-fede; rosso-carità.

                Nel capolavoro dantesco, rivestite dei tre fantomatici colori, compaiono in un primo momento le Tre virtù teologali  (Purg. canto XXIX, v.121-126) :  

 

"Tre donne in giro da la destra rota 

venian danzando; l'una tanto rossa 

ch'a pena fora dentro al foco nota;

 

l'altr' era come se le carni e l'ossa 

fossero state di smeraldo fatte; 

la terza parea neve testé mossa;"

 

PARAFRASI

"Tre donne poi venivano danzando

 dalla parte destra del carro; una così rossa

che la si potrebbe distinguere a mala pena in mezzo le fiamme;

la seconda verde, come se la sua pelle e le sue ossa

fossero fatte di smeraldo;

la terza bianca come neve caduta di recente;"

 

                Poi nel canto successivo, è la stessa Beatrice, rappresentante la Teologia, a comparire rivestita dai colori delle virtù teologali (Purg. canto XXX, v.30-33) :                                                                                                                            

"sovra candido vel cinta d’uliva

donna m’apparve, sotto verde manto

vestita di color di fiamma viva".

 

PARAFRASI

"con un velo candido e cinta da un ramo d'ulivo,

mi apparve (Beatrice) coperta da un mantello verde 

e vestita di rosso".

 

Rodolfo Papa (autore vivente), Le tre virtù Teologali, Cattedrale di Sulmona (Aquila, 63 Km da Aquila)...

 

                Riadattati al contesto risorgimentale:

                il verde simboleggia la speranza, quella stessa speranza a lungo coltivata e spesso delusa durante l'Ottocento, in un'Italia unita e libera;

                il bianco simboleggia la fede cattolica, professata dalla pressoché totalità degli Italiani (almeno all'epoca), valenza che il colore aveva ed ha ancora oggi anche nella bandiera pontificia, col bianco della fede e il giallo del tradimento di San Pietro;

                il rosso sta per l'ardore della carità che ha spinto gli italiani a sacrificare sangue e vita per l'Unità del Paese (nella cultura cristiana tanto la carità che il martirio sono simboleggiate dal rosso).

                Lo stesso Giosuè Carducci che pure era mangiapreti e anticattolico (una garanzia in più perché non avesse alcun interesse a favorire in qualche modo la cultura cattolica), nel commemorare il 7 gennaio del 1897 a Reggio Emilia il 1° centenario della nascita del Tricolore, ne ricordò la valenza prestabilita dinanzi al Re e alle autorità italiane tutte:

                «Sii benedetta! Benedetta nell'immacolata origine, benedetta nella via di prove e di sventure per cui immacolata ancora procedesti, benedetta nella battaglia e nella vittoria, ora e sempre, nei secoli! Nel santo vessillo quei colori parlarono alle anime generose e gentili, con le ispirazioni e gli effetti delle tre sacre virtù onde la patria sta e si augusta: il bianco, la fede serena che fa divina l' anima nella costanza dei savi; il verde, la perpetua rifioritura della speranza a frutto di bene nella gioventù de' poeti; il rosso, la passione ed il sangue dei martiri e degli eroi».

 

Bandiera italiana

 

2. Stendardo Presidenziale e colore nazionale italiano (Azzurro)

                Discorso analogo vale per lo stendardo presidenziale, rappresentativo della Presidenza della Repubblica. L'emblema della Repubblica Italiana è caratterizzato da tre elementi: la stella, la ruota dentata, i rami di ulivo e di quercia. Il ramo di ulivo simboleggia la volontà di pace della nazione, sia nel senso della concordia interna che della fratellanza internazionale, ed è ripreso direttamente dalla tradizione cristiana dove l'ulivo ha valenza di pace, e non di rado compare in becco alla colomba, simbolo a sua volta dello Spirito Santo. Il ramo di quercia che chiude a destra l'emblema, incarna la forza e la dignità del popolo italiano. La ruota dentata d'acciaio, simbolo dell'attività lavorativa, traduce il primo articolo della Carta Costituzionale: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro". Il tutto è poi impresso in una costruzione romboidale che, insieme ai colori repubblicani, rileva anche l'azzurro, che è il colore nazionale italiano.

                Qualcuno ricorda il perché di quest'ultimo colore?  

Stemma presidenziale

                L'origine del colore azzurro (blu Savoia) risale al 20 giugno 1366, quando il Conte Verde, Amedeo VI di Savoia, partì per una crociata in difesa delle popolazioni cristiane della Terra santa, assalita dagli immensi eserciti musulmani, intenti ad uccidere quanti cristiani capitassero loro tra le mani e a distruggere i luoghi sacri della Cristianità. Gerusalemme e territorio contiguo, infatti, fino ad allora erano stati interamente cristiani e fatto parte del cristianissimo Impero di Costantinopoli. Amedeo VI di Sovoia, partendo quindi per la crociata, volle che sulla sua nave ammiraglia di una flotta di 17 navi e 2000 uomini, un galera veneziana, sventolasse accanto allo stendardo rosso-crociato dei Savoia, un vessillo azzurro (che è il colore mariano per antonomasia) con una corona di stelle attorno all’immagine della Madonna, per invocare “Maria Santissima, aiuto dei cristiani”:

                 « ... di devozione di Zendado azzurro con l'immagine di Nostra Signora in campo seminato di stelle dorate. E quel colore di cielo consacrato a Maria è l’origine del nostro color nazionale ».

                (Luigi Cibrario Origini e progressi della Monarchia di Savoia (Torino, 1869) e Carlo Alberto Gerbaix De Sonnaz Bandiere stendardi e vessilli di Casa Savoia, dai Conti di Moriana ai Re d'Italia (1200-1861) (Torino, 1911).

                Da quel periodo gli ufficiali portarono annodata in vita una fascia o sciarpa azzurra in devozione alla Vergine.

                Tale uso venne reso obbligatorio per tutti gli ufficiali nel 1572 dal duca cattolico Emanuele Filiberto di Savoia.

                Attraverso diverse modifiche nel corso dei secoli divenne la principale insegna di grado dell'ufficiale italiano e la mariana sciarpa azzurra è ancora oggi simbolo distintivo degli ufficiali delle Forze Armate italiane e della maggior parte degli altri reparti militari e non, polizia compresa (eh si, ecco svelato il significato delle auto azzurre della polizia).

 

Alcuni ufficiali elle forze armate

                Persino la definizione "azzurri" associata alla squadra di calcio italiana è pure essa derivata dal colore azzurro della maglia, quel colore nazionale italiano, adottato in onore alla Vergine.

Gli azzurri festeggiano la vittoria ai Mondiali 2006

 

3. Inno di Mameli

                Non tutti sanno che Goffredo Mameli non scrisse il Canto degli Italiani da solo, bensì quando era in collegio, con l'aiuto di un suo carissimo amico, sacerdote dell'Ordine degli Scolopi, padre Atanasio Canata, grande promotore del progetto di unificazione italiana e devoto seguace di Gioberti, Rosmini e Papa Pio IX. Anzi, buona parte della storiografia moderna è concorde nel dire che fu lo stesso padre Canata a scrivere interamente l'Inno. L'autorevole storico Mola, tenendo conto della giovane età di Mameli e anche del suo elementare livello culturale, riporta «Valutando l’Inno da pedagogo, quello non è un linguaggio giovanile e Mameli nel 1846 aveva diciannove anni. I sospetti sono aumentati leggendo da storico le sue opere». Dal collegio inoltre Mameli scriveva alla madre: «Io qui me la passo benissimo, mangio per quattro dormo molto, non faccio nulla, penso meno, e questo è l'ideale del mio Paradiso, credo che voialtri farete altrettanto». Erano proprio i giorni nei quali, secondo la pietosa leggenda, egli avrebbe scritto il «Canto nazionale». Eppure dalla lettera non traspare alcun ideale patriottico, né voglia di scrivere poemetti. Era anche sgrammaticato. Oltretutto, quando Ulisse Borzino consegnò il testo del presunto Mameli al musicista Novaro gli disse: "To' , te lo manda Goffredo" e non "È di Goffredo". C' è una bella differenza. A questo punto resterebbe da chiedersi come mai padre Canata non abbia rivendicato la paternità di quel canto. Ebbene, quando il sacerdote seppe della cosa, Goffredo Mameli era ormai morto, colpito per sbaglio da fuoco amico in battaglia. Padre Canata non voleva offuscare la memoria di quel giovane, certo scapestrato, ma a cui aveva comunque voluto molto bene, né aveva intenzione di sradicare dal popolo un inno che aveva avuto tanto successo proprio in virtù del fatto che fosse stato cantato da un patriota italiano morto ventunenne. Se si fosse saputo che l'autore di quel canto non era un giovanissimo martire bensì un prete, la leggendarietà dell'inno sarebbe crollata inesorabilmente, anche a causa del travagliato ruolo che giocava il Cattolicesimo italiano del periodo. Ma padre Canata non riuscì a trattenersi comunque da degli sfoghi indiretti, che implicitamente ci suggeriscono del furto d'autore avvenuto. Scrisse:  “A destar quell’alme imbelli (gli italiani)/ meditò (lui, Canata) robusto un canto;/ ma venali menestrelli (Mameli?) si rapian dell’arpe il vanto:/ sulla sorte dei fratelli/ non profuse allor che pianto,/ e aspettando nel suo cuore/ si rinchiuse il pio cantore”». Ecco la chiave di lettura, simbolo del volontario e sofferto silenzio del sacerdote: "sulla sorte dei fratelli/ non profuse allor che pianto,/ e aspettando nel suo cuore/ si rinchiuse il pio cantore”.

                E non solo; nella Gazzetta letterata padre Canata vibrò un' altra staffilata. Scrisse infatti: "E scrittore sei tu? Ciò non ti quadra... / Una gazza sei tu garrula e ladra". Padre Atanasio in una poesia aveva addirittura anticipato «la patria chiamava severa», da notarsi l'analogia come più tardi l' «Italia chiamò» del Canto degli italiani.

                Ma a noi ora non interessa tanto la disputa sul fatto che il Canto degli italiani sia stato composto da Mameli con Canata, o solo da quest'ultimo. Vogliamo piuttosto porre l'accento sul fatto che anche in "Fratelli d'Italia" troviamo espliciti richiami a quei valori di fratellanza ed unità tipici del Cristianesimo. Si pensi alle parole “ché schiava di Roma Iddio la creò” e anche “uniamoci, amiamoci; l’unione e l’amore rivelano ai popoli le vie del Signore; giuriamo far libero il suolo natio: uniti, per Dio, chi vincer ci può?”. 

 

4. Le Sedi degli organi dello Stato

                Con la Presa di Roma del 1870, la Città dei papi venne a far parte del nuovo Regno d'Italia. Con innumerevoli e deliberate espropriazioni, il nuovo Regno d'Italia si impadronì di tutte quelle sedi storiche che la Chiesa aveva fatto costruire e possedeva come proprie sedi e luoghi di culto. Queste, in breve tempo, vennero pressoché tutte a tramutarsi nei nuovi ministeri del Regno sabaudo prima, dello Stato Italiano poi. Oggi, come risultato, ci troviamo dinanzi ad una soluzione originale, ma certamente anomala rispetto al contesto europeo. I fregi, le decorazioni, i dipinti delle sedi dei nostri organi di Stato raccontano della storia della Chiesa, anziché -tranne alcune eccezioni fatte aggiungere di seguito- della storia del recente Stato italiano. Venire ad elencare la storia o gli elementi di tutte le sedi governative romane e repubblicane, occorrerebbe molto spazio e tempo, cosicché preferiamo citare solo quelle più emblematiche dello Stato.

 

Montecitorio 

                La sede dell'organo più rappresentativo della sovranità popolare, la Camera dei Deputati, ha sede nel vecchio palazzo fatto costruire da Innocenzo X, al tempo ospitante la Curia Pontificia. Oggi i nostri parlamentari, volendo tralasciare i dettagli degli interni, vengono ad operare in un antico palazzo papalino sormontato da tanto di campanile e croce.

 

Palazzo di Montecitorio

 

Il campanile con croce di Montecitorio

 

Palazzo della Consulta 

                La sede dell’organo di massima difesa della Costituzione italiana, la Corte costituzionale, ha luogo nel palazzo fatto costruire da Clemente XII per ospitare la Congregazione della Sacra Consulta e la Guardia Nobile pontificia. Oggi i membri della Corte entrano in un palazzo sormontato dallo stemma papalino di Clemente XII affiancato da due angeli.

Palazzo della Consulta

 

Lo stemma di Papa Clemente XII

 

 Quirinale

                Ed infine eccoci a parlare del palazzo istituzionale più rappresentativo dello Stato italiano, la sede della Presidenza della Repubblica. Ebbene il palazzo del Quirinale, iniziato sotto Gregorio XIII, continuò ad essere ampliato ed arricchito dai pontefici successivi.

Palazzo del Quirinale

                Con tanto di due imponenti cappelle, quella Paolina e dell'Annunziata, il suo volto originario è rimasto, anche dopo l'Unità, del tutto immutato, sicché questo palazzo celebramente conosciuto come "la casa degli italiani" è tutto un inno alla storia della Chiesa.

Cappella Paolina, Quirinale

                Le massime istituzioni del Paese varcano un possente portale che reca l'iscrizione di Papa Paolo V su cui sono poggiati i santi patroni della città di Roma, gli apostoli Pietro e Paolo. 

L'ingresso del Quirinale con l'iscrizione di Papa Paolo V

                Salendo un pò più su, invece, troviamo la "loggia delle Benedizioni", quella sulla quale un tempo, non di rado, ci si affacciava il neoeletto pontefice (si, perché più di un conclave si svolse al Quirinale anziché in Vaticano). L'ampio finestrone è poi sormontato da un complesso statuario raffigurante la Vergine col Bambino.     

La Loggia delle Benedizioni con il fregio della Vergine col Bambino

                Esternamente uno degli elementi di certo più caratteristici e simbolici del palazzo, è sicuramente il torrino del Quirinale, che svetta nel cielo di Roma recando le bandiere dell'Italia, della Presidenza della Repubblica e dell'UE.

Il cortile interno del Quirinale col torrino

                Che c'è di strano? Nulla, tranne che il torrino è di fatti un campanile. Possiamo notare lo splendido orologio sopra al quale compare l'iscrizione di azzurro di Papa Gregorio XIII , mentre sotto un caratteristico quadrante raffigura la Madonna col Bambino. Ancora più in alto, poi, accanto alla bandiera italiana compare la croce cristiana.    

Il torrino del Quirinale con croce, Vergine ed orologio

 

5. Forze armate italiane 

                Si dicono Forze armate italiane l'insieme delle quattro componenti militari dello Stato:  

  • Esercito Italiano, componente prevalentemente terrestre,
  • Arma dei Carabinieri, con compiti di polizia militare,
  • Aeronautica Militare, componente aerea,
  • Marina Militare, componente prevalentemente navale.

                Nei relativi stemmi, sormontati da torrioni guelfi papalini, vi sono forti richiami alla cultura cristiana: 

                per l'Esercito, come abbiamo già avuto modo di spiegare, si notano la fascia e le bandierine azzurre mariane.

 

Stemma dell'Esercito

                Per l'Arma dei Carabinieri lo stemma presenta la parte superiore caratterizzata da un leone, rappresentante la giustizia, sullo sfondo di un albero di rovere. Perché il leone simboleggia la giustizia? Perché erano proprio dei leoni ad essere possente ornamento del magnifico trono del biblico re Salomone, conosciuto nelle Scritture come il più giusto dei sovrani. Lo stemma prosegue in basso con lo scudo crociato contornato delle granate ardenti e da delle serpi tenute strette nei pugni della giustizia. Inutile ricordare come nella tradizione cristiana il serpente rappresenti il male. 

 

Stemma dell'Arma dei Carabinieri

                Per l'Aereonautica Militare ricorre in basso a destra, fiero nel quadrante araldico, il celebre leone di San Marco con tanto di spada e Vangelo.

 

Stemma dell'Aereonautica Militare

                Per la Marina Militare, che si serve degli stemmi delle antiche Repubbliche marinare, non c'è scampo: è tutto un concentrato di simbologia cristiana. Abbiamo in alto a sinistra per Venezia il leone alato simbolo di San Marco che poggia una zampa sull'omonimo Vangelo e con l'altra brandisce la spada del martirio; a destra abbiamo la croce di San Giorgio per Genova; in basso a sinistra per Amalfi abbiamo la croce di San Giovanni mentre a destra per Pisa abbiamo lo stemma crociato concesso nel 1017 da papa Benedetto VIII ai Pisani che si dirigevano in Sardegna per liberarla dall'conquista musulmana dei Saraceni. La croce viene ad essere puntellata da una serie di 12 sfere che rappresentano il numero degli apostoli. I simboli delle suddette Repubbliche marinare sono ancora oggi quelli dei relativi stemmi comunali. Non si pensi nemmeno che queste città siano le uniche a recare simboli cristiani sui loro stemmi comunali. Sono migliaia i comuni italiani che si avvalgono della simbologia cristiana, si pensi già solo a Roma che vede l'acronimo S.P.Q.R. sormontato da croce greca o Milano che si serve dello scudo crociato. 

 

Stemma della Marina militare

                Eccetto la corona con i torrioni guelfi, lo stesso stemma compare anche nella bandiera navale civile, d'obbligo per tutte le navi di stanza in mari italiani e di proprietà italiana. 

 

Stemma della Marina civile

                Perché la Provvidenza abbia scelto Roma e l’Italia come sede privilegiata della sua presenza ancora ci sfugge, ma è evidente quanto la storia della nostra amata nazione sia legata indissolubilmente alla tradizione ed ai segni del cattolicesimo. Ecco perché in un Paese dove tutto è figlio del Cattolicesimo, dalla bandiera ai simboli nazionali, dalla storia all'arte, dalla letteratura alla filosofia, dalla tradizione a buona parte della Costituzione, cosa altro significa se non pura e semplice ignoranza (o peggio consapevole malafede) l'atto di levare quella croce dalle nostre aule scolastiche? Se così fosse dovremmo farlo per tutto il resto, ad iniziare dalla nostra amata bandiera. Il filosofo ateo Massimo Cacciari ebbe a dire: «Se c'è un segno che caratterizza la cultura europea in tutte le sue dimensioni, questo è la croce. Si tratta di un simbolo dominante per tutti gli aspetti del nostro sapere. Perché tutti gli aspetti della nostra cultura si fondano su quella forma peculiare di monoteismo che è il cristianesimo, persino le dimensioni tecnico-scientifiche. I crocifissi andrebbero piuttosto messi dappertutto, se qualcuno sapesse davvero cosa vuol dire il crocifisso...Qualche ignorante si stupirà nel sapere che Gesù è stato anche un maestro di laicità. Chi ha detto che il suo regno non è di questo mondo? Non esiste nessuna religione più laica del cristianesimo. La nostra laicità da dove viene? Da Marte? No, è un valore cristiano. E viene dal "date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio".

                Non a caso il Nobel per la Letteratura Thomas Eliot disse: “Un cittadino europeo può non credere che il cristianesimo sia vero e tuttavia quello che dice e fa, scaturisce dalla cultura cristiana di cui è erede. Senza il cristianesimo non ci sarebbe stato neppure un Voltaire o un Nietzsche. Se il cristianesimo se ne va, se ne va anche la nostra cultura, se ne va il nostro stesso volto". E rincara la dose il filosofo Kant con il suo "Il Vangelo è la fonte da cui è scaturita la nostra civiltà".

                Sapevate che anche quella dell'Unione Europea è una bandiera cristiana?http://www.facebook.com/note.php?note_id=180938538594881

 

 

 

 

 

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